Il Def richiama provvedimenti già fatti sul digitale. È un riassunto ed è quindi un momento utile per fare il punto sulla strategia del Governo sul tema. È il caso del provvedimento sulla blockchain, che è positivo e del quale entro maggio aspettiamo le linee guida Agid. Oppure le nuove regole del procurement pubblico per favorire le startup e pmi innovative: molto positive. Idem l’Innovation Act.
Un quadro complessivo poco chiaro
Per Industria 4.0, gli incentivi cloud sono vera novità, il ritorno del super ammortamento è una cosa intelligente. Ma tutte queste cose sono episodiche: un imprenditore non riesce a programmare gli investimenti. Il credito d’imposta non c’è più per le grandi aziende e per le piccole è stato ridotto.
Il problema del digitale in Italia è l’adozione, l’implementazione. Emblematico il caso dei voucher per sovvenzionare gli abbonamenti alla banda ultralarga. I voucher – 1,2 miliardi di euro – non arrivano ancora eppure sarebbero utili per spingere il settore. Sono partiti in Regno Unito, Grecia; noi abbiamo avuto l’idea per primi, con il governo Renzi, e ora siamo sorpassati da tutti. Il def richiama gli investimenti fatti sul Wi-Fi pubblico, ma bisogna capire quanto serva davvero all’Italia in un momento in cui bisognerebbe forse aiutare gli operatori a sviluppare il 5G e la fibra.
Sempre sull’aspetto dell’implementazione, mi sono sembrati demotivati – da incontri pubblici recenti – il dg dell’Agid e il commissario dell’Agenda digitale. Perché è complicato far partire la trasformazione digitale nella PA. In generale: tante cose positive, nel piano del Governo per l’innovazione, ma il quadro è poco chiaro. E soprattutto per il lungo periodo non si riesce a capire quale sia la strategia complessiva. Ma è proprio ciò di cui gli imprenditori e l’Italia hanno davvero bisogno ora.