Ammonta a 45 milioni di euro la dotazione iniziale del Fondo per lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale (AI), dei sistemi basati su registri distribuiti (blockchain) e Internet of Things (IoT), previsto dal decreto attuativo firmato il 9 dicembre dal Ministro dello sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco. Fondo che, si legge in una nota del MiSe, ha l’obiettivo di promuovere la competitività e la produttività del sistema imprenditoriale del nostro Paese attraverso progetti di ricerca e innovazione tecnologica legati al programma Transizione 4.0. AI e blockchain, in particolare, sono due dei temi strategici per lo sviluppo economico e sociale che nei prossimi anni domineranno la scena politica e i mercati.
Lo scenario internazionale
La comunità internazionale – le imprese, le organizzazioni tecniche, il mondo accademico, la società civile e i sindacati – e gli organi internazionali tra cui il G7, il G20, l’OCSE, la Commissione europea e le Nazioni Unite, già da anni portano avanti progetti, consultazioni pubbliche e proposte di regolamentazione che hanno ad oggetto queste dirompenti tecnologie. Nel maggio 2019, l’OCSE ha adottato i suoi Principi di Intelligenza artificiale, le prime regole internazionali concordate dai Governi per la gestione responsabile di un’intelligenza artificiale affidabile, basati sulle indicazioni di un gruppo multilaterale di esperti. Inoltre, attraverso il Global Blockchain Policy Centre, che fa capo alla direzione degli affari finanziari e delle imprese, l’OCSE studia la blockchain identificando possibili approcci politici e normativi al fenomeno.
Lo scorso 21 aprile la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di regolamento per l’AI, un documento tanto atteso dalla presidente Ursula Von der Leyen dichiarata sostenitrice delle potenzialità di questa tecnologia. Oggetto di dibattito delle riforme dell’Unione Europea è anche la tematica della regolamentazione dell’utilizzo della blockchain. Fra le altre iniziative, nel febbraio 2020 la Commissione nella comunicazione al Parlamento Europeo “Shaping Europe’s digital future” ha ribadito l’importanza della Blockchain inserendola fra le key action e prevedendo sostanziosi piani di finanziamento di progetti pilota.
Sbloccati i fondi su AI, IoT e blockchain, ma è tardi: l’Europa corre lontana
Frattanto queste tecnologie restano al centro di piani e strategia di tutte le potenze internazionali, come Cina, Stati Uniti, Giappone e Corea, che finanziano progetti miliardari per garantirsi la leadership in entrambi o almeno uno dei due comparti digitali. Ma l’entusiasmo internazionale è spesso frenato dalle esigenze di doveroso equilibrio che deve trovarsi tra innovazione, digitalizzazione e tutela degli interessi comuni. Questioni che si pongono per lo più perché queste tecnologie interessano trasversalmente tematiche, quali la green policy, la cyber security e la tutela dei consumatori. Quest’ultima emersa da ultimo con la consultazione pubblica lanciata dalla Commissione Europea per adeguare alle emergenti tecnologie AI, IoT e più in generale ai software, la direttiva sulla responsabilità da prodotto del 1985.
La situazione in Italia
Ebbene, di pari passo con gli sviluppi internazionali, il nostro Paese aveva avviato nel 2018, e a più riprese, un ambizioso progetto di elaborazione e implementazione di una strategia nazionale in ciascuna delle due aree tecnologiche (AI e Blockchain). Progetto che è sfociato nella recente pubblicazione del Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale (IA) 2022-2024 del 24 novembre 2021 ma, per quanto consta, in materia di Blockchain è rimasto fermo alla consultazione pubblica conclusasi il 20 luglio 2020.
L’importanza de due temi è però palamare e non va sottovalutata, anche per la centralità che rivestono sul piano politico, di sviluppo economico e sociale dei paesi, l’elaborazione e l’attuazione di strategie nazionali di transizione al digitale.
A che punto è la strategia nazionale sulla blockchain
Il 2018 è un anno segnato da due eventi di rilievo che hanno riguardato la Blockchain e il nostro Paese. Con l’art. 8-ter del “decreto Semplificazioni 2019” (D.L n. 135/2018) è stata introdotta nel nostro ordinamento una disciplina, per lo più definitoria, delle tecnologie basate sulla blockchain e sugli smart contract. Il valore giuridico aggiunto della norma è, in realtà, contenuto nella parte in cui prevede che “la memorizzazione di un documento informatico attraverso l’uso di tecnologie basate su registri distribuiti produce gli effetti giuridici della validazione temporale elettronica”. Queste apprezzabili disposizioni, tuttavia, non sono mai state applicate poichè l’operatività venne subordinata all’emanazione, mai avvenuta, da parte dell’Agenzia per l’Italia digitale degli standard tecnici che tali tecnologie avrebbero dovuto possedere ai fini della produzione degli effetti giuridici anzidetti.
