Oggi il termine “transformation” è sempre più usato/abusato: business transformation, digital transformation, transizione ecologica, transformational leadership, marketing transformation, agile transformation, society transformation e chi più ne ha più ne metta. Ma si tratta effettivamente di qualcosa di nuovo, o è solo una “buzzword” alla moda?
In fondo, imprese e società si rinnovano da sempre. Come spesso capita, la verità sta nel mezzo: accanto ad alcuni capisaldi che restano validi, le forme moderne di trasformazione sono percorsi di cambiamento con connotati originali, diversi dal passato. Non è mera teoria, l’impatto concreto è rilevante: se si affrontano nuovi processi di cambiamento con competenze e strumenti dal passato il rischio di fallimento è elevato. Chi si occupa di digitalizzazione lo sa molto bene.
Figura 1. L’hype crescente del termine “transformation” (e dei concetti analoghi)
Innovazione trasformativa in azienda: un cambiamento epocale e sistemico
In questo contesto, è sempre più importante il concetto di “innovazione trasformativa”, che – in ambito aziendale – possiamo definire come un cambiamento epocale e sistemico a livello di significati e modalità mediante cui un’organizzazione opera, ambendo ad un rilevante impatto tanto per l’organizzazione stessa quanto per la società. Ciò comporta pure abbracciare un nuovo purpose, ossia un obiettivo d’impresa strettamente intrecciato a nuovi valori e significati, oltre il mero profitto, verso finalità “alte”, ambiziose e motivanti. Il fine ultimo passa da “lucrare sui problemi” a “generare prosperità eliminando i problemi”.
La trasformazione digitale è un pilastro essenziale di questa rivoluzione: oltre alla dimensione meramente tecnologica (peraltro, oggi giorno imprescindible), abilita organizzazioni più agili e cambiamenti esponenziali, consente di passare ad una logica data-driven, stimola una cultura orientata all’innovazione. Al tempo stesso, la trasformazione digitale è a sua volta inestricabilmente combinata rispetto ad altre due direttrici di cambiamento, altrettanto importanti: rivoluzione nei modelli di business e transizione sostenibile (tanto ecologica quanto sociale). Scindere questi flussi considerandoli percorsi differenti e paralleli è errato e fuorviante. Infatti, la trasformazione digitale, quella “vera”, non è pensabile senza un profondo rinnovamento del modello di business e in assenza di un adeguato riposizionamento strategico. Per non parlare dell’intreccio fra trasformazione digitale e sostenibilità ambientale/sociale – o sostenibilità digitale -, quale tematica sempre più attuale e strategica.
Lo studio del centro di ricerca ITIR dell’Università di Pavia
Presso il nostro centro di ricerca ITIR, all’Università di Pavia, abbiamo approfondito la questione mediante uno studio basato su 10 interviste a top managers, 15 casi studio analizzati in profondità, 558 questionari strutturati. Proponiamo qui una preview circa alcuni dei risultati principali emersi da tale studio.
In primo luogo, la figura 2 mostra la rilevanza delle diverse forme di trasformazione nello scenario competitivo attuale. È interessante notare come al primo posto la sfida più sentita sia proprio quella digitale, per quanto la differenza fra le varie voci non sia particolarmente ampia, il che sottolinea come i top managers italiani riconoscano il fatto si tratti di un fenomeno sistemico, da affrontare da diverse prospettive.
