L’intelligenza artificiale è passata rapidamente da promessa tecnologica a realtà consolidata nelle strategie aziendali e, anche in Italia, l’adozione di queste tecnologie si fa sempre più intensa.
Secondo il report BCG “From Potential to Profit: Closing the AI Impact Gap” infatti, il 69% dei leader aziendali italiani considera l’AI una delle priorità strategiche del 2025. Tuttavia, se da un lato gli investimenti continuano a crescere, dall’altro rendere tangibile il valore di queste tecnologie rimane una sfida. Nel 2024 il mercato italiano dell’AI ha registrato una crescita notevole, raggiungendo un valore di 1,2 miliardi di euro, eppure il 59% dei dirigenti italiani ritiene che l’AI non abbia ancora raggiunto il suo pieno potenziale.
Indice degli argomenti
Come liberare il potenziale dell’AI in Italia
A livello globale, solo il 25% delle aziende ha ottenuto un vantaggio competitivo misurabile dalle proprie iniziative in ambito AI. Il motivo? Spesso le risorse vengono disperse in un numero eccessivo di progetti, senza una chiara strategia per monitorarne i risultati e valutarne l’efficacia. Non è un caso che il 60% delle aziende abbia difficoltà a tracciare i KPI finanziari delle proprie iniziative, percentuale che in Italia arriva al 37%.
Multi-cloud: strategie d'avanguardia per ridurre costi e inefficienze
Senza un sistema efficace di misurazione dell’impatto, diventa difficile giustificare ulteriori investimenti e ottimizzare l’uso dell’AI, ma esistono diverse strategie e opportunità che permettono di massimizzarne il valore, migliorando l’efficienza, l’affidabilità e l’integrazione nei processi aziendali.
Il metodo 10-20-70 per ottimizzare l’AI in Italia
Per colmare il divario tra investimenti e risultati, molte aziende di successo adottano il metodo 10-20-70, che aiuta a focalizzare le risorse in modo equilibrato per massimizzare l’impatto dell’AI. Questo modello suggerisce di destinare il 10% degli sforzi agli algoritmi, il 20% ai dati e alla tecnologia e il 70% alla trasformazione dei processi e delle competenze. Le aziende italiane che hanno applicato questa strategia riportano un impatto strategico ed economico più tangibile, poiché consapevoli che lo sviluppo tecnologico, per quanto avanzato, non possa produrre valore se non accompagnato da un cambiamento organizzativo e culturale. In questo senso, il 70% del modello è dedicato alla trasformazione aziendale, includendo la formazione del personale, la riorganizzazione delle attività e la ridefinizione dei flussi di lavoro per integrare l’AI in modo strutturale.
Strategie aziendali per valorizzare l’AI in Italia
Parallelamente, altre imprese stanno ristrutturando le proprie funzioni aziendali per migliorare l’efficacia operativa, riducendo sprechi e ottimizzando le collaborazioni tra i diversi reparti, generando così un impatto economico che può variare tra il 30% e il 50%, risparmiando sui costi operativi e ottenendo un utilizzo più efficace delle risorse aziendali.
Un ulteriore elemento determinante per sbloccare il potenziale tecnologico è l’innovazione attraverso la creazione di nuovi prodotti e servizi basati sull’AI, che permettono di differenziarsi dalla concorrenza e di generare un ritorno sugli investimenti circa due volte superiore rispetto alle aziende che non adottano un approccio strutturato.
Riguardo a queste due strategie vediamo che, in Italia, il 44% delle imprese ha già iniziato l’implementazione operativa dell’AI, mentre il 29% sta lavorando alla trasformazione dei processi e il 27% investe nella creazione di nuove soluzioni.
La sfida delle competenze nell’AI in Italia
Affinché tali approcci possano davvero generare valore nel lungo termine, la tecnologia da sola non basta: l’investimento principale sono i dipendenti.
Se da un lato è diffuso il timore che l’AI possa sostituire il lavoro umano, dall’altro la realtà si è dimostrata ben diversa: solo il 3% dei dirigenti italiani prevede una riduzione dell’organico dovuta all’automazione, mentre il 62% considera di mantenere inalterato il proprio personale. Trovare talenti specializzati in AI in uno scenario nuovo e in continua evoluzione rimane sicuramente una sfida, lo conferma l’83% delle aziende italiane, ma esistono già diverse realtà a livello globale che possono servire da esempio.
Guardando a Paesi come Giappone e Singapore, emerge un modello di successo basato su una forte attenzione alla formazione e alla riqualificazione professionale. In questi Paesi, oltre il 50% delle aziende ha già formato più del 25% della propria forza lavoro sulle tecnologie AI, a differenza del 20% delle imprese italiane. Questo gap evidenzia un’opportunità concreta per l’Italia: investire su programmi di upskilling e reskilling su larga scala per rendere il personale preparato e capace di interagire con l’AI in modo efficace. Seguire esempi internazionali e adottare strategie strutturate, come il metodo 10-20-70, consentirebbe alle aziende italiane di colmare il divario di competenze e sfruttare appieno il potenziale della trasformazione digitale.
Governance e sicurezza: punti critici per l’AI in Italia
I leader di tutti i mercati sono concordi sui tre principali rischi legati all’AI: privacy e sicurezza dei dati (62% in Italia e 66% globale), mancanza di controllo o di comprensione delle decisioni dell’AI (49% in Italia e 48% globale), sfide normative e di conformità (41% in Italia e 44% globale). La cybersicurezza resta critica, con significativi miglioramenti necessari in tutti i mercati: il 76% delle aziende sia a livello globale che in Italia riconosce che le proprie misure di cybersecurity per l’AI hanno bisogno di essere potenziate.
Il crescente utilizzo dell’AI in azienda, oltre a strategia e talenti qualificati, richiede infatti una governance solida, basata su regole chiare rispetto all’uso della tecnologia e un attento controllo delle decisioni automatizzate. È essenziale per le aziende operare in un contesto stabile e trasparente, in cui i leader possano garantire una gestione etica delle informazioni sensibili per costruire un clima di fiducia sia internamente, nei confronti dei dipendenti, sia esternamente, verso gli stakeholder.
AI in Italia e sostenibilità ambientale
Non di minore importanza è, infine, il tema ambientale: l’adozione responsabile dell’AI non riguarda solo la gestione etica e la sicurezza dei dati, ma anche l’impatto ambientale delle nuove tecnologie. Sebbene il 78% delle aziende globali e il 76% di quelle italiane non diano priorità a soluzioni di AI energicamente efficienti come parte della selezione dei fornitori, la crescente attenzione verso le tematiche ambientali e l’evoluzione delle normative green a livello europeo, cambieranno la propensione delle aziende verso scelte più sostenibili. Le imprese che sapranno integrare criteri di efficienza energetica nei propri processi digitali, non solo contribuiranno a un’innovazione più responsabile, ma saranno i primi a ottenere un vantaggio competitivo significativo.
Un futuro sostenibile per l’AI in Italia
L’Italia ha tutte le risorse necessarie per emergere come leader nella trasformazione digitale, ma il vero successo dipenderà dalla capacità di aziende e istituzioni di adottare un approccio strategico, pragmatico e orientato alla sostenibilità. Solo attraverso investimenti mirati, formazione dei talenti e una governance solida sarà possibile trasformare il potenziale dell’AI in valore concreto e duraturo.