Siamo inclini a pensare che per “transizione digitale” si intenda un processo finito, come un percorso che porta da un punto A ad un punto B.
Il punto B, invece, non si vede nemmeno lontanamente all’orizzonte; gli sviluppi tecnologici non sono solo in continuo divenire, ma diventano sempre più importanti e pervasivi.
Inventiva, pensiero critico, apertura al nuovo, “digital dexterity”
Ogni nuova tecnologia rappresenta un punto di non ritorno, un’acquisizione che cambia non solo il modo in cui facciamo qualcosa ma anche il nostro approccio a quella cosa e tutto ciò che le è intorno. Per fare un esempio, la possibilità di leggere un ebook invece di un libro cartaceo non cambia solo la definizione dell’oggetto “libro” in sé, ma va a modificare il processo attraverso il quale questo oggetto viene creato, la nostra modalità di fruizione, come utilizziamo questo oggetto.
È diverso il come eseguiamo alcuni compiti, è diversa l’infrastruttura che li supporta, è diverso l’output che viene prodotto.
Ci sono molti compiti che un tempo venivano eseguiti da persone e adesso sono automatizzati (pensiamo ai chatbot di supporto che forniscono informazioni come ci rispondesse un addetto al customer care).
Del resto, oggi più che mai (e domani più di ieri), la tecnologia digitale è dentro ogni aspetto della nostra vita e sta cambiando ogni settore: che si parli di domotica o di realtà virtuale o aumentata, come di cloud computing o app, quelle che sono oggi le nuove e principali tendenze tecnologiche domani saranno commodity.
“Trasformazione” è la parola chiave nel mondo della salute, dell’istruzione, dell’ambiente, delle imprese. Per queste ultime non si tratta solo di adottare modelli di business che includano l’impegno verso l’innovazione e l’acquisizione di profili tecnici con competenze verticali; per il successo aziendale di oggi e soprattutto di domani è necessario che i dipendenti abbiano anche nuove soft skills: inventiva, pensiero critico, apertura al nuovo, “digital dexterity”.
Proviamo qui a spiegare perché il successo della transizione digitale di un’azienda risiede in gran parte su quanto e come i dipendenti abbracciano il cambiamento e si impegnano per la sua attuazione: capiamo quindi cos’è la Digital Dexterity.
Che cos’è la digital dexterity
La digital dexterity (spesso abbreviata in DD o digidex) è un insieme di competenze e attitudine, è la capacità di sfruttare gli strumenti e le strategie digitali appropriati per risolvere problemi, comunicare e creare nuove conoscenze. Si tratta di adattabilità tecnologica, non solo di abilità nell’utilizzo: più che a competenze tecniche fa riferimento ad un mindest, un approccio positivo e propositivo anche di fronte a strumenti sconosciuti in quel momento, a nuovi processi e tecniche nell’ottica di crescita e sviluppo di nuove competenze. Un’innovazione digitale non viene vista con difficoltà ma come opportunità.
Per questo è legata non solo al pensiero analitico ma anche a creatività, adattabilità, flessibilità, agilità cognitiva. Fa capo a caratteristiche della persona, al suo sviluppo psicologico, a prescindere dallo stato di conoscenza tecnica.
Le caratteristiche psicologiche della digidex
Spesso si pensa che ciò che sostiene la trasformazione digitale siano le tecnologie. Il che è vero, non si può prescindere dalle tecnologie più avanzate e valide. Ma non basta. Perché le tecnologie siano sfruttate al massimo delle potenzialità è necessario che chi le usa sappia come farlo al meglio, ne conosca le capacità, abbia un approccio propositivo e aperto, che sia motivato a farlo. Tutti aspetti che non fanno capo a competenze tecniche ma a caratteristiche dell’individuo e al suo comportamento.
Un’organizzazione che si focalizza del tutto sull’implementazione di tecnologie senza considerare come esse vengono accolte dai propri dipendenti rischia di perdere delle opportunità.
I dipendenti sono a tutti gli effetti i consumatori finali, sono i reali fruitori delle tecnologie dell’azienda e quelli che col loro agire su di esse ne determineranno l’effettiva efficacia. Sono loro che supportano gli obiettivi di trasformazione e ottimizzazione degli asset digitali dell’impresa, grazie ai quali un modello di business viene attuato e sfruttato al meglio. Per far sì che ciò accada, bisogna considerare anche il loro punto di vista.
