Sono passati 30 anni esatti dalla pubblicazione dello scritto di Vandermerwe & Rada (1988), in cui è stato introdotto il tema della servitization. Nei tre decenni intercorsi fino alla data odierna il concetto è stato sviluppato e arricchito da molti punti di vista e approcci, fino a generare una molteplicità di definizioni e analisi teorico-empiriche, talvolta anche con qualche imprecisione. Ultimamente, per esempio, si parla di industry as a a service.
Servitization e terziarizzazione dell’economia
Un ampio esame della letteratura in materia, oltre ad un cospicuo insieme di studi di caso, sono stati pubblicati su un numero monografico della rivista Industrial Marketing Management (2018, n. 60), dove la proliferazione di modelli e concetti è stata sottoposta ad un’analisi teorica comparativa (Brax e Visentin, 2017). Tutto ciò non deve sorprendere per i seguenti motivi: 1) negli ultimi decenni siamo entrati in una fase di radicali mutamenti tecno-economici, per cui la progressiva concettualizzazione delle questioni connesse alla “servitizzazione” necessariamente dovevano risentirne in misura significativa. 2) La pluralità definitoria è conseguenza sia del punto precedente, sia degli sviluppi sul piano delle teorie con cui si analizzano e interpretano le dinamiche multidimensionali in atto, che coinvolgono vari ambiti: sociale, tecnico-scientifico, istituzionale, regolamentare. L’obiettivo di questo scritto è cercare di chiarire alcuni aspetti di fondo, perché si nota tra le altre cose l’emergere di qualche confusione terminologica e concettuale, che induce di tanto in tanto qualcuno a scambiare la servitization con la terziarizzazione dell’economia.
Quest’ultima è una specie di “concetto ombrello”, entro il quale si possono racchiudere una serie di processi innovativi, che richiederebbero un’analisi più attenta, un certo rigore intellettuale e metodologico, infine una maggiore chiarezza espositiva. E’ appunto il caso della servitization che, pur in presenza di un pluralismo definitorio, può essere caratterizzato in termini abbastanza precisi, magari ampliato con specificazioni e messe a punto per tenere conto dei processi reali, a loro volta soggetti a mutamenti intensi ed estesi.
Dall’offerta di beni e servizi all’offerta di sistemi integrati
Il contributo iniziale di Vandermerwe & Rada (1988) si riferiva alle corporations manifatturiere, che potevano incrementare il proprio business espandendo la loro offerta attraverso un portafoglio più ampio, composto da prodotti e servizi, per spingersi fino al marketing di insiemi complessi di “prodotti + servizi +supporto+ conoscenza + self-service” (Kowalkowski et al. 2017). Nel corso degli anni il processo di servitization e l’insieme di servizi racchiusi in questo termine si è notevolmente esteso fino a comprendere, oltre alle originarie realtà industriali e le relazioni B2B, i rapporti user-producer e soprattutto le relazioni di interdipendenza e scambio tra entità economico-produttive lungo tutta la catena del valore che porta ad un output. In altri termini, il processo di servitization significa che cambiano progressivamente –secondo varie modalità- le configurazioni delle attività svolte da una molteplicità di imprese, rendendo sempre più permeabili di confini tra le stesse nella realizzazione di un bene materiale o immateriale. Se fino agli anni ’80 il focus di un’azienda era produrre beni o servizi, con la servitization il focus diventa produrre “insiemi integrati oppure sistemi con servizi in funzione propulsiva” (Vandermerwe & Rada, 1988: 314).
Analisi del processo di servitization
Una delle conseguenze di questa traiettoria è stata una grande diversificazione di configurazioni delle attività dirette a generare valore e quindi una varietà nella loro categorizzazione. Non poteva d’altronde che essere così, dal momento che il progressivo rafforzamento nel decennio ’80 delle tecnologie digitali, in grado di connettere persone, sistemi, società, prodotti e servizi, ha generato un enorme potenziale di trasformazioni delle imprese verso migliori performance, con un set di obiettivi in continua espansione (MIT Center for Digital Business & Capgemini, 2011). L’inarrestabile sviluppo di una cyber-infrastructure ha poi consentito di avviare sia trasformazioni back-end, ovvero miglioramenti delle capacità delle aziende di inventare e perseguire soluzioni efficienti ed efficaci, sia trasformazioni front-end, ovvero acquisizioni di strumenti per comprendere meglio il ruolo dei consumatori nel processo di creazione del valore (Coreynen et al., 2017). In tale quadro è interessante la rappresentazione piramidale elaborata da analisi del processo di servitization (Fig. 1, Fonte: Coreynen et al. 2017, Fig.1 )
Digitale e ridefinizione delle ontologie del business
Le tecnologie digitali ridefiniscono, per così dire, l’ontologia del mondo del business, ove per ontologia nell’orizzonte economico-ingegneristico si intende la definizione del mondo e delle entità che lo popolano, insieme alla loro tipologia e alle loro relazioni interattive. Impiegando un gergo ancora più tecnico viene ridefinito lo spazio ontologico entro cui si possono configurare le potenzialità di business, determinando la necessità di un profondo shift culturale a molti livelli, perché cambia la natura dei prodotti e dei servizi connessi, la tipologia degli agenti e le relazioni tra di essi, oltre all’emergere di soggetti e protagonisti sia del tutto nuovi, sia come risultato di funzioni e acquisizioni di entità esistenti. E’ così accaduto in vari Paesi che un numero crescente di imprese “focalizzate sul prodotto” abbiano gradualmente adottato modelli di business inclusivi dei servizi (Cusumano et al. 2015) alla ricerca di una differenziazione dell’offerta, di un rapporto dinamico con il cliente, di un miglioramento continuo delle componenti del “sistema prodotto-servizio” orientato al mercato, con cui si interagisce in modo sempre più strategico, cercando cioè di anticipare e orientare le tendenze.
