La strada verso il paradigma 4.0 non è certo un rettilineo da percorrere alla massima velocità. Diventare imprese 4.0 comporta numerosi cambiamenti di diversa natura e entità, da integrare in modo armonico.
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I cambiamenti da fare per essere 4.0
In primis, ci sono le nuove tecnologie, in grado di impattare sui processi, sui prodotti, ad esempio abilitando nuove funzionalità, e anche sulla loro modalità di proposizione sul mercato, con la nascita di nuovi modelli di business. Queste tecnologie devono essere integrate tra di loro e all’interno del sistema produttivo, devono saper dialogare e scambiare dati sia all’interno, sia all’esterno dell’azienda.
Queste tecnologie richiedono competenze specifiche, non sempre presenti in azienda e ancora difficili da trovare sul mercato: sia figure professionali tecniche, legate alle singole tecnologie digitali, sia figure manageriali, in grado di governare la trasformazione in azienda. L’introduzione di queste nuove figure impatta significativamente sull’organizzazione aziendale, costringendo le imprese a rivedere (almeno in parte) la propria struttura.
In primis, possono cambiare le relazioni tra alcune aree di business, alterando gli equilibri pre-esistenti; a titolo esemplificativo si pensi all’area IT, che dovrà essere ancora più a supporto delle altre funzioni di business in ottica di integrazione ed armonizzazione delle diverse soluzioni tecnologiche introdotte, oppure al sempre maggiore coinvolgimento della Ricerca & Sviluppo per la progettazione di prodotti unici e personalizzati, già progettati in ottica di service post-vendita. In secondo luogo, le figure professionali legate all’impiego delle tecnologie e alla gestione del cambiamento acquisteranno maggiore rilievo nelle decisioni strategiche aziendali, affiancando e supportando la direzione.
Nuove risorse e competenze
Nel panorama della rivoluzione 4.0, è quindi fondamentale la generazione di nuove risorse con nuove competenze, sulla base del fatto che nel prossimo futuro serviranno ruoli che oggi non ci sono. Questo gap è colmabile in due modi: assumendo, oppure riqualificando le risorse già esistenti in azienda. Il processo prevede molte criticità in entrambe le direzioni, perché da un lato non è semplice trovare persone con le giuste competenze e dall’altro è tutt’altro che banale riconfigurare le skills di persone formate anni o addirittura decenni prima.
Per far fronte a queste difficoltà, la seconda fase del Piano Nazionale Impresa 4.0 ha previsto di:
- Agevolare la formazione 4.0 delle risorse già in azienda, attraverso la misura del credito di imposta;
- Ri-finanziare gli istituti tecnici-superiori, al fine di aumentare il numero e il livello di preparazione dei tecnici che saranno chiamati a gestire direttamente le varie tecnologie digitali abilitanti;
- Creare dei competence center che, sul modello del Fraunhofer tedesco e dei Catapult Brittanici, possano centralizzare la creazione del sapere 4.0 e generare nel tempo figure di alto livello a cui affidare la gestione a tutto tondo della trasformazione 4.0 delle imprese;
- Inserire tali competence center all’interno dei Digital Innovation Hub, cioè degli sportelli al servizio delle imprese che abbiano voglia di muoversi verso la configurazione 4.0, ricevendo un opportuno tutoraggio.
FORMAZIONE INDUSTRY 4.0, COME UTILIZZARE GLI INCENTIVI
Italia in ritardo su trasformazione
Inutile negare che tutto questo stia avvenendo con forte ritardo, sia rispetto ai principali competitor europei, sia rispetto agli intendimenti iniziali del piano ministeriale. La speranza è che questo ritardo sia quantomeno servito a perfezionare i meccanismi, affinché il funzionamento possa immediatamente essere al 100%. Le imprese hanno infatti bisogno impellente di essere supportate ed ogni settimana/mese di ulteriore ritardo in altro non si tradurrà se non in ulteriore gap competitivo, che sarà sempre più difficile da recuperare.