Sempre nel 2018, il Ministero dello Sviluppo Economico ha selezionato un gruppo di 30 esperti chiamati a fornire un quadro della situazione attuale e identificare i possibili sviluppi e le conseguenti ricadute socio-economiche derivanti dall’introduzione di soluzioni basate su queste tecnologie. Il gruppo di esperti ha quindi elaborato il documento “Proposte per una strategia italiana in materia di tecnologie basate su registri condivisi e Blockchain” recante le linee guida da seguire per permettere lo sviluppo di questa tecnologia e definire il contesto di riferimento della strategia nazionale. Secondo quanto dichiarato dal sottosegretario Mirella Liuzzi “L’obiettivo – come indicato dal Ministro Patuanelli – è quello di supportare e favorire la transizione digitale del sistema produttivo e di far diventare l’Italia un Paese europeo all’avanguardia nelle tecnologie emergenti”.
Gli obiettivi
Più in dettaglio, il documento si propone di raggiungere i seguenti obiettivi:
- dotare l’Italia di un quadro regolamentare competitivo nei confronti degli altri paesi;
- incrementare gli investimenti, pubblici e privati, nella Blockchain/DLT e nelle tecnologie correlate (i.e. IoT, 5G);
- proporre campi applicativi della tecnologia al fine di indirizzare correttamente i possibili investimenti, in coerenza con i settori chiave dell’economia Italiana;
- migliorare efficienza ed efficacia nell’interazione con la pubblica amministrazione tramite l’adozione del principio Once-Only e della decentralizzazione;
- favorire la cooperazione europea ed internazionale tramite adozione della comune infrastruttura europea da parte dell’EBSI (European Blockchain Systems Infrastucture);
- utilizzare la tecnologia per favorire la transizione verso modelli di economia circolare, in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile;
- promuovere l’informazione e la consapevolezza della Blockchain/DLT tra i cittadini.
Peraltro, nel documento si formulano delle raccomandazioni che si ritengono necessarie a favorire la diffusione della Blockchain, e si indicano delle priorità su cui focalizzare sostegno finanziario, attività formativa ed informativa, definizione e sviluppo del quadro regolamentare tenendo conto dei possibili scenari evolutivi di questa tecnologia.
Al fine di raccogliere osservazioni, suggerimenti o ulteriori elementi utili per un affinamento della strategia, il documento è stato posto in consultazione pubblica dal 18 giugno al 20 luglio 2020, periodo al termine del quale il Governo avrebbe dovuto redigere una strategia nazionale per Blockchain e registri distribuiti. Nel documento in consultazione vengono approfondite policy e strumenti sui temi connessi allo sviluppo e all’adozione di tecnologie per blockchain e registri distribuiti in modo da favorirne l’applicazione per imprese, pubblica amministrazione e cittadini.
Strategia blockchain, il ritardo
Sono stati inoltre individuati i principali casi d’uso e i settori di applicazione di questa tecnologia che può diventare un efficace strumento per la tutela e la valorizzazione delle filiere produttive del made in Italy e per il contrasto, con maggiore efficacia, della contraffazione dei prodotti a vantaggio della trasparenza per i consumatori. Ad oggi, tuttavia, non risulta che il Governo abbia divulgato alcun documento contenente gli esiti della consultazione pubblica né la strategia nazionale in merito alla Blockchain.
L’ampio ritardo sulla tabella di marcia non pare esser giustificato da ragioni di osteggiamento politico. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, allora presidente della Bce, rispondendo ad alcune domande nell’ambito dell’iniziativa #AskDraghi, su Twitter il 13 febbraio 2018, ha affermato di essere “molto interessato” alla tecnologia blockchain, definita “promettente”, in quanto capace di efficientare alcuni processi. Draghi aggiunge che questa “nuova promettente tecnologia probabilmente sosterrà l’economia e creerà molti benefici” ancorchè risultano necessari molti approfondimenti. È pertanto auspicabile che i lavori possano concludersi celermente.
AI, stato dell’arte della strategia nazionale
Esiti diversi si registrano invece per il progetto di definizione della strategia nazionale sulla AI rispetto al quale, anche in ragione degli obiettivi europei, parrebbe che il governo riversi maggiore attenzione e risorse finanziarie. Di recente, infatti, ad esito dell’ultima consultazione pubblica, conclusasi il 31 ottobre 2020, è stato pubblicato il Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale (IA) 2022-2024 frutto del lavoro congiunto del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale.