Il successo della transizione digitale di un’azienda risiede in gran parte su quanto e come i dipendenti abbracciano il cambiamento e si impegnano per la sua attuazione: più dinamico e versatile è il loro rapporto con la tecnologia, tanto più saranno produttivi ed efficienti perché in grado di adattarsi autonomamente, risolvere problemi, lavorare con le automazioni risparmiando tempo produttivo, costi ed energia.
I dipendenti sono persone ed in quanto tali hanno bisogni, aspettative, idee e motivazioni.
Innovatività ed efficacia
In particolare sono due le caratteristiche di personalità legate ad un alto livello di digital dexterity: innovatività ed efficacia. Entrambe, insieme, concorrono a definire la percezione (positiva o negativa) verso una tecnologia e l’atteggiamento ed il comportamento verso l’esecuzione di determinati compiti.
L’innovatività, in letteratura innovatività personale (PI), è uno dei principali predittori del comportamento. Chi ha un alto livello di questo fattore tende ad avere un rapporto positivo con tutto ciò che è nuovo, che non hai mai visto o usato, che non è tradizionale, si sente a suo agio ed è disponibile nello sperimentare qualcosa di inedito con cui si rapporta in maniera curiosa, entusiasta e creativa. Ha, appunto, un mindset innovativo.
Per quanto riguarda l’efficacia, la digital dexterity tiene conto di due componenti: l’autoefficacia (self-efficacy, SE) e l‘efficacia tecnologica (technology self-efficacy, TSE). Lo psicologo statunitense Bandura negli anni Novanta teorizzò per primo che a guidare una prestazione fosse anche la convinzione dipotercelaa fare o no, ovvero proprio l’autoefficacia, che è l’insieme delle convinzioni che si hanno su quanto si è capaci o meno in certi ambiti. La propria credenza su quanto si è abili in qualcosa finisce per determinare come ci comportiamo quando siamo di fronte a questa cosa: chi ha una bassa autoefficacia attuerà comportamenti di rifiuto, evitamento, con prestazioni basse che quindi determineranno l’insuccesso; viceversa, chi ha alta autoefficacia ha molte più probabilità di avere successo perché si comporterà in maniera positiva. In secondo luogo, avere bassa o alta autoefficacia determina come ci si rapporta con l’ambiente ed è una condizione per lo sviluppo di nuove esperienze e capacità. Alta autoefficacia vuol dire anche alta motivazione, una buona consapevolezza dei propri mezzi e delle proprie abilità ed un impatto positivo sulla motivazione ed il cambiamento.
L’autoefficacia è insomma l’approccio col quale affrontiamo le circostanze, che siano esse un problema o un nuovo strumento sconosciuto.
E qui si lega l’altra faccia della medaglia quando parliamo di efficacia in relazione alla digital dexterity: l’efficacia tecnologica (technology self-efficacy, TSE), ovvero l’insieme di credenze su come ci rapportiamo alla tecnologia, quanto ci percepiamo abili nell’affrontare attività e compiti in ambito digitale. Analogamente alla self-efficacy, questo insieme di credenze orienta il nostro comportamento: se siamo convinti di “essere negati” per le nuove tecnologie difficilmente ci approcceremo con positività, flessibilità e curiosità ad un nuovo strumento.
Autoefficacia ed Efficacia Tecnologica rappresentano insieme un aspetto fondamentale della digital dexterity: quanto quello che pensiamo di noi stessi influenza il nostro rapporto con la tecnologia e, non da ultimo, l’utilizzo che ne facciamo.
Digital dexterity nelle organizzazioni
Qualsiasi sia la tecnologia cui facciamo riferimento, ci sarà qualcuno che dovrà occuparsene. Qualcuno che la dovrà implementare, qualcuno che la dovrà utilizzare, qualcuno che la dovrà ottimizzare.
Se cambiamo punto di vista e consideriamo i dipendenti anche come utenti finali di queste tecnologie, vediamo come occuparsi dei loro bisogni, approcci, motivazioni, opinioni non è secondario. Il loro grado di coinvolgimento verso la transizione è strettamente legato ad alcune caratteristiche di personalità.
I dipendenti con livelli più elevati di digital dexterity sono più produttivi ed efficienti: sono in grado di risolvere i problemi autonomamente, risparmiando così tempo e costi.
