Ad un anno esatto di distanza dall’annuncio del Piano Industria 4.0, il Governo vira la prua della nave dell’innovazione, allarga (giustamente) la platea, ridefinisce i contorni e soprattutto fa squadra al proprio interno, non dimenticando che ora è iniziata la campagna elettorale che ci accompagnerà fino a primavera…!
I due dati inconfutabili della conferenza di martedì sono il gioco di squadra avviato tra il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda, del Tesoro Pier Carlo Padoan, del Lavoro Giuliano Poletti e dell’Istruzione Valeria Fedeli e il nuovo titolo del Piano che diventa Imprese 4.0
Sul primo punto, sarà l’imminente appuntamento elettorale, sarà una ritrovata concordia, certo che va visto favorevolmente che quattro Ministri e relativi Ministeri lavorino assieme allo sviluppo coordinato del Paese: è senz’altro una buona notizia. Altrettanto – a mio avviso – è una buona notizia che si esca dal solo recinto dell’Industria, strettamente intesa, cioè quella metalmeccanica e manifatturiera, e si abbracci nel pieno spirito della digital transformation, che è pervasiva per ogni settore, dal turismo, alla cultura, dal commercio all’artigianato, l’intero comparto produttivo della nostra economia, rappresentato da Imprese.
Sul lato dei dubbi non ancora chiariti dal governo ci sono tanti punti di domanda, la cui risposta in parte sarà nel DEF, in parte nelle prossime decisioni governative:
1- Sembra che l’iperammortamento al 250% per macchinari e beni digitali, possa essere prorogato, e questo sarebbe un positivo punto fermo. Ma sarebbe emerso un improvviso dubbio dei tecnici governativi sulla proroga del superammortamento al 140% per i beni strumentali tradizionali, che invece sembrava acquisita fino a qualche giorno fa. Se si concretizzasse un veto del Tesoro, questa parte tornerebbe in bilico.
2- Ma Industria 4.0 (ora Imprese 4.0) non può essere e non è solo una leva fiscale, è molto di più: è la trasformazione del sistema industriale europeo; è la re-ingegnerizzazione del processo produttivo; è il ripensamento totale del rapporto prodotto/servizio. Quindi ci si chiede: possiamo stimolare, anche con incentivi e voucher la parte del processo produttivo della consulenza, della formazione, del cloud, della sensoristica, dei social, del marketing, degli analitycs e big data, della cyber security, etc etc?
Una prima parziale risposta ieri è arrivata perché pare che tra le novità nella legge di bilancio troverà spazio un credito di imposta per le attività di formazione legate a Industria 4.0, con un meccanismo che andrà a premiare fiscalmente – fino al 50% ? – l’incremento di spesa tra il triennio 2018-2020 e il triennio 2015-2017.
3- La terza questione è come il piano Industria 4.0, ora Imprese 4.0 si integrerà o potrà integrarsi, sia con i PDI, questi nuovi 77 punti di impresa digitale di Unioncamere, per non andare in sovrapposizione, e poi come ci si raccorderà in questa fitta rete di competenze sovrapposte rappresentate dalle singole Regioni, destinatarie dei veri finanziamenti europei POR, FESR etc. Sul primo punto la sinergia con il sistema camerale va proprio nella direzione di Imprese 4.0 per abbracciare anche altri settori oltre all’industria, come l’artigianato, il commercio, l’agricoltura… Sul secondo tema quello del coordinamento con le Regioni, è evidente che non è facile, ma va trovata una strategia nazionale comune, e in fretta!
Adesso – dopo gli annunci – attendiamo i provvedimenti veri e propri, scritti e approvati, per fare un commento compiuto del Piano Governativo. Ad oggi registriamo che c’è impegno e una certa visione d’insieme.
In conclusione però è anche bene ricordarci che, finché l’Italia arriva con i suoi 5 anni di ritardo rispetto a Germania e Nord Europa a tentare di coordinare (con tutte le difficoltà sopra esposte) una politica nazionale verso il 4.0. Per fortuna le nostre imprese crescono e grazie alla creatività e costanza di noi imprenditori, il Paese faticosamente sta provando a ripartire dopo la crisi.