Il documento arriva a pochi mesi di distanza dalla pubblicazione dell’ “AI watch, national strategies on artificial intelligence” analisi congiunta della Commissione Europea e l’OECD in cui descrivono le strategie dei Paesi UE in quello che è individuato come uno dei settori cui affidare la ripresa del vecchio continente. Dai dati emerge che dei 28 Paesi analizzati alcuni di essi già da anni si sono dotati di documenti strategici (e.g. Finlandia nel 2017, Germania e Francia nel 2018), diversamente da sette, tra cui Italia, Romania, Grecia, Irlanda, Croazia, Belgio e Austria, che ne sono sprovvisti (o lo erano nel caso del nostro Paese!). Il Programma Strategico per l’AI si pone in linea con la Strategia Europea delineata nel “Coordinated Plan on Artificial Intelligence 2021”, difatti prevede ventiquattro politiche da implementare nei prossimi tre anni per potenziare il sistema AI in Italia, attraverso creazione e potenziamento di competenze, ricerca, programmi di sviluppo e applicazioni di questa tecnologia.
Gli indirizzi operativi
L’obiettivo di queste politiche, da finanziare con investimenti europei e nazionali, è di rafforzare la ricerca e incentivare il trasferimento tecnologico in modo da rendere il Paese un player internazionale sull’intelligenza artificiale e competitivo a livello globale. In questa prospettiva, il Programma Strategico per l’AI individua le aree prioritarie e le politiche di intervento con iniziative dedicate a “talenti e competenze” per la quale sono previste azioni tese ad aumentare il numero di dottorati e attrarre in Italia i migliori ricercatori, sia in ambito di ricerca fondamentale sia applicata. Al contempo, il Programma include politiche per promuovere corsi e carriere nelle materie STEM e per rafforzare le competenze digitali e in AI.
Altro elemento di rilievo racchiuso nel documento è rappresentato dalle politiche necessarie a rafforzare la struttura dell’ecosistema di ricerca italiano nell’AI, favorendo le collaborazioni tra il mondo accademico e della ricerca, l’industria, gli enti pubblici e la società. In tal senso viene incentivata la creazione di nuove cattedre di ricerca sull’AI, la promozione di progetti per stimolare il rientro in Italia di professionisti del settore, e finanziamenti di piattaforme per la condivisione di dati e software a livello nazionale. L’ultima area di intervento riguarda le politiche finalizzate all’estensione dell’uso dell’AI nelle industrie e nella PA. Le misure a favore delle imprese hanno lo scopo di supportare la “Transizione 4.0”, favorire la nascita e la crescita di imprese innovative in questo comparto digitale e supportarle nella sperimentazione e certificazione dei prodotti del settore. Gli interventi per la PA sono volti alla creazione di infrastrutture dati per sfruttare in sicurezza il potenziale dei big data generati dalla PA, alla semplificazione e personalizzazione dell’offerta dei servizi pubblici e all’innovazione delle amministrazioni, tramite il rafforzamento dell’ecosistema GovTech in Italia. Quest’ultima misura, per esempio, prevede l’introduzione di bandi periodici per identificare e supportare le start-up che offrono soluzioni basate sull’AI che possono risolvere problemi critici del settore pubblico.
Per garantire un’efficace governance, per monitorare lo stato di attuazione della strategia, e per coordinare tutte le iniziative di governo sul tema, viene prevista la creazione di un gruppo di lavoro permanente sull’AI in seno al Comitato Interministeriale per la Transizione Digitale. Sul piano finanziario, l’intero programma di sviluppo della strategia dovrebbe essere finanziato dal budget pubblico con ben 888 milioni per i primi cinque anni, cui si aggiungerebbero altri 605 milioni (121 all’anno) provenienti da contributi privati. Questi i dati ricavabili dalla proposta del piano nazionale, al quale hanno lavorato per anni trenta esperti.
Le sfide
Va detto che questa tecnologia lascia ancora spazio a diversi interrogativi. Al di là delle questioni ancora aperte sulle tematiche che si intersecano con l’AI quali, solo per citarne alcune, la protezione e il trattamento dei dati personali degli utilizzatori (più o meno consapevoli) e la cyber security in generale dei sistemi basati sulla AI, sono due i nodi cruciali con cui si dovrà confrontare il Programma Strategico nazionale.
