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Il capitale relazionale asset strategico per il business: come usarlo bene



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Nel 2024 l’approccio strategico al capitale relazionale, supportato da tecnologie AI, sarà cruciale per sviluppare business, affrontare incertezze e costruire alleanze strategiche. Ma è vietato improvvisare: serve una pianificazione accurata e di un monitoraggio costante

Pubblicato il 19 feb 2024

Benedetto Buono

Founding Partner presso Buono & Partners, Direttore del Professional Program in Business Networking della POLIMI Graduate School of Management



Crm,Customer,Relationship,Management,Business,Sales,Marketing,Technology,Concept.

Non è mai facile fare previsioni su possibili scenari futuri, in particolar modo quando si tratta di business. Quello che si può fare è raccogliere dati e segnali dell’anno appena passato e dei trend attualmente in corso e, dopo un’attenta analisi, provare a elaborare un’ipotesi a livello di mercato e settori degli elementi che potrebbero fare concretamente la differenza nel 2024, e di quali potrebbero essere gli strumenti chiave per affrontarli e utilizzarli a favore del proprio business.

Le variabili che influenzeranno il business nel 2024

Dalle nostre analisi, effettuate sulla base di decine di report e dossier delle principali case di ricerca, banche d’affari e società di consulenza globali, emerge come l’andamento dei mercati nel 2024 sarà influenzato da almeno tre variabili macroeconomiche: il livello di rallentamento dell’economia globale, la misura della (eventuale) diminuzione dell’inflazione e l’entità dei tagli ai tassi di interesse che saranno verosimilmente attuati dalle banche centrali.

In aggiunta, tali dinamiche saranno impattate da almeno un altro paio di elementi di natura politica e geopolitica, quali lo sviluppo di conflitti vari e, soprattutto, l’andamento delle elezioni negli Stati Uniti in novembre.

Intelligenza e soft skill per restare al passo con i cambiamenti

Ulteriori impatti deriveranno da alcuni megatrend, con particolare riferimento all’intelligenza artificiale, alla transizione energetica ed ecologica, alla nuova configurazione della globalizzazione e all’invecchiamento della popolazione.

L’insieme di questi fattori avrà conseguenze rilevanti sul quadro economico, sull’andamento dell’inflazione e sui mercati finanziari. In base a queste considerazioni di scenario, pensiamo che i tre macro-trend che maggiormente impatteranno il business in questo anno saranno, appunto, l’intelligenza artificiale, l’importanza crescente delle soft skills e la necessità di saper affrontare un mondo sempre più caratterizzato da continui cambiamenti tra volatilità, incertezza, complessità e ambiguità. In particolare, l’intelligenza artificiale sarà un settore cruciale in cui investire per restare al passo con i cambiamenti e gli sviluppi dei vari settori in cui si opera, un po’ come avvenuto negli ultimi decenni a seguito della trasformazione digitale. L’AI è uno strumento che non solo può apportare modifiche radicali all’economia globale, ma può diventare anche persuasivo fino a portare le persone a non poter più ignorare i suoi effetti. Il rischio di non saperla gestire correttamente, però, è altissimo e rischia di minare anche consolidate posizioni di leadership settoriali: da questo punto di vista, basta osservare cosa sta accadendo tra le big tech, con l’ascesa di aziende come Nvidia, l’accelerazione degli investimenti di Microsoft in OpenAI e le pressioni crescenti su Google, Amazon e Meta.

Il capitale relazionale come risorsa fondamentale

Kristalina Georgieva, direttrice generale del FMI (Fondo Monetario Internazionale), poco prima di partire per il World Economic Forum di Davos, ha dichiarato che l’AI avrà un impatto sul 60% dei posti di lavoro nelle economie avanzate: è un dato che non può lasciare indifferenti coloro che devono assumere decisioni strategiche. Anche a causa di tali cambiamenti tecnologici in atto e con la conseguente e crescente minaccia di essere sostituiti dalle macchine, infatti, è sempre più importante che le organizzazioni e i professionisti che le animano implementino le proprie capacità relazionali, di comunicazione, di ascolto e di resilienza – fondamentalmente le cosiddette soft skills – insieme alle per definizione imprescindibili hard skills. In un mondo del lavoro dove le intelligenze artificiali faranno meglio, in maniera più accurata e più velocemente i task basati sulle hard skills, è evidente che le nuove e alternative fonti di vantaggio competitivo delle organizzazioni saranno da ricercare attraverso le soft skills dei singoli individui che lavorano per le medesime organizzazioni.

