Si fa presto a dire “innoviamo”, ma non basta certo acquistare una soluzione tech. Senza consapevolezza da parte delle persone, la tecnologia da sola non può attuare la trasformazione digitale in azienda, una situazione percepita soprattutto nelle realtà estranee al settore ICT. Il rischio è di avere a disposizione strumenti molto sofisticati ma che pochi sanno o vogliono utilizzare. Un problema in parte di conoscenza e in parte di chiusura. Per evitare questo paradosso è importante coltivare le giuste competenze, investendo sull’upskilling del proprio personale attraverso percorsi mirati di formazione.
Tuttavia, la questione si pone in un più ampio scenario in cui è evidente, ancora oggi dopo anni di discussioni sui benefici della transizione digitale, la necessità di una spinta al cambiamento culturale. È necessaria infatti la piena presa di coscienza da parte del management e di tutto l’organigramma aziendale dell’importanza dell’innovazione per mantenersi competitivi sul mercato, crescere e cogliere le novità in modo positivo, non subirle come un ulteriore onere di cui occuparsi.
Il caso del Nord Est italiano è interessante per approfondire il punto. Questo territorio “sta cambiando – racconta Gioele Zanzico, CIO di Athena Group, azienda familiare del settore metalmeccanico con sedi in tutto il mondo -. L’IT spesso è ancora considerato un costo in tante realtà, ma è in corso da parte delle aziende della zona un’attività importante volta a favorire la cultura digitale. Sebbene quindi ci sia ancora una ritrosia di fondo per le spese da effettuare, vedo che le imprese stanno facendo passi in avanti. Spero che le nuove generazioni favoriscano ulteriormente questo percorso e capiscano che l’innovazione è un vantaggio competitivo”.
Cosa chiedono le aziende al mondo IT
Le spese però, va detto, vanno gestite con oculatezza. Un mercato saturo di soluzioni tecnologiche potrebbe spingere i non addetti ai lavori a ritenere che, in fondo, tutte siano uguali. Un aspetto rilevante è dato dal partner: “Non è vero che tutte le soluzioni tecnologiche sono uguali – spiega Zanzico -. Per quanto mi riguarda, l’elemento fondamentale è il partner. Una figura che deve saperci guidare e aiutare con la messa a terra degli strumenti” per affrontare in modo corretto “il tema dell’adozione: il rischio, senza essere guidati, è quello di introdurre uno strumento molto avanzato ma che poi nessuno usa”.
In questo contesto, l’elemento cardine è “che il partner sia propositivo, che si sieda a fianco dell’azienda e lavori insieme al personale, non che si limiti a vendere la propria soluzione. Non è affatto semplice trovare il partner giusto”, precisa Zanzico. Questo perché “la trasformazione digitale è un processo, non è un’attività che tout court trasforma l’operatività. Le persone usano la tecnologia ma se non lo fanno con consapevolezza, la tecnologia non serve a niente”.
Come si affronta la trasformazione digitale
Zanzico porta l’esempio di Athena Group per spiegare come avviare un percorso di trasformazione digitale in un’azienda che non si occupa direttamente di IT: “Il vantaggio in Athena Group è che il management crede fortemente nell’innovazione: questo è un valore aggiunto importante. La resistenza al cambiamento si trova soprattutto nelle persone che non hanno ruoli operativi. Questo probabilmente perché negli anni sono state spinte a usare una pluralità di strumenti e si è creata una situazione caotica e difficile da gestire. Una delle ultime attività, quindi, è quella di razionalizzare gli strumenti per avere un parco software che sia il più snello possibile e avere ben chiaro anche ogni attore del processo, sapere chi si occupa di cosa”.
L’innovazione in azienda, quindi sta spingendo su due fronti: “La digitalizzazione e l’internazionalizzazione. Athena Group ha al suo interno quattro modelli di business completamente differenti, una situazione che aumenta la complessità. Lato informatico abbiamo fatto il passaggio a un nuovo ERP a giugno di quest’anno e abbiamo ricostruito circa due anni fa l’ecosistema e-commerce. Abbiamo avviato anche l’introduzione di una piattaforma CRM evoluta, con soluzioni di marketing automation integrate, dotata anche di strumenti BPM per ottimizzare i processi”. L’obiettivo è uniformare tutte le aziende del gruppo “in cinque o sette anni”.
Competenze digitali, cosa serve
Il grosso del lavoro però, va svolto sulle persone: “Bisogna spiegare il perché di ogni cosa, per esempio che strutturare i dati conferisce un valore aggiunto nel tempo”, racconta Zanzico. Una questione annosa che riguarda tutto il Paese: “Non si può improvvisare uno specialista, bisogna prevedere un percorso in azienda. L’attitudine a svolgere un mestiere non si acquisisce solo con un corso, serve esperienza perché la sola parte formativa non funziona per arrivare a gestire progetti complessi con un orizzonte ampio”. Una soluzione è quella di affiancare al lavoro dell’IT il comparto business, puntando sull’upskilling del personale già presente in azienda e puntando a un forte commitment dall’alto.
La formazione sul campo all’interno del contesto aziendale risulta particolarmente rilevante dal momento che quello delle competenze è un gap importante a livello di sistema Paese, su cui da anni si lavora per colmarlo. Una questione che riguarda anche l’istruzione: “A livello generale la mia percezione è che la formazione universitaria sia poco coerente a quella che è la realtà delle aziende. Tante volte i ragazzi arrivano nelle imprese con una formazione molto teorica, che sicuramente serve e aiuta; tuttavia, la gestione delle attività è un percorso che va costruito nel tempo”. Dunque “per quanto siano ragazzi in gamba e che abbiano studiato tanto, devono fare necessariamente un percorso in azienda perché non sono ancora pronti”. Tra le soluzioni individuate, “gli ITS vanno nella direzione giusta, il piano però dovrebbe essere ampliato ulteriormente. Comunque, il fatto di dare l’opportunità agli studenti di vivere davvero la realtà di un’azienda è sicuramente un buon inizio”, commenta Zanzico.
Resta poi il nodo delle risorse: “Riguardo a questo tema, sarà importante capire come potranno efficientemente essere destinate agli enti giusti in modo da consentire alle aziende la messa a terra dei progetti”, decisioni cui è chiamato anche il nuovo Governo.