Una nuova ondata di robot sta arrivando nell’industria 4.0 a livello globale. In un mondo a corto di lavoratori, a causa del fenomeno della Big resignation negli USA o della denatalità in Italia, i business leader non vedono l’ora di dar loro un caloroso benvenuto.
“Nel mondo oggi ci sono 3,5 milioni di robot che lavorano nelle industrie del mondo”, commenta Domenico Appendino, ingegnere,
Presidente di SIRI (associazione italiana di robotica ed automazione) che fa parte di IFR (International Federation of Robotics).
Ecco in quali settori si diffondono, quali mansioni svolgono, sia nel mondo che in Italia, e la case history della multinazionale italiana Brembo.
I robot nell’industria: in quali settori operano e cosa fanno
I robot industriali nel mondo ha raggiunto il massimo storico. La cifra supera la popolazione media di ogni città USA, ad eccezione delle megalopoli New York e Los Angeles.
Innanzitutto, i “robot industriali” sono “manipolatori flessibili e riprogrammabili”, continua l’ingegnere Domenico Appendino, partendo dalle definizioni.
“Oggi le applicazioni più importanti nel mondo sono:
- la manipolazione (carico/scarico macchine utensili, manipolazioni complesse);
- la saldatura (in tutte le sue manifestazioni);
- l’assemblaggio;
- applicazioni in camera pulita eccetera”, mette in evidenza l’ingegner Appendino.
I robot alla Brembo: aumenta la produttività
Come case history italiana dell’uso dei robot nell’industria 4.0 abbiamo scelto la multinazionale Brembo, il colosso bergamasco della componentistica auto e moto da 2,77 miliardi di fatturato nel 2021 (+25.8% sul 2020). L’anno scorso l’azienda, che vanta fra i clienti Porsche, Ferrari, Bmw Mercedes e Aston Martin, ha investito il 6% del fatturato in ricerca e sviluppo.
In Brembo i nuovi freni prevedono un complesso iter che conta migliaia di ore fra collaudo e test. Alle fasi di progettazione e simulazione computerizzate, si alternano i test dei prototipi. La ricetta comprende anche banchi di prova automatici: non si interrompono mai, lavorano sempre (24/7), minimizzano i tempi di sviluppo, simulando i circuiti dei campionati mondiali e perfino le discese dalle Alpi.
“In Brembo l’automazione ha come scopo l’eliminazione di postazioni a bassa ergonomia“, spiega Mario Piccioni, Chief Industrial Operations Officer della Brembo, “la garanzia del massimo livello di qualità attraverso posizionamenti precisi dei particolari in specifici macchinari e l’aumento della produttività grazie alla riduzione di attività manuali a non valore aggiunto“.
“Si declina all’interno dell’intero processo produttivo, attraverso l’utilizzo di moduli autonomi di produzione gestiti da remoto, che si concentrano maggiormente sulla movimentazione di particolari in ambito inter-operazionale, e movimentazione elementi di imballaggio, sul posizionamento particolari per operazioni di assemblaggio, lavaggio e sbavatura, sull’integrazione e concatenamento di operazioni e sulla movimentazione autonoma“, conclude Mario Piccioni.
Più di quanto immaginiamo, in futuro dipenderemo dai robot nel settore agricolo, nella manifattura, nella cura degli anziani. Lo prevedono ricercatori, economisti, ingegneri e business leader.
“Andando a vedere i settori che più impiegano la robotica”, prosegue il Presidente di SIRI, “fino al 2020 il settore principale era l’Automotive, superato quest’anno – per numero di robot venduti – dall’Elettronica, seguito poi dalla Meccanica. Quindi oggi la grandissima diffusione dei robot installati appartiene all’Elettronica, seguita dall’Automotive, dalla Meccanica e così via”.
Su scala globale, infatti, a trainare l’adozione è la diffusione di robot nell’Automotive, grazie alle nuove mansioni. Ora i robot sono in grado di scegliere i pezzi ed operare su altre macchine. Inoltre svolgono attività che richiedono maggiore destrezza e flessibilità. Ad arricchirli sono un pizzico di intelligenza artificiale e machine vision.