Abbiamo poi provato a rilevare, mediante una tecnica statistica denominata “factor analysis”, se esistano delle traiettorie latenti dominanti. Ne sono emerse tre: la prima è la business transformation (quale componente predominante, con un peso del 46%), dove il riposizionamento strategico d’impresa va di pari passo con una transizione verso nuovi paradigmi tecnologici (es. dai combustibili fossili all’elettrico, dalla manifattura tradizione all’Industry 4.0, dalla medicina standardizzata a quella di precisione, etc.). Analogamente, i nostri dati mostrano chiaramente come la digital tranformation (peso pari al 15%, fra le tre direttrici fondamentali) non sia unicamente una questione tecnologica: oltre ad impattare sul rinnovamento del modello di business, viaggia a braccetto con la funzione marketing (qui si potrebbe aprire un bel dibattito sul rapporto e distinzione di ruoli fra Chief Information Officer e Chief Digital Officer, ma questa è altra storia). Infine, rileviamo fra le tre componenti fondamentali dei cambiamenti aziendali contemporanei anche la purpose transformation, la quale va ad incidere profondamente su obiettivi e valori d’impresa. Quest’ultima, ad oggi, è la componente con un peso meno rilevante fra le tre (11%), ma siamo pronti a scommettere che sarà sempre più centrale nei prossimi anni.
Figura 2. Le dimensioni delle trasformazioni contemporanee in azienda (scala da 1, poco rilevante, a 5, molto rilevante). L’aggregazione delle diverse componenti nelle forme principali (factor analysis)
La matrice in figura 3 prova a mettere in relazione il gradiente di rinnovamento del modello di business – incrementale vs dirompente – con gli stakeholders esterni. In questo caso non si può fare a meno di evidenziare che più l’innovazione è dirompente e più ci si rivolge ad una platea sempre più ampia di stakeholders. L’impatto sulla società nella sua interezza, oltre che la mera customer satisfaction negli utenti target, è considerato quindi sempre più fondamentale, anche nei fatti, non più solo a parole. Dove strumenti e competenze digitali vengono considerati i grimaldelli fondamentali per raggiungere risultati di questo tipo, quale aspetto davvero ricorrente emerso nel corso delle nostre interviste.
Figura 3. Relazione fra tipologie di business model innovation e stakeholders prioritari.
Infine, matrice la figura 4 prova a mettere in relazione l’intensità di innovazione con il grado di trasformazione in azienda (quale cambiamento che può essere intenso, ma non necessariamente innovativo), come reazione alla pandemia del 2020. Questa analisi ha portato ad un risultato che di primo acchito può apparire sorprendente e/o controintuitivo: tanto più le imprese sono innovative e tanto meno si trasformano come reazione a grandi shock (come appunto la pandemia), e viceversa. Questa evidenza è in realtà molto ragionevole e stimolante, perché l’innovazione è l’anima della resilienza.
Abbiamo calcolato un indice da 0 a 1 che misura l’orientamento all’innovazione: è risultato in media pari a 0.31 nelle imprese che di fronte alla pandemia hanno avviato una profonda trasformazione, mentre è pari a 0.45 nelle altre. In altre parole, più le imprese sono innovative e meno si trasformano come reazione a grandi shock, e viceversa: meno le imprese sono innovative, e più si trasformano – in modo schizofrenico – quale reazione all’incertezza. Il messaggio è chiaro: le imprese pioniere sanno mantenere la calma durante la tempesta, dando continuità a percorsi rivoluzionari già avviati in precedenza, anziché quale reazione scomposta a fatti inattesi.
Figura 3. La relazione fra intensità di trasformazione dei modelli di business e innovazione radicale
Conclusioni
In conclusione, la trasformazione digitale oggi si arricchisce sempre più di nuovi significati, arrivando a qualificarsi come “innovazione trasformativa”, un tema molto caro ai policy makers da alcuni anni, ma troppo ancorato a questioni prevalentemente di sostenibilità ambientale.
Di certo fondamentale, ma da affrontare nel modo corretto per incidere davvero. Occorre – da un lato – consolidare la questione dell’innovazione trasformativa nell’agenda di manager e top manager d’impresa. Dall’altro, è opportuno smetterla di specializzare l’azione su filoni differenti: le sfide della trasformazione digitale, della sostenibilità e dell’innovazione nel modo di fare business possono essere vinte solo si accetta che si tratta in realtà di un’unica inscindibile partita, non di tre differenti.