Come migliorare questa soft skill
Ma come fare a migliorare questa soft skill?
Prima di tutto effettuare una reale transizione, adottare le tecnologie più avanzate e farne esperienza pratica nella pianificazione, implementazione, utilizzo. Solo così si è in grado di avere una baseline da cui partire per analizzare le reazioni ed i comportamenti dei dipendenti ad ogni livello. Successivamente, grazie a questo primo step, vengono identificate le aree su cui fare formazione mirata e definiti processi per la condivisione e collaborazione. È molto importante non trascurare lo sviluppo personale e professionale dei dipendenti, tenendo in considerazione anche singolarmente ogni esigenza.
A fare da apripista devono essere le figure apicali alle quali è demandata la responsabilità di fungere da esempio, incentivare un clima aperto, innovativo, formativo e collaborativo.
Formare team interfunzionali mettendo in contatto know-how trasversali, dare obiettivi chiari e condivisi, creare un hub di innovazione dove ci si senta incoraggiati a condividere nuove idee in un clima aperto, assunzione di talenti con una mentalità innovativa: tutto questo rappresenta un vantaggio competitivo nello sviluppo del business.
La sinergia tra i diversi livelli dell’organizzazione porta a collaborazione e cambiamento e in ultima analisi ad un miglioramento del cosiddetto QI organizzativo, ovvero la capacità di un’organizzazione di reagire rapidamente ai cambiamenti e di adeguare le proprie attività di conseguenza.
Perché è importante la digital dexterity
Transizione digitale e corretta adozione delle tecnologie da parte dei dipendenti sono due cose diverse.
La digital dexterity è una competenza ‘soft’, una abilità non tecnica ma altrettanto fondamentale perché l’innovazione entri davvero a far parte delle routine dei processi di un’azienda. Si tratta di un’abilità che si perfeziona nel tempo, con l’esperienza ed in un contesto che incentivi la flessibilità, la crescita personale e l’autoefficacia, ampliando il focus non solo agli obiettivi dell’organizzazione ma anche a quelli individuali del singolo.
Sviluppare e accrescere la digital dexterity vuol dire lavorare sulle abilità cognitive dei dipendenti, dargli supporto e formazione a lungo termine, dandogli la possibilità di potenziare competenze trasversali e di ampia portata.
Conclusioni
La letteratura al momento non offre basi scientifiche solide; ricerche future ne indagheranno l’impatto sulle prestazioni e quanto sia determinante nello sviluppo di un business, fornendo evidenze che supportino le aziende nell’implementazione di iniziative digitali basate sui risultati.
Quello che sicuramente sappiamo oggi è che le competenze tecniche da sole non bastano più; occorre avere team agili e abili nel comprendere ed orientarsi nel continuo progresso tecnologico, supportarli nella loro crescita e mantenersi aperti la nuovo, creativi e flessibili.
Bibliografia
Ahmed, W., Hizam, S. M., & Sentosa, I. (2022). Digital dexterity: employee as consumer approach towards organizational success. Human Resource Development International, 25(5), 631-641.
Bandura, A. 1997. Self-Efficacy: The Exercise of Control. Self-Efficacy: The Exercise of Control. New York, NY: US: W H Freeman/Times Books/Henry Holt.
Coetzee, M., & Veldsman, D. (2022). The digital-era industrial/organisational psychologist: Employers’ view of key service roles, skills and attributes. SA Journal of Industrial Psychology, 48, 1991.
Rahman, M. S., K. Myung, J. Warren, and D. Carpenter. 2016. “Healthcare Technology Self-Efficacy (HTSE) and Its Influence on Individual Attitude: An Empirical Study.” Computers in Human Behavior 58: 12–24.
Riera, C., & Iijima, J. (2019). The role of IT and organizational capabilities on digital business value. Pacific Asia Journal of the Association for Information Systems, 11(2), 4.
Soule, D. L., Puram, A., Westerman, G. F., & Bonnet, D. (2016). Becoming a digital organization: The journey to digital dexterity. Available at SSRN 2697688.
Yener, S., Arslan, A., & Kilinç, S. (2021). The moderating roles of technological self-efficacy and time management in the technostress and employee performance relationship through burnout. Information Technology & People, 34(7), 1890-1919.