L’intelligenza artificiale è un elemento sempre più presente nel dibattito pubblico e politico. Anche in Italia.
Lo scorso 20 luglio le maggiori società impegnate a sviluppare software di intelligenza artificiale generativa e conversazionale – Amazon, Anthropic, Google, Inflection, Meta, Microsoft e OpenAI – hanno assunto alcuni importanti impegni con il presidente USA, Joe Biden, per dare risposta ai principali rischi dell’intelligenza artificiale individuati da esperti e legislatori.
Pochi giorni dopo, il 26 luglio, Anthropic, Google, Microsoft e OpenAI hanno annunciato la creazione del Frontier Model Forum, ossia un gruppo di lavoro per garantire uno sviluppo sicuro e responsabile dei modelli di Intelligenza Artificiale.
Intelligenza artificiale alla Camera
Il tema ha attirato, a livello nazionale, l’attenzione della Camera dei deputati che, attraverso il suo Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione – che ho l’onore di presiedere – ha promosso un ciclo di audizioni con alcuni esperti di etica dell’IA e con i principali operatori del settore a livello mondiale. Un processo di ascolto nel quale hanno trovato spazio molte voci diverse fra loro che hanno individuato tuttavia un punto di convergenza nella necessità di fissare regole chiare per limitare i rischi e massimizzare le opportunità.
Necessario limitare gli abusi di AI
Ho più volte sostenuto, senza alcuna tentazione neo-luddista, che è assolutamente necessario agire per limitare i principali pericoli derivanti dall’applicazione incontrollata di una tecnologia che ha dimostrato di poter avere applicazioni pressoché infinite. Che questo elemento sia evidente anche a coloro i quali investono somme esorbitanti sulle applicazioni di intelligenza artificiale generativa e conversazionale è un elemento confortante.
Tuttavia, alla responsabilità che si richiede ai grandi sviluppatori, in particolare nel garantire trasparenza nella catena dei dati e sul fronte della privacy e a quella delle istituzioni nella loro funzione regolatrice, si aggiunge la necessità di una reale presa di coscienza dei rischi e delle opportunità dell’IA da parte dei singoli cittadini, da parte di ciascuno di noi.
Le applicazioni dell’intelligenza artificiale rappresentano strumenti sempre più potenti e diffusi nell’ambito dell’informazione, tanto da influire in modo rilevante ed evidente sulla nostra democrazia. La moderazione delle conversazioni e la supervisione dei contenuti avvengono spesso attraverso una procedura automatizzata, con algoritmi che determinano sia se un contenuto debba essere rimosso sia a chi debba essere proposto e distribuito. Fare in modo che tutti i cittadini siano adeguatamente formati o, almeno, consapevoli dell’esistenza di algoritmi che condizionano la tipologia delle informazioni che ci vengono sottoposte diventa una questione vitale per le nostre democrazie. Si tratta di un’alfabetizzazione digitale la cui promozione non è più rinviabile.
Necessaria la formazione dalla scuola
Abbiamo bisogno che il processo di formazione inizi a scuola e perché questo avvenga serve anzitutto fare in modo che tutti gli insegnanti siano accompagnati nel compito sempre più arduo dell’educare in una società permeata e condizionata dalla tecnologia.
Mai come oggi educare non è riempire un secchio, ma accendere un fuoco: le nozioni perdono di importanza a fronte della possibilità non solo di rintracciarle facilmente online, ma addirittura di combinarle in modo creativo attraverso l’intelligenza Artificiale generativa. E allora la scuola non serve più? Niente di più falso. Occorre sempre più supportare gli studenti nella comprensione del mondo che li circonda e attraverso questo sforzo prepararli alla cittadinanza attiva e a spendere i propri talenti nel mondo del lavoro. La tecnologia richiede consapevolezza e competenze e dunque una formazione profonda, non necessariamente specialistica ma comunque non superficiale in ambito tecnologico.