“Per numero di robot venduti ed installati, in Italia al primo posto si conferma la Meccanica, seguita dall’Automotive e dal settore del Food”, mette in evidenza l’ingegnere Appendino.
“Oggi l’Italia occupa la sesta posizione stabile nel mondo, per vendite ed istallati, dopo l’ingresso di alcuni paesi dell’Estremo Oriente, e la seconda in Europa, dopo la Germania. Ma in questi ultimi anni l’Italia è in grande crescita, nel 2021 ad esempio +65%, contro il +51% della Cina, +22% del Giappone, +14% degli Usa, +2% della Sud Corea e +6% della Germania. La Germania corre meno di un decimo dell’Italia, grazie al settore della Meccanica italiana”, illustra l’ingegner Appendino.
La Cina, che ha costruito la sua potenza come la fabbrica del mondo con la più grande forza lavoro a livello globale, negli ultimi anni sta diventando il più grande Paese dove lavorano più robot. Pechino detiene oltre la metà di tutti i robot industriali installati nel 2021.
Nel 2020 ha raggiunto quota 62 mila di robot installati nell’industria automotive, raddoppiando le installazioni rispetto all’anno precedente.
In Giappone, una delle più avanzate economie del mondo, la “robot density” nel settore manifatturiero, il rapporto fra robot e umani, ha registrato un incremento del 30% fra il 2017 e 2020. Accade dopo oltre un decennio di calma piatta, secondo l’International Federation of Robotics e la società di ricerca Bernstein.
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I robot di servizio
Nessuno tiene un censimento dei robot di servizio, ma superano le mille unità le aziende che li producono. Dieci volte il numero dei robot industriali.
Si attesterebbero dunque a 121 mila i service robot installati nel 2021. Ma la cifra è sottostimata secondo Susanne Bieller, segretario generale della Federazione di robotica. Fra il 2020 e il 2021, il numero dei robot di servizio installati annualmente a livello globale è aumentato del 37%. Hanno superato il 31% di crescita nel numero annuale di robot industriali installati nello stesso periodo.
Il robot industriale di “servizio” in genere circonda ogni robot non imbullonato al pavimento. Sta crescendo a ritmo veloce. Dimostra di essere in grado di eclissare quelli industriali tradizionali.
I robot di servizio includono i robot che puliscono i pavimenti in autonomia da Walmart. Ma spaziano anche dai delivery robot a quelli mobili per scaricare dai camion.
Cenni storici sui robot nell’industria
I robot nell’industria “nascono nel ’61 per andare nelle Pmi, a servizio delle attività dannose. Aiutano l’uomo a lavorare in situazioni critiche e aiutano le aziende ad essere più produttive”, spiega Domenico Appendino.
“Il primo robot, in General Motors nel 1961, aiutava l’uomo a scaricare pezzi caldi e pesantissimi dalle presse. Il secondo robot era dedito alla saldatura, un’attività pericolosa, anche per i dannosi gas emessi”, sottolinea il Presidente di SIRI.
“L’Italia vanta alcuni primati in ambito robotico: SIRI ha anticipato di 12 anni la nascita dell’IFR. L’Italia ha occupato per anni la quarta posizione, dopo il Giappone, Usa e Germania. Il Paese del Sol Levante rifiutava l’ingresso di manodopera straniera, preferendo la strada dell’automazione”, conclude Appendino.
Il fenomeno della Roboconomy
Le cifre in gioco dimostrano le potenzialità di un cambiamento titanico nella produzione, nel trasporto e perfino nel consumo. Ciò dà origine al fenomeno che è noto come Roboconomy.
Anche gli scettici stanno cambiando idea. Perfino Elon Musk, nell’era della carenza di manodopera, si è rimangiato un vecchio tweet ed è salito a bordo del camion a guida autonoma.
