Una delle sfide dell’AI è la messa in produzione dei sistemi. Molte imprese si imbarcano in progetti pilota, prove di laboratorio o prototipi, ma sono poi pochi o nessuno quelli che vengono messi in produzione. È bello imparare da questi esperimenti, ma le aziende non ne ricavano alcun valore economico.
Le organizzazioni sostenute dall’AI sono anche quelle che riescono a mettere in produzione alcuni sistemi; l’ultima indagine sull’AI aziendale ha rilevato che i transformer, le aziende di maggior successo ed esperienza che hanno risposto al sondaggio, avevano in media sei implementazioni AI in produzione. Questo le colloca nella categoria più aggressiva dell’indagine, ma alcune delle aziende che abbiamo intervistato avevano un numero molto più alto di modelli di AI in produzione.
Nonostante il relativo successo delle imprese sostenute dall’AI, molti altri dati raccolti dalle indagini confermano la nostra affermazione sulle difficoltà di distribuzione. Un’indagine IBM del 2021 ha rilevato che, su oltre cinquemila responsabili delle decisioni tecnologiche in sette Paesi, solo il 31 per cento ha dichiarato che la propria azienda ha «implementato attivamente l’AI come parte delle proprie attività». Il 41 per cento delle aziende intervistate ha dichiarato che «sta esplorando l’AI nelle attività aziendali, ma senza averla implementata». In un’indagine di MIT Sloan Management Review/Boston Consulting Group del 2019, «sette aziende intervistate su dieci riferiscono di aver ottenuto fino ad ora dall’AI un impatto minimo se non nullo. Tra il 90 per cento delle aziende che hanno effettuato qualche investimento in AI, meno di due su cinque riferiscono di aver ottenuto vantaggi commerciali dall’AI negli ultimi tre anni […] ciò significa che il 40 per cento delle organizzazioni che hanno effettuato investimenti significativi nell’AI non ne ha ricavato alcun guadagno».
Le tre principali sfide legate all’AI
Secondo la nostra indagine, le tre principali sfide legate all’AI sono state i problemi di distribuzione, l’integrazione dell’AI nei ruoli e nelle funzioni aziendali e la questione dei dati, tutti fattori legati a un’applicazione su larga scala. La situazione sta cambiando e le aziende cominciano a segnalare che utilizzano un maggior numero di sistemi di AI, ricavandone sensibili ritorni economici. Le indagini condotte tra gli scienziati dei dati, tuttavia, rivelano che i modelli di AI effettivamente implementati sono ancora una minoranza.
Non sorprende che in fase di distribuzione le aziende debbano affrontare delle sfide. I progetti pilota comportano la creazione di un modello e la codifica di una prima versione funzionante e disponibile. Tuttavia, la messa in produzione richiede un impegno a più ampio spettro e di solito comporta molte altre attività, come la modifica dei processi aziendali, l’upskilling (aggiornamento) dei lavoratori e l’integrazione con i sistemi esistenti. Inoltre, alcuni data scientist ritengono che il loro lavoro si esaurisca nella creazione di un buon modello di machine learning che si adatti ai dati. La distribuzione, ossia la messa in produzione, è spesso considerata compito di qualcun altro, anche se non è sempre chiaro di chi.
Come fanno le aziende a mettere i sistemi AI in produzione
In che modo le aziende di successo nell’uso dell’AI affrontano questi problemi e riescono a mettere i sistemi in produzione? In primo luogo, pianificano la messa in produzione fin dall’inizio, a meno che non si verifichino problemi nelle prime fasi del progetto. In secondo luogo, spesso designano un responsabile dell’intero processo di sviluppo e produzione, talvolta definito product manager per i sistemi e i processi basati sull’AI, che ha in compito di assicurarsi che il sistema venga prodotto. In terzo luogo, individuano fin dall’inizio data scientist e product manager cui affidare l’incarico di lavorare a stretto contatto con gli stakeholder «lato business». Per queste aziende è legittimo aspettarsi che la messa in produzione e tutte le attività connesse abbiano effettivamente luogo.
