Sembrerebbe oramai quasi pletorico continuare ad affermare che l’Internet of Things costituisce il driver per realizzare la “gigabit society”, che le smart city costituiscono l’unico modello economicamente e socialmente sostenibile (vista la crescente urbanizzazione a livello globale), che le infrastrutture digitali costituiscono il presupposto per il successo di quell’economia circolare, l’unica in grado di generare crescita economica e sostenibile.
Eppure se tanto è stato detto e fatto, la lista degli interventi è ancora lunga ed alcuni criticità permangano, soprattutto in tema di nuova edilizia, di recupero urbanistico e, quindi, di inclusione sociale e competitività del sistema Paese.
La normativa
Con il decreto legislativo n. 164/2014 – c.d. Sblocca Italia -, con particolare riferimento alle tematiche di cui trattasi, in sede di conversione del D.L n. 133/2014, è stato inserito con l’art. 6 ter, comma 2, l’art. 135 bis nell’ambito del Testo Unico sull’edilizia (DPR n. 380/2001) recante “Norme per l’infrastrutturazione digitale degli edifici”, con cui in sintesi è stato sancito l’obbligo – a partire dal 1° luglio 2015 – di prevedere, all’interno dei nuovi edifici o in caso di profonda ristrutturazione ai sensi dell’ art. 10, comma 1, lett. c), un’infrastruttura fisica multiservizi passiva costituita da adeguati spazi istallativi e da impianti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica fino ai punti terminali di rete. Tale obbligo con l’art. 8 del successivo decreto legislativo n. 33/2016 è stato esteso a tutti gli edifici esistenti che, laddove siano già dotati di un’infrastruttura fisica multiservizi, di cui diventano titolari, sono obbligati a fornire accesso agli operatori di rete che ne fanno richiesta, secondo termini e condizioni eque e non discriminatorie, anche con riguardo al prezzo. Nel caso in cui sorga una controversia, l’art. 9 del suddetto decreto legislativo prevede che ci si possa rivolgere all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, individuata quale organismo competente alla risoluzione delle controversie tra operatori di rete e gestori di infrastrutture fisiche o tra operatori di rete, che nel pieno rispetto del principio di proporzionalità adotta una decisione vincolante per risolvere la controversia anche in materia di fissazione di termini e condizioni equi e ragionevoli, incluso il prezzo, ove richiesto, secondo le procedure di cui alla delibera 449/16/Cons: l’Autorità non riveste, però, alcun ruolo consultivo in tale ambito.
Tali norme si inseriscono in un contesto normativo che sin dal 2002, con la previsione dell’obbligo di cavedi multiservizi, per rendere agevoli i collegamenti delle singole unità immobiliari, previsto dall’art. 40 della legge n. 166/2002, dimostra come per il legislatore italiano (ma non solo) sia indispensabile investire sulle reti (orizzontali e verticali) per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda digitale europea ed italiana.
Lo stato dell’edilizia 4.0 in Italia
Ma se il quadro normativo è estremamente favorevole alla realizzazione delle infrastrutture, considerando anche l’intervenuta semplificazione degli oneri amministrativi ed economici e gli “incentivi” concessi, di fatto lo stesso appare scarsamente noto e, quindi, di fatto inapplicato. Una recente ricerca sulle Smart City, realizzata dall’Osservatorio Internet of Things del Politecnico di Milano, dimostra, infatti, come il 63% delle iniziative avviate in tema di smart city siano ancora (ed a distanza di anni rimangano) in fase sperimentale e concentrate quasi unicamente su illuminazione intelligente o comunque su temi di risparmio energetico: pochissimi i progetti di ampio respiro di riqualificazione urbana e/o di recupero edilizio, diversamente da quanto accade, invece, in Europa.
Esemplare per tutti quanto è stato fatto ad Amburgo, ove progetti di redevelopment di edifici e/o di interi quartieri hanno aumentato l’attrattività della città, anche sotto il profilo della sicurezza, ridotto l’impatto ambientale e valorizzato l’economia di prossimità. E se è pur vero che l’Italia ha caratteristiche diverse “in quanto il nostro Paese è organizzato da secoli in città medio-piccole e lo sarà così anche in futuro”, come è emerso di recente nella conferenza “Fare città”, in cui è stata presentata l’ennesima iniziativa governativa in tema di smart city, è evidente che la situazione di stallo appare essere sostanzialmente legata ad una generale mancanza di competenze e, quindi, di governance, come confermato anche dalla sopracitata ricerca del Politecnico di Milano che ha fatto emergere come i Comuni chiedano soprattutto più formazione (38%), più linee guida (36%) e la condivisione delle best practice (34%).
Ultimi sviluppi e la roadmap futura
L’occasione per un cambio di passo per l’edilizia 4.0 può venire dalla recente presentazione dell’etichetta volontaria e non vincolante di “Edificio predisposto alla banda (ultra)larga”. Ma un passo importante è stato segnato anche da recenti Linee guida.
VEDI GLI ULTIMI SVILUPPI E I FUTURI PASSI
Che cosa serve
Adeguate competenze e modelli chiari di governance costituiscono, infatti, i pilastri di quel cambiamento, in cui lo sviluppo della banda ultralarga si integra con le tecnologie 5G a vantaggio delle imprese, dei cittadini, nelle case e nelle aziende. Se in ambito produttivo tale processo di cambiamento è stato trainato dal piano Industria 4.0 e dagli ingenti risparmi sul fronte della produttività (tra il 5% e l’8% dei costi), dall’aumento dell’efficienza e della flessibilità nella produzione (sempre più on demand), in ambito civile serve, invece, un salto di qualità, affinché gli impianti verticali nei building non diventino l’anello debole della catena ed un freno nello sviluppo dei servizi digitali. L’edificio deve essere considerato una sorta di hub, in grado di incidere fortemente sulla qualità della vita dei propri utenti e di abilitare la realizzazione della sopracitata “gigabit society”; perciò è importante che si intervenga sin dalla fase della progettazione degli edifici, considerando preventivamente i bisogni di connettività in building dei diversi utenti, per evitare costi più alti e disagi in caso di interventi successivi, cercando di conciliare la sicurezza e l’affidabilità della fibra ottica con l’economicità e flessibilità delle tecnologie wireless, nell’auspicato processo di integrazione tra banda ultralarga e 5G, a cui possono contribuire anche i nuovi protocolli di comunicazione wireless operanti nella banda 863-870 MHz, sebbene per ora solo in via sperimentale, data la mancanza di un adeguato quadro regolamentare per la gestione di tali sistemi, ma anche le stesse sperimentazioni pre-commerciali del 5G, di cui all’avviso pubblico del 15 marzo 2017.
Lo diceva Le Corbusier nel lontano 1923: “la casa è una macchina per abitare” e “l’architettura ha come primo compito, in un’epoca di rinnovamento, quello di operare la revisione dei valori e degli elementi costitutivi della casa”. Driver di questo rinnovamento sono certamente le infrastrutture digitali, i big data, i sensori e le soluzioni IoT, le tecnologie 5G, che vanno, però, consapevolmente adottati in nuovo modello di sviluppo immobiliare, in cui architettura, infrastrutture energetiche e digitali e dimensione socio-ambientale si integrano con e per nuovi servizi.
Si tratta di un cambiamento sfidante verso un’edilizia 4.0, per il quale, però, si rendono necessarie nuove competenze e nuove figure professionali, capaci di integrare negli edifici in modo strategico ed efficace le tecnologie innovative e le soluzioni intelligenti che evolvono sempre più rapidamente.
ECCO QUALI COMPETENZE SERVONO E PERCHE’