Un mese fa, infatti, il miliardario ha anche svelato un prototipo di un robot umanoide, noto come Optimus, che Tesla pensa di vendere a meno di 20 mila dollari. L’azienda delle auto elettriche ne pianifica l’utilizzo nella produzione automobilistica.
Jay Huang, analista di Bernstein, afferma che gli ultimi 4 anni sono solo l’ouverture di una “Rinascimento Robotico”. Questa tendenza segna una vasta e robusta adozione dei robot. Ed è destinata a continuare.
L’invecchiamento della forza lavoro e questioni demografiche sono alla base della carenza di lavoratori. Il worker shortage affligge il mondo. A partire dal 2018, il labor shortage è peggiorato secondo Dave Steck, vice presidente dell’IT infrastructure and application development presso Schnuck Markets, che opera in 112 supermercati negli Usa. Ma in pandemia la carenza di lavoratori si è acuita.
Non mandano i certificati di malattia
L’acquisto di un robot lava pavimenti di Tennant – con a bordo il software di Brain Corp di San Diego – ha superato le aspettative: nello shine-meter il robot ha superato gli umani. Inoltre l’azienda ha risparmiato il budget dedicato alle pulizie.
A livello mondiale sono oltre 20 mila i cleaning robot autonomi dotati del software di Brain. Il doppio rispetto a gennaio 2020, secondo Michel Spruijt, chief revenue officer dell’azienda. Del resto, hanno un vantaggio: lavorano sempre, non mandano certificati di malattia.
Le tre forze che trainano i robot nell’industria
La convergenza di tre forze sta trainando la robot renaissance. Al primo posto è la tendenza demografica in Paesi ricchi che dimostra che non ci sono abbastanza lavoratori, secondo Craig Webster, scienziato politico e professore associato della Ball State University che ha scritto un articolo in tema.
A supportare la sua analisi, pubblicata a giugno, sono gli economisti del Massachusetts Institute of Technology e della Boston University. Secondo gli esperti, più velocemente la forza lavoro invecchia, più rapido è il tasso di adozione dei robot.
Al secondo posto dei driver di crescita dei robot si piazzano le migliorate capacità dei robot. Risultano più efficaci e più veloci. Sono superiori sotto ogni punto di vista rispetto ai robot dell’industria Automotive della metà del ventesimo secolo.
“Sono robot differenti”, afferma Robert Playter, chief executive di Boston Dynamics, acquisita l’anno scorso da Hyundai Motor Group. L’azienda è diventata famosa sui telegiornali per un video in cui i robot danzano.
La nuova generazione di robot vanta mobilità e visione. Hanno una flessibilità mai vista finora nei robot presenti nel settore manifatturiero fin dagli anni 1960.
Il terzo fattore è una somma dei primi due. I costi in aumento del lavoro umano e l’aumento delle capacità dei robot fanno calare i costi complessivi. La spesa per i robot, secondo Huang di Bernstein, conviene.
In Cina, per esempio, un robot che può operare una machine tool in una fabbrica, svolge il lavoro di due o tre umani. Significa che il suo costo è ammortizzato in un paio d’anni.
Conclusioni
La robotica avanza a passi da gigante, generando un incremento di produttività nell’industria 4.0. La transizione digitale in atto però imporrebbe anche in Italia un ministero dell’Innovazione.
Invece il nuovo governo Meloni, appena varato, non ha nominato nessun ministro per il digitale, ma Alessio Butti è il nuovo sottosegretario alla presidenza del Consiglio per l’Innovazione. Dovrà gestire gli oltre 50 miliardi del Pnrr dedicati alla transazione digitale e all’innovazione.
Mentre i robot nell’industria corrono e pongono nuove sfide, occorre rispondere alla titanica rivoluzione industriale in fieri e alle complesse sfide future. A Palazzo Chigi, per il dopo-Colao, dovranno ragionare se un eventuale spacchettamento delle deleghe possa ostacolare un comparto in cui l’Italia e il Made in Italy è fra i primi della classe.