La digital servitization
L’espressione digital servitization riassume il potenziale ampliamento, in continua espansione, dell’erogazione di “servizi digitali incorporati in un prodotto fisico” (Vendrell-Herrero et al, 2017): musica, taxi, Hotel, produzione di beni complessi e semplici, motori di aereo, turbine e pale eoliche, locomotive, racchette da tennis, oggetti da indossare, tessuti, per fare solo alcuni esempi, inducono a ritenere che si vada verso una generale ridefinizione dei processi di progettazione di processi e prodotti, delle combinazioni di attività che portano ad un determinato output (materiale e immateriale), del suo ciclo di vita e delle sue funzionalità.
In altri termini, un oggetto fisico o immateriale, al di là della sua consistenza oggettuale, può essere visto come un insieme di funzionalità in continua evoluzione, gran parte delle quali possono essere modificate, aggiunte o sostituite, adattate, corrette. Le tecnologie digitali, dunque, rendono la dinamica tecno-economica uno spazio combinatoriale (Arthur, 2009), nel senso che costituiscono l’infrastruttura fisico-cibernetica per l’evoluzione continua, sulla base dei flussi incessanti di informazioni e conoscenze, delle interdipendenze “downstream and upstream” tra imprese (Vendrell-Herrero et al., 2017). Ciò vale particolarmente nella fase storica odierna, in cui output e processi di creazione del valore divengono sistemi complessi, che derivano dalla combinazione di differenti domini di conoscenze.
Servitization, arricchimento e diversificazione dell’offerta
La servitization, concepita come processo di arricchimento e diversificazione dell’offerta, richiede pertanto un incessante aumento delle competenze delle imprese per misurarsi con un mondo caratterizzato da digital ubiquity e ubiquitous computing. Di conseguenza, aggiustamenti strategici, ripensamento delle configurazioni di attività dirette alla creazione di valore, sviluppo di strutture interattive a molteplici livelli sono ingredienti essenziali per conquistare un solido e mutevole spazio competitivo. E’ logico ritenere che lo scenario attuale, incentrato sulla rappresentazione digitale (“digital twin”) di processi e prodotti dalla nano-scala alla scala ordinaria, richieda un’attenzione costante verso la riconfigurazione delle attività e delle relazioni interaziendali a fondamento del proprio modello di business.
Il processo di servitization non è irreversibile
Bisogna però tenere presente che il processo di servitization non è irreversibile: esistono casi di deservitization, cioè di abbandono di strategie di servitization per una serie di cause: finanziarie, non fruttuose interdipendenze aziendali ed extra-aziendali, insufficienti capacità di integrare diverse conoscenze, dotazioni conoscitive inadeguate rispetto alle scelte strategiche operate (Voltakoski, 2017). La realizzazione di un sistema combinatoriale di attività variabili richiede peculiari capabilities, competenze e risorse strategiche che non sono alla portata di tutti, ma non si pensi che esse siano precluse alle Piccole e Medie Imprese. Certo General Electric, Microsoft, IBM, Siemens, Rolls Royce (motori di aereo) sono i casi di maggior successo, anche mediante ripetute svolte strategiche a seguito di scelte errate; vi sono però molte altre esperienze positive in numerosi altri settori di attività, perfino nell’industria editoriale, che hanno come protagoniste aziende non leader globali. Il precedente (incompleto) elenco di prodotti al centro di strategie di servitization lo dimostra. Il punto di arrivo di queste brevi riflessioni è allora il seguente: la traiettoria irreversibile verso la rappresentazione digitale di processi e output, insieme all’infrastruttura fisico-digitale crea un enorme potenziale di nuove opportunità di business trasversali a più settori economico-produttivi.
Oggi più che mai è necessario per le imprese possedere determinate proprietà: visione sistemica, approccio evolutivo, propensione all’interdisciplinarità, capacità di anticipazione strategica. Una base dinamica di conoscenze e un ambiente interattivo interno ed esterno sono condizioni necessarie, anche se non sufficienti, al fine di perseguire la sostenibilità di una strategia competitiva in un contesto competitivo ad elevato dinamismo.
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Arthur, W.B. (2000). The Nature of Technology: What it is and how it evolves. Free Press, New York, NY
Brax, S. A., Visintin, F. (2017). Meta-model of servitization: The integrative profiling approach. Industrial Marketing Management, 60
Coreynen, W., Matthyssens, P., Van Bockhaven, W. (2017). Boosting servitization through digitization: Pathways and dynamic resource, configurations for manufacturers.Industrial Marketing Management, 60
Cusumano, M. A., Kahl, S. J., Suarez, F. F. (2015). Services, industry evolution, and the competitive strategies of product firms. Strategic Management Journal, 36(4)
Kowalkowski, C., Gebauer H., Kamp B., Parry G. (2017). Servitization and deservitization: Overview, concepts, and definitions, 60
MIT Center for Digital Business & Capgemini Consulting (2011). Digital transformation: A
road-map for billion-dollar organizations
Vandermerwe, S., Rada, J. (1988). Servitization of business: Adding value by adding services. European Management Journal, 6(4), 314–324
Vendrell-Herrero, F., Bustinza, O., Parry, G., Georgantzis, N. (2017). Servitization, digitization and supply chain interdependency. Industrial Marketing Management, 60,
69–81
Valtakoski, A. (2017). Explaining servitization failure and deservitization: A knowledgebased perspective. Industrial Marketing Management, 60.