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Di Maio e Industry 4.0, piccole aziende al centro: la svolta

Il Governo inaugura una strategia “digitale” basata su allargamento della platea di aziende Industry 4.0 e innovazione di frontiera. La direzione è promettente, ma vedremo se i fatti seguiranno gli annunci

Pubblicato il 01 Ott 2018

Gianni Potti

Presidente Fondazione Comunica e founder DIGITALmeet

dimaio

Con Luigi Di Maio ministro del Mise nasce una nuova scaletta di priorità per Industria 4.0 fatta di maggiore attenzione alle PMI e non solo ai grandi gruppi; reti per favorire network aperti di imprese, nuove competenze rafforzando anche l’ambito dell’offerta formativa.

Una svolta che può arrivare inattesa, visto che della parola Industria 4.0 non v’è traccia nel contratto di Governo del Governo del Cambiamento, a guida Movimento 5stelle e Lega.

Si è molto parlato di questo, anche in relazione all’avvio della messa in opera dei Competence Center, architrave del progetto Industria 4.0

Ma ora il Ministro Di Maio, con spirito e strategia innovativa, dice di puntare ad investire in 5G, Blockchain, Fintech, Intelligenza Artificiale, anche con i miliardi di euro ricavati dall’asta 5G. Una strategia precisa, dove Di Maio dice che dobbiamo investire grandi capitali nelle nuove tecnologie “ora investiamo briciole circa 130 milioni di euro rispetto ai 2,5 miliardi della Germania e ai 2,7 della Francia”.

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Di Maio e Industry 4.0

Poi il Ministro chiarisce ancora meglio, dicendo che Impresa 4.0, secondo l’ultimo rapporto Istat, sta funzionando. “Vogliamo continuare – dice Di Maio –  ad agevolare le misure che hanno avuto un grande riscontro presso il mondo produttivo e confermeremo alcuni strumenti, cercando soprattutto di migliorarne l’accesso perché dal mondo dell’impresa ci viene segnalato che ci sono ancora problemi legati alle procedure burocratiche”.

Insomma una strategia per proiettarci sui topics mondiali dell’innovazione e non restare fuori dalle grandi partite globali che si stanno giocando e una nuova strategia su Industria 4.0, magari più rivolta alle PMI- dice Di Maio, anziché ai grandi gruppi come era l’impostazione Calenda… Una nuova strategia più human driving, accompagnando le piccole e medie imprese italiane nel percorso di trasformazione digitale per portare nuove competenze e le migliori tecnologie all’interno delle aziende.

Un processo di digital transformation che punti su una sorta di modello di “umanesimo digitale” in cui la digitalizzazione dei processi metta al centro l’uomo per dare vita a una nuova società intelligente che veda la rivoluzione digitale e le innovazioni della Quarta Rivoluzione Industriale compiute solo se estese a tutte le dimensioni e sfere della società per contribuire a migliorare la vita quotidiana delle persone.

Nella visione M5stelle non sfugge la visione di una comunità di aziende innovatrici interessate a restare in rete e sperimentare dando vita a case history eccellenti che possano servire come modello di riferimento per altre imprese. Una visione da network aperto e non verticistica dove i grandi gruppi dettano legge. Il tutto ovviamente con le imprese in rete con istituzioni e centri di ricerca nazionali e internazionali: dal sistema universitario e della ricerca, ai Digital Innovation Hub, ai Competence Center (chiarendo meglio cosa fanno gli uni e gli altri).

Le proposte Confindustria

In fondo il Centro Studi di Confindustria, in vista delle prossime scelte di politica economica, dice al Governo la stessa cosa: “Bisogna allargare il più possibile la platea delle imprese coinvolte nella trasformazione digitale e sostenere le produzioni di macchinari innovativi”, “E’ indispensabile uno sforzo aggiuntivo negli ambiti dove la politica industriale finora ha inciso meno: da un lato la formazione e l’inserimento di competenze tecniche e manageriali all’interno delle imprese, dall’altro il coordinamento degli investimenti 4.0 lungo le filiere, che riguardano anche i rapporti tra mondo produttivo e mondo della ricerca”.

E il Centro Studi confindustriale, a proposito della questione centrale delle competenze prosegue: “L’impegno deve riguardare non solo il supporto alla domanda da parte delle imprese, ma anche l’ambito dell’offerta formativa: serve avviare un progetto nazionale sull’orientamento professionale dei giovani, rafforzare il ruolo degli Its (che nel 2017 in Italia contavano solo 9 mila studenti, contro i 760 mila della Germania e i 530 mila della Francia), integrare, in un percorso organico, le esperienze di alternanza scuola-lavoro e i diversi percorsi in apprendistato, che includano anche una tipologia dedicata alle tecnologie 4.012, nonché rafforzare i dottorati industriali”.

Nelle prossime settimane vedremo l’attuazione delle prime decisioni, a partire dalla Legge di Stabilità 2019 e capiremo se questa è la nuova strada del “governo del cambiamento”.

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