L’accelerazione delle tecnologie digitali sta per avere un impatto senza precedenti sull’occupazione nelle società avanzate. Stiamo per assistere alla convergenza di diversi processi evolutivi, tutti volti a sostituire le attività lavorative esistenti:
· L’Industry 4.0 realizza una muova fase dell’automazione industriale. Nelle fasi precedenti la meccanizzazione aveva già ridotto gli operai dell’industria, superati fin dagli anni ’70 per numero dagli impiegati del terziario.
· L’intelligenza artificiale è in grado invece di rimpiazzare con automi digitali su Internet, i “Bots”, molti ruoli professionali nei servizi, dai call center ai promotori finanziari. Anche i motori di ricerca, i traduttori automatici, i sistemi di guida e visione artificiale sono esempi di applicazioni dell’intelligenza artificiale in grado di sostituire attività umane.
· La Sharing Economy si basa sulla condivisione di beni privati che si trasformano in servizi (ad esempio l’auto per Uber, la casa per Airbnb), in concorrenza con figure professionali consolidate come taxisti e albergatori.
· I social media partecipativi mettono in crisi il ruolo degli editori ricorrendo a contenuti creati e condivisi gratuitamente dagli utenti.
· L’ecommerce è destinato a crescere progressivamente riducendo la quota della distribuzione commerciale classica, e i relativi occupati.
La dialettica accumulazione vs redistribuzione
Possiamo quindi attenderci una drammatica polarizzazione tra l’accumulazione della ricchezza nelle mani dei pochi protagonisti dell’automazione digitale – in particolare le Global Internet Company – e l’aumento generalizzato della disoccupazione.
Questo processo ormai evidente e preoccupante sta già determinando una reazione antitetica: diversi movimenti politici nelle democrazie occidentali, anche di segno opposto, stanno iniziando battaglie per la redistribuzione della ricchezza, o per un rallentamento dell’innovazione quasi in chiave neoluddista.
In questo quadro si inseriscono anche i pronunciamenti recenti di protagonisti del settore Hi-Tech come Elon Musk, a favore del reddito di cittadinanza, e di Bill Gates, per la tassazione dei robot.
Nel breve e medio termine la dialettica e il conflitto sociale sono destinati ad acuirsi. Il modello di capitalismo emergente, basato sull’alleanza tra tecnologia, finanza e politica progressista, è in piena corsa e la rapida affermazione di nuove piattaforme non può che radicalizzare il processo di accumulazione della ricchezza. Tra le innovazioni emergenti citiamo ad esempio l’auto a guida autonoma e i droni per la logistica che minacciano l’intera categoria degli autisti, i Bots sempre più diffusi in rete che tendono a sostituire ruoli di assistenza e vendita, e così via.
Non si prospettano peraltro, nel medio termine, evoluzioni socioeconomiche in grado di rimpiazzare rapidamente tutti i posti di lavoro sostituiti dall’automazione digitale, che secondo alcune ricerche in UK possono mettere fuori gioco oltre il 50% dei lavoratori attuali. Per questo motivo vengono prospettate dagli stessi protagonisti della tecnologia forme esplicite di ammortizzazione sociale come il reddito di cittadinanza o la riduzione dell’orario lavoro a parità di reddito, o nuove politiche fiscali come la tassazione dei robot. Dobbiamo quindi aspettarci una fase difficile, che potrebbe durare oltre un decennio, il tempo necessario per la graduale affermazione delle nuove tecnologie e per la diffusione degli effetti occupazionali correlati.
Sintesi possibili: economia del tempo libero e nuove professioni
Tuttavia, la storia insegna che l’automazione aveva già ridotto gli occupati prima nell’agricoltura e poi nell’industria, ma ha anche reso possibile lo sviluppo delle nuove professioni del terziario.
Vediamo quindi di immaginare una sintesi positiva, dopo le tesi-antitesi dell’accumulazione e redistribuzione della ricchezza.
Certamente va prevista una nuova fase di riduzione del tempo dedicato al lavoro, che già nel ‘900 aveva portato all’avvento delle 8 ore lavorative, della pensione, del week end e delle ferie. Elon Musk ha dichiarato “la gente avrà tempo di fare altre cose, più complesse e interessanti, certamente avrà più tempo libero”. Proiettandoci nel 2030, scopriamo che diverse istituzioni internazionali vedono nel turismo il principale settore economico.
Le opportunità per l’Italia
Ecco quindi una prima grande opportunità per l’Italia, che per decenni è stato la prima destinazione turistica internazionale. Rifocalizzando gli asset classici (natura e cultura) e i nuovi attrattori legati al successo del Made in Italy, l’Italia potrà giocare un ruolo chiave nella futura “economia del tempo libero”. Un comparto che può alimentare anche altre attività di alto profilo, come l’intrattenimento, la cultura, la formazione, lo sport, settori che stanno già creando nuove opportunità occupazionali.
Nello specifico, è prevedibile lo sviluppo di opportunità professionali legate sull’Italian way of life, e alla creazione di experience nel food, nell’agroalimentare a km 0, nello shopping e nel marketing globale delle qualità italiane.
I mestieri post automazione digitale
Va detto che molti mestieri rimarranno indenni dall’impatto dell’automazione digitale, ad esempio le professioni legate alla cura della persona e alla terza età derivante dall’inerzia demografica globale, all’artigianato e all’agricoltura di qualità, alle riparazioni domestiche, all’educazione. Modifiche culturali possono permettere di rendere desiderabili mestieri un tempo poco appealing, come è successo al cuoco negli ultimi anni.
Infine, nasceranno nuovi mestieri, grazie alle tecnologie digitali. Già oggi il web crea molti posti di lavoro specializzati, ad esempio i web designer e gli esperti di ecommerce, ma con la diffusione della larga banda potranno nascere attività di supporto al telelavoro, al consumo di contenuti digitali, alla sicurezza informatica. Interi settori emergenti, come l’Internet delle cose e le stampanti 3D, sono alla ricerca di nuove figure professionali. Tecnologie ancora in fase di sviluppo, come la realtà aumentata e la realtà virtuale, possono creare nuove fìgure professionali, ad esempio creativi per la pubblicità, i cataloghi e il packaging in AR, esperti di simulazione formativa, curatori di musei e mostre virtuali, registi di film a 360 gradi.
In definitiva, non esistono soluzioni automatiche e neppure facili, ma l’aspettativa migliore nel medio-lungo termine è che grazie ad una necessaria e laboriosa mediazione politica e culturale, l’evoluzione tecnologica riesca a ridurre l’impronta ecologica della società industriale ottimizzando le risorse, e a rendere più sostenibile lo sviluppo, alimentando anche una nuova economia verde e creativa.
Per approfondimenti multimediali: vedi la conferenza “Futuro Digitale” alla Biblioteca Cantonale per la Fondazione Mobius a Lugano https://www.youtube.com/watch?v=lWyF5hR9tQc&t=2355s