L’AI per promuovere nuovi modi di lavorare
All’inizio degli anni Novanta molti imprenditori si sono entusiasmati per ciò che veniva chiamato business process reengineering, una tendenza a riprogettare radicalmente il modo in cui le imprese svolgevano il proprio lavoro (uno di noi, Tom, ha contribuito a creare questo movimento). Erano apparse nuove tecnologie – i sistemi di pianificazione delle risorse aziendali (ERP) e infine Internet – che potevano consentire nuovi flussi di lavoro. Purtroppo, in molte organizzazioni la riprogettazione si è trasformata in un’insensata riduzione del personale, ma l’idea di utilizzare le nuove tecnologie – e l’intelligenza artificiale ne è oggi l’esempio più evidente – per promuovere nuovi modi di lavorare è ancora valida. Deloitte ha definito l’epoca attuale «l’era del “con”», alludendo alla condizione delle persone che lavorano in collaborazione con le macchine intelligenti. E a Tom questa idea, che spesso definisce augmentation (amplificazione [delle capacità umane] in opposizione ad automation, automazione), è piaciuta talmente da indurlo a diventare coautore di due libri sull’argomento.
Nonostante molti esperti in pronostici abbiano preannunciato la sostituzione degli esseri umani con l’AI, finora non è successo granché e la maggior parte delle organizzazioni sta usando la tecnologia per liberare risorse umane da destinare allo svolgimento di compiti più complessi. Il problema principale che le aziende sostenute dall’AI devono affrontare, quindi, non è come sostituire i lavoratori umani con l’AI, ma come ottenere il meglio da entrambi riprogettando i lavori, riqualificando (reskilling) i lavoratori e diventando più efficienti ed efficaci nel processo.
Nelle nostre indagini, un’alta percentuale di dirigenti afferma che l’AI ha determinato già oggi cambiamenti moderati o sostanziali nei posti di lavoro (nell’indagine del 2019, si trattava del 72 per cento mentre l’82 per cento prevedeva un cambiamento di tale portata entro tre anni). In molti casi, tuttavia, questo cambiamento non avviene nel contesto formale di un processo aziendale. Ciò significa che possono mancare una descrizione dei flussi di lavoro, la misurazione e una coerente distribuzione in tutta l’organizzazione.
L’automazione robotica dei processi
Il collegamento più stretto tra miglioramento – se non innovazione radicale – dei processi e AI è probabilmente quello con l’automazione robotica dei processi (RPA). Alcuni ritengono che questa non sia sufficientemente «intelligente» per essere definita intelligenza artificiale, ma l’RPA ha capacità decisionali basate su regole. Spesso le aziende considerano l’RPA come un trampolino di lancio verso un’AI più intelligente e basata sull’apprendimento automatico. Diverse aziende hanno integrato l’RPA nei loro pro grammi di miglioramento dei processi. Prima di automatizzare un processo, vi applicano tecniche di misurazione e miglioramento. Per esempio, Voya, azienda di servizi pensionistici e finanziari, ha incorporato un nucleo di eccellenza per l’automazione all’interno del suo Centro per il miglioramento continuo, che in genere utilizza i metodi Lean e Six Sigma. Voya ha una procedura in tre fasi per l’analisi e il miglioramento di un processo, l’implementazione dell’RPA e la valutazione delle prestazioni del processo automatizzato. Per essere veramente trasformata dall’AI, tuttavia, un’azienda dovrebbe agire su vasta scala e cercare almeno occasionalmente di ottenere qualcosa di più di miglioramenti incrementali delle prestazioni in un processo.
Abbiamo osservato alcune imprese che hanno combinato efficacemente la riprogettazione dei processi con forme di AI diverse dalla RPA. Nel SudEst asiatico, per esempio, DBS Bank ha utilizzato l’AI per ottenere importanti miglioramenti di processo nelle sue attività antiriciclaggio, nonché nei suoi centri assistenza clienti in India e a Singapore. Il tempo di valutazione di un potenziale caso di riciclaggio è stato ridotto di un terzo. Nei centri assistenza, il numero di clienti è aumentato di sei volte e le transazioni finanziarie di dodici volte senza aumento di personale.
Conclusioni
Il numero delle imprese che si occupano di come l’AI possa rendere possibili significativi miglioramenti nei processi aziendali dovrebbe aumentare. In una certa misura ciò sarà facilitato da una nuova tecnologia che impiega l’AI: il process mining, che analizza i dati provenienti dai sistemi transazionali aziendali per capire come viene eseguito il processo e poi utilizza l’AI per formulare raccomandazioni di miglioramento. Il process mining elimina gran parte del lavoro di dettaglio nel miglioramento dei processi e si sta diffondendo rapidamente in molte organizzazioni orientate ai processi.