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Adozione dell’IA nelle imprese italiane: a che punto siamo?



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Le imprese italiane stanno ancora faticando nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale, con investimenti limitati e una forte dipendenza da tecnologie estere. Promuovere software nazionali e poli tecnologici può trasformare l’Italia in un hub europeo per l’IA, incrementando il PIL e creando nuove opportunità lavorative nel settore STEM

Pubblicato il 18 lug 2024

Pierfrancesco Angeleri

presidente di Assosoftware



Cloud,Computing,Concept.,Software,As,A,Service.,Saas.,Communication,Network.

L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha segnato uno dei più significativi cambiamenti degli ultimi anni, suscitando una corsa tra diverse organizzazioni per sviluppare e utilizzare in modo efficace questa nuova tecnologia.

L’IA rappresenta senza dubbio un potente acceleratore di produttività e sviluppo, ma per sfruttarne appieno le potenzialità è fondamentale riuscire a dotare i lavoratori, specialmente quelli più giovani, degli strumenti idonei ad affrontare questa nuova sfida digitale e promuovere investimenti per lo sviluppo di applicazioni software nazionali integrate con tecnologie IA.

Principali ostacoli nell’adozione dell’IA in Italia

Nonostante l’importanza riconosciuta all’IA e le sue molteplici possibili applicazioni, l’Italia è ancora indietro nell’adozione di queste tecnologie. I risultati della ricerca “L’Intelligenza Artificiale nei software gestionali” condotta da AssoSoftware in collaborazione con SDA Bocconi School of Management mostrano infatti che oltre il 60% delle aziende produttrici di software investe solo tra lo 0% e il 5% del proprio fatturato in Intelligenza Artificiale, e appena l’1% destina più del 30% ad applicazioni legate all’IA.

L’importanza della formazione e dello sviluppo delle competenze

Questo atteggiamento può essere letto in due modi: da un lato evidenzia la necessità di competenze adeguate, dato che l’adozione dell’IA implica la formazione del personale, l’adattamento dei processi esistenti e la ridefinizione delle strategie di business; allo stesso tempo c’è un problema di incertezza e complessità che impone di muoversi con cautela per tener conto di nuove normative e regolamenti, oltre che di questioni di etica, privacy e sicurezza mai affrontate in precedenza.

La dipendenza da strumenti informatici prodotti all’estero

La principale preoccupazione quando si tratta di IA non è legata infatti alla perdita di lavoro (solo il 18% delle aziende), ma alla dipendenza da strumenti informatici, quali ChatGPT e altri componenti, che sono sviluppati in altri Paesi e non sono governabili (62% dei casi). Inoltre, il 50% del campione analizzato percepisce come uno degli aspetti maggiormente critici dell’IA l’opacità dei sistemi, dei quali, in molti casi, è difficile comprendere appieno il funzionamento; timore questo che appare particolarmente rilevante nell’ambito dell’AI generativa dei grandi modelli linguistici e dei modelli fondazionali.

Il ruolo delle software house nell’integrazione dell’IA

La ricerca sottolinea che la complessità dell’IA non può essere gestita direttamente dall’utente finale ma deve essere necessariamente intermediata da esperti del settore, come le software house, che portano i vantaggi della nuova tecnologia in azienda grazie alle applicazioni software gestionali. A questo proposito, il 65% delle aziende intervistate si dichiara interessato a integrare soluzioni di IA all’interno dei prodotti gestionali entro i prossimi 2 anni.

Cosa fare per rendere l’Italia l’Hub del Software europeo

Perché l’Italia possa realmente vincere la sfida dell’IA è fondamentale promuovere lo sviluppo di applicazioni software nazionali che trasferiscano i benefici delle tecnologie IA nelle attività quotidiane e valorizzare allo stesso tempo la nascita di nuove fabbriche del software nel nostro Paese. Solo così il nostro Paese potrà diventare l’hub europeo delle applicazioni software per l’IA.

Un piano di sgravi fiscali

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, è prioritario mettere in campo un piano di sgravi fiscali significativi per le nuove imprese tecnologiche che si stabiliscono in aree specifiche del nostro Paese, favorendo così la nascita di poli industriali del software, in grado di generare benefici sia per le grandi aziende sia per le migliaia di PMI e microaziende che possono supportare le attività di sviluppo in una logica di filiera.

Partnership tra aziende ed enti di formazione

Inoltre, questi poli del software dovranno favorire forme di partnership tra aziende ed enti di formazione per programmi di ricerca congiunti e formazione continua, in modo da facilitare l’ingresso dei giovani nelle aziende. In particolare, i poli del software avranno il compito di potenziare i piani di formazione STEM di Università e ITS e offrire programmi di upskilling e reskilling per i lavoratori.

Collaborazioni tra università, industrie e governo per l’IA

La ricerca di AssoSoftware e SDA Bocconi ha confermato come nei prossimi anni l’IA darà un grande contributo nell’education per accrescere la conoscenza e le competenze: proprio l’assistenza (62%) e la formazione (37%) saranno, secondo le aziende intervistate, due campi dove maggiormente vedremo implementate nuove soluzioni grazie all’IA.

La vendita, invece, appare essere l’attività meno influenzata, con solo il 18% delle aziende che prevede un impatto sul settore dell’IA. Questo può essere attribuito alla stessa natura intrinsecamente personale e relazionale del processo di vendita, che richiede un tocco umano che l’AI non può replicare.

I benefici per il Sistema-Paese

I potenziali benefici di un programma di attrazione di investimenti sono enormi, con una stima di incremento del PIL tra 1 e 2 punti entro i prossimi cinque anni.

In particolare, mettendo in campo delle decontribuzioni per ogni lavoratore con competenze STEM assunto, si prevede che in un triennio l’industria del software potrà occupare circa 500.000 nuovi lavoratori specializzati, tutti formati e residenti in Italia.

Per liberare queste energie è necessario che tutti gli attori coinvolti, dalla politica al mondo delle imprese, acquisiscano consapevolezza di questa grande opportunità e lavorino insieme per rendere l’Italia la “Silicon Valley” d’Europa.

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