Serve un cambiamento culturale, per valorizzare e sfruttare le potenzialità della formazione in ambito Industria 4.0 e i relativi incentivi previsti nella Manovra 2019.
È quanto auspicano associazioni di categoria ed esperti, che hanno tirato un sospiro di sollievo per l’emendamento che in extremis ha incluso il tema formazione 4.0 nella manovra economica prevedendo la proroga di un anno delle agevolazioni: crediti di imposta del 50% per le piccole imprese e del 40% per le medie, con un tetto di spesa annuale di 300.000 euro, del 30% per le grandi aziende con un tetto annuo di 200.000 euro.
«Ha posto rimedio a un errore di valutazione», ha commentato Marco Taisch del Politecnico di Milano, «Si è corretto il tiro su un capitolo importante per sanare il gap di competenze digitali di cui soffre il nostro Paese», ha rilevato Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager.
Tuttavia, al di là dei provvedimenti politici, l’opinione generale è che in materia di formazione 4.0 serva una rivoluzione nella mentalità imprenditoriale e politica, per dare senso a incentivi e agevolazioni che pur se disponibili rischiano di risultare inutili qualora le aziende non considerino come una priorità lavorare sulle competenze del proprio personale. Questa tendenza è stata registrata anche dalla società di management consulting Deloitte, che in un report sulla percezione dei dirigenti riguardo all’avanzamento delle tecnologie 4.0 nelle imprese italiane rileva che solo il 18% degli investimenti è destinato allo sviluppo delle risorse umane, in contrasto con il dato globale del 40%.
Secondo lo studio, la maggior delle risorse è destinata alle nuove tecnologie relative ai processi (59%), al supporto ai clienti (54%) e alla produzione (38%). E molti, hanno la sensazione che sia la scuola a doversi occupare di formare i futuri lavoratori secondo le esigenze del mercato, sebbene gli strumenti per le aziende non manchino a cominciare dai competence center.
Sì agli incentivi, ma serve anche una nuova mentalità
La proroga di un anno dell’incentivo sulla formazione ha permesso di dare «continuità a quanto previsto finora in supporto alla formazione sulle tematiche dell’innovazione. Anzi, l’ampliamento della detrazione dall’originario 40% al 50% per le aziende di piccola dimensione è il segnale giusto per sostenere un’accelerazione del nostro manifatturiero», ha commentato ad agendadigitale.eu Cuzzilla. Al di là delle agevolazioni, il presidente dell’associazione dei manager industriali auspica il raggiungimento di un «umanesimo tecnologico, in cui le persone sono alleate delle macchine nella gestione della trasformazione digitale» perché «è attraverso l’aggiornamento delle competenze di chi sta in azienda che si determina o meno il successo di un business».
Il risultato secondo Cuzzilla può essere raggiunto solo se imprenditori e istituzioni lavorano a stretto contatto «per mettere in moto una riconversione del sapere industriale. La categoria che rappresento è in prima linea sia promuovendo occasioni di formazione che riguardano il management, sia sostenendo il cambio culturale in azienda dall’interno».
Le difficoltà dei diversi settori
Un cambiamento culturale aiuterà a preservare il lavoro anche in quei settori dove l’avvento delle tecnologie innovative ha portato cambiamenti consistenti. Secondo Maurizio Gardini, presidente di Confocooperative, «alcuni settori saranno più esposti alla riduzione di lavoratori sostituiti dall’automazione. In Italia, si stima che nei prossimi 15 anni saranno circa il 15% della forza lavoro, per oltre 3 milioni di lavoratori in agricoltura, nel commercio e nella manifattura. I lavoratori più qualificati saranno meno esposti». Una previsione che, aggiunge Gardini, «ci deve portare a un investimento straordinario nella formazione e nell’istruzione. In Italia, solo l’8,3% dei lavoratori sono impegnati in programmi di formazione permanente, al di sotto della media europea del 10,8%».
La necessità di una nuova cultura della formazione professionale è stata evidenziata anche da Marco Bussoni, presidente di Confesercenti: «Il problema è in generale la formazione continua generale. Nel campo del commercio e del turismo il turnover è preoccupante. Si pensi che delle imprese che hanno avviato la propria attività negli ultimi cinque anni, la metà ha già chiuso. Una formazione continua eviterebbe di fare investimenti sbagliati. Sono anni che presentiamo richieste, ma la risposta della politica è sempre che gli imprenditori paghino da sé. Questa è miopia, è necessario un processo culturale che porta ad acquisire le competenze».
A ostacolare il processo, le difficoltà quotidiane delle aziende alle prese con l’innovazione e talvolta vittime del digital divide: «Ci sono imprese in cui non si sa neanche usare il computer, se arriviamo a cose più complicate si ritrovano fregati», ha commentato Giovanna Ferrara, presidente di Unimpresa.
Le priorità 2019: con i competence center, zero scuse per le PMI
La ricerca Deloitte rivela che, in ambito formazione 4.0, in Italia viene avvertita la necessità di una riforma del sistema educativo, mentre a livello internazionale lo sguardo è rivolto a iniziative interne alle aziende. Per il 79% dei dirigenti intervistati dai ricercatori, è necessario pensare a una riforma completa del sistema di istruzione. L’opinione diffusa è che il cambiamento culturale sulla formazione debba partire anche dai banchi di scuola: «La formazione è importante a tutti i livelli, dalle scuole medie superiori agli executive. L’alternanza scuola lavoro è uno strumento fondamentale che non va toccato», ha sottolineato Taisch.
Per il docente, il problema attuale è che «ci sono giovani che hanno competenze che non sono quelle che il mercato del lavoro chiede. E così il tasso di disoccupazione giovanile è molto alto. I tecnici specializzati sono ancora troppo pochi e anche i soldi per fare gli ITS». L’importanza di questo tema per Taisch nella manovra economica «non è stato recepito». Per il 2019, «sicuramente una priorità è focalizzarsi sui competence center, strumenti utili su tutto il territorio. Per esempio, quello del Politecnico di Milano sarà costituito a gennaio con trentanove aziende. Le aziende non hanno scuse, devono rimboccarsi le maniche e sfruttare quello che gli è stato messo a disposizione».
Per le PMI è necessario inoltre comprendere che, oltre al denaro, è indispensabile investire un altro prezioso bene: il tempo. Paolucci ha spiegato che essere formati nell’utilizzo di un macchinario significa conoscere ogni suo aspetto e ciò richiede pazienza: «Il percorso di formazione è complesso, non ci si può aspettareche in poco tempo venga formato il lavoratore. Non ci sonoricette per cui in sei mesi si chiude il gap. È necessario capire quali sonoi bisogni a tre-cinque anni, questo aiuta adefinire gli investimenti», ha commentato Paolucci. E ha aggiunto: «Per l’anno nuovo le PMI devono iniziare a capire qual è il gap dicompetenze che hanno e fare un piano e iniziare a riempirli. Non sarà facile, questo impegno richiede energieche la piccola dimensione non ha spesso a disposizione».
Cuzzilla invece auspica «che il mondo dell’impresa faccia ricorso al credito d’imposta e che, in conseguenza, tale genere di incentivo non sia limitato solo al 2019 ma trovi la continuità che merita negli anni a venire. Bisogna insistere sul tema della formazione 4.0 con più misure possibili».