Il primo riguarda la coerenza complessiva del nostro piano strategico con la proposta di regolamento per l’intelligenza artificiale pubblicata il 21 aprile scorso dalla Commissione europea (COM(2021) 206 final). Va detto che questa proposta fa seguito alla pubblicazione di un White Paper con cui si era aperto un periodo di consultazione, ad esito del quale era emersa ampia consapevolezza sul tema e al contempo l’esigenza di regolamentarla anche fornendo raccomandazioni etiche e di policy. Da più parti era stata affermato che uno strumento tecnologico di AI possa considerarsi affidabile qualora sia connotato da legalità (in quanto sia rispettoso di leggi e regolamenti applicabili), etico (in quanto rispettoso dei principi e valori etici), robusto (inteso in senso tecnico e dell’ambiente sociale).
La scelta dello strumento regolamentare appare coerente con la necessità di garantire regole condivise in tutti gli Stati membri dell’Unione così evitando arbitrarie scelte nazionali, ma è anche utile a perseguire il duplice obiettivo di rendere più fluido il mercato europeo, attraverso l’immissione di nuovi prodotti e servizi, e incrementare il livello di affidamento in questa tecnologia. Non sembra tuttavia che il nostro Programma Strategico abbia tenuto in debita considerazione i profili di criticità legati ai livelli di rischio, alle garanzie e alle sanzioni dettagliatamente disciplinate dalla proposta di regolamento e sulla quali da aprile sono in corso dibattiti a Bruxelles.
Il secondo riguarda la questione sui profili della responsabilità civile dei danni derivanti dall’utilizzo dell’AI oltreché più in generale da software (e suoi update), questione che si innesta nel più ampio contesto delle politiche verdi dell’Unione Europea. Ebbene, la Commissione europea ha dato nuovo slancio a questi temi attraverso la pubblicazione di una consultazione pubblica che si concluderà il 10 gennaio 2022 rivolta a produttori, sviluppatori di software e altre imprese, specialmente PMI, associazioni dei consumatori, delle vittime e dell’industria, assicuratori, accademici, organizzazioni non governative, autorità degli Stati membri. L’iniziativa si pone, tra gli altri, l’obiettivo di allineare la direttiva europea sulla responsabilità da prodotto del 1985 ai prodotti dell’economia digitale e circolare e ai progressi tecnologici portati dall’AI e dall’internet delle cose.
Va detto, infatti, che allo stato attuale la responsabilità da prodotto è essenzialmente riconducibile a colpa o difetto del prodotto, e in limitati casi a responsabilità oggettiva. Muovendo da queste considerazioni, non è pacifico se è come la direttiva dell’1985 possa essere invocata nel caso ad esempio di danno da prodotti intangibili (e.g. software) posto che pare riferirsi solamente danni fisici o materiali parimenti non è pacifico se il concetto di difetto possa riferirsi anche a vulnerabilità cibernetica. In tale prospettiva, viene proposto alternativamente: un affievolimento dell’onere probatoria in capo i danneggiati; un obbligo di disclosure del fornitore su richiesta di informazioni tecniche; di invertire l’onere della prova; di estendere la responsabilità oggettiva ai fornitori di software per i danni materiali e perfino per la perdita di dati, violazione della privacy e danni ambientali.
Conclusione
Anche di queste tematiche di cui la comunità internazionale da anni discute dovrebbe tener conto il gruppo di lavoro che si sta occupando di implementare il Programma Strategico sulla AI nel nostro Paese. Il livello di digitalizzazione dell’economia e della società di un Paese rappresenta ormai convenzionalmente un indice chiave di valutazione del grado di sviluppo con il quale i governi devono confrontarsi ma, ancora una volta, le esigenze di sviluppo vanno necessariamente contemperata con quelle di tutela dei cittadini e dei consumatori. Si tratta di questioni fondamentali di cui dovrà farsi carico il potere esecutivo nel corso dei prossimi anni, nei quali si rammenta l’Italia si troverà dinanzi ad un’opportunità senza precedenti per sviluppare tecnologie come l’AI e la Blockchain, grazie alle risorse (€ 191,5 mld) del NextGenerationEU (NGEU), l’imponente piano di ripresa dell’economia europea con stanziamenti complessi, nell’arco del periodo 2021-2027, per oltre €2mila mld.
Un primo importante segnale che muove in questa direzione è senza dubbio lo stanziamento di 45 milioni di euro messi a disposizione con il Fondo previsto dal decreto attuativo. Va apprezzata, anche per la coerenza con i più ampi generali piani di ripresa economica europei, la previsione del decreto che riserva preliminarmente una quota di finanziamenti alle attività operanti in questi settori situate nel sud Italia (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna). Non resta che augurarsi che questo stanziamento possa fungere da apripista per il doveroso rilancio della strategia nazionale non soltanto nelle due aree tecnologiche in parola ma anche nello sviluppo del più ampio processo di transizione al digitale del nostro Paese.