Che i ragazzi o addirittura i bambini sappiano utilizzare strumenti innovativi non significa che possiedano la conoscenza dei rischi e delle opportunità che da quegli strumenti derivano. Occorre dunque investire sulla scuola, sulla preparazione degli insegnanti, su sperimentazioni ad hoc che diano agli studenti la possibilità di comprendere che ciò che pare neutrale perché governato da un algoritmo matematico, in realtà ha origini determinate dagli sviluppatori e funziona secondo istruzioni definite. Per poter utilizzare la tecnologia al meglio senza esserne dominati occorre saper leggere quelle istruzioni.
Vantaggi e rischi
Se implementata in modo responsabile, l’Intelligenza Artificiale può certamente apportare benefici alla nostra società in vari modi, per esempio migliorando la sicurezza sul lavoro e semplificando la vita dei cittadini anche nel rapporto con la pubblica amministrazione: il PNRR investe molto su questo ed è importante che tale sforzo non si disperda nel cambio di governo e maggioranza intervenuti tra la sua stesura e la fase di realizzazione.
Tuttavia, vi è anche un reale rischio che tali tecnologie abbiano un impatto negativo sulle libertà fondamentali: esistono realtà nelle quali il controllo pervasivo è esercitato attraverso telecamere e altri dispositivi collegati fra loro in modo da alimentare un vero e proprio “social credit system”, un sistema che attribuisce punteggi ai cittadini sulla base del loro comportamento, costantemente monitorato e sorvegliato attraverso la tecnologia.
L’approccio europeo all’IA
Anche per questo motivo, è molto importante il passo avanti fatto dal Parlamento europeo nel definire alcune categorie di rischio nelle quali rientrano diversi generi di applicazioni di Intelligenza Artificiale. In Europa – se il Regolamento verrà applicato adeguatamente a livello nazionale – nessuno potrà pensare di utilizzare il controllo facciale – ad esempio – per implementare un sistema di controllo di questo tipo.
E non è poco.
Ricordiamo che con il voto del Parlamento europeo sul “Regolamento europeo per l’intelligenza artificiale” (AI Act), si è concluso un percorso iniziato tre anni fa, partito dal “Libro bianco sull’intelligenza artificiale” e dalla risoluzione del Parlamento europeo sugli aspetti etici dell’intelligenza artificiale, della robotica e delle tecnologie correlate. Un quadro complesso e articolato, che ha messo in evidenza l’impatto dell’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro e delle professioni, sull’arte e la cultura e, più in generale, sulla società.
Inoltre, il Parlamento europeo ha confermato quell’approccio ‘Human Centered’ che è sempre stato al cuore delle sue deliberazioni in ambito tecnologico: l’IA è un prodotto dell’intelligenza umana e la sua applicazione deve essere orientata al miglioramento delle condizioni di lavoro, all’’efficienza dei servizi pubblici, al benessere dei cittadini. In sostanza, deve migliorare la nostra qualità della vita, mettendo al centro l’uomo e non la tecnologia in quanto tale.
Queste regole sono pensate correttamente perché non si propongono di ostacolare lo sviluppo attraverso dei paletti ma di funzionare da guard rail in un’autostrada che fin qui ne era del tutto sguarnita. Ora è importante che l’Italia, così come gli altri paesi che stanno valutando le modalità di applicazione del Regolamento, non perdano di vista questa impostazione.
Europa: da leader delle regole a leader dell’innovazione
Vi è poi un’altra questione fondamentale, ovvero quella relativa alla necessità che l’Europa (e con essa l’Italia) passi da essere il luogo delle regole al luogo dello sviluppo di nuova tecnologia. Per fare questo occorre – dato il costo elevatissimo degli investimenti in ricerca e sviluppo nell’ambito dell’IA – unificare gli sforzi dei singoli paesi, ad esempio sostenendo sempre più progetti europei e non semplicemente nazionali, attraverso il finanziamento sempre maggiore di borse ERC, uno strumento importantissimo per la ricerca.
Se l’Europa riuscirà a tornare ad essere un punto di riferimento globale nella ricerca e conseguentemente nello sviluppo della tecnologia anche il dialogo con altri attori globali diventerà più semplice e sarà più facile far prevalere l’approccio human centered che ci caratterizza e che abbiamo il dovere di tenerci stretti. Si tratta di una questione fondamentale per il futuro dell’umanità e dalla capacità che avremo di governarla oggi dipende, senza esagerazioni, il futuro delle prossime generazioni.