Tra le soft skills, le power skills sono le più importanti e riguardano proprio tutte le capacità di relazionarsi con gli altri e con il mutevole mondo esterno. Chiarito ciò, è importante poi ricordare come il capitale relazionale sia costituito proprio dai legami sociali che interconnettono le persone le organizzazioni e che producono vantaggi individuali e collettivi. Il capitale relazionale è a tutti gli effetti una forma di capitale (alla stessa stregua del capitale finanziario e di quello tecnologico) e come tale deve essere inteso e approcciato nell’uso.

Per le aziende, sarà quindi fondamentale trovare un equilibrio tra finanza, tecnologie e competenze umane, per accogliere positivamente i cambiamenti in atto grazie alla capacità di riconoscere le competenze necessarie a costruire ecosistemi, partnership e dialoghi costruttivi con tutti gli stakeholders, adottando strategicamente la pianificazione, l’utilizzo e il monitoraggio del capitale relazionale a disposizione dell’organizzazione.

Il capitale relazionale sarà sempre più la chiave di volta che permetterà a imprese e organizzazioni di fare la differenza per generare un valore concreto e sostenibile da veicolare attraverso una strategia di successo, grazie anche alla possibilità di creare un dialogo aperto con gli innovatori e con gli stakeholder più importanti per le aziende, in pieno spirito di innovatori aperti al mondo e alle idee e opportunità esterne ai propri confini organizzativi. Sarà, di fatto, il vero asset strategico che permetterà di creare e cogliere nuove opportunità, oltre che fornire uno scambio di valori condivisi e di conoscenza. Appartenere a network diversificati e di valore, avere la capacità di coopetere (competere e cooperare contemporaneamente), allineare obiettivi e visioni anche inizialmente estremamente diversi, è oggigiorno una leva fondamentale per sviluppare il proprio business e per poter affrontare i grandi cambiamenti in atto nel mercato, generando innovazione e nuove idee, oltre che occasioni di sviluppo reciproco, a tutto beneficio dei consumatori finali e della creazione di valore, che dovrà essere condiviso con tutti gli stakeholders (e non soltanto, in accezione classica, con i propri shareholders).

La pianificazione strategica del capitale relazionale

È indubbio che la gestione del capitale relazionale non sia semplice e non è una strategia che può essere improvvisata. È necessaria a monte una pianificazione del suo utilizzo e della sua gestione, anche perché esso va costantemente monitorato, raccogliendo, analizzando ed elaborando dati chiave. Esistono poi una serie di strumenti tecnologici e piattaforme digitali, sempre più AI powered, che supportano in modo consistente la gestione stessa del capitale relazionale, consentendo di strutturare l’organizzazione delle informazioni e l’elaborazione dei dati raccolti, a tutto beneficio dell’operatività aziendale e della capacità decisionale dei top manager e degli imprenditori.

La sfida dei leader aziendali in un contesto di incertezza globale

I leader che si sono incontrati a Davos, appuntamento organizzato come ogni anno dal World Economic Forum, hanno incentrato le loro discussioni il tema dell’incertezza, aumentata a seguito delle guerre, dei problemi climatici e da un’economia globale che la maggioranza degli economisti vede un possibile rallentamento nel corso del 2024: un quadro da far tremare i polsi anche al manager più esperto e in grado di mettere in crisi qualsiasi pianificazione aziendale.

Strutturare alleanze strategiche, diversificare il proprio business e i canali di generazione dei ricavi, assumere professionisti in grado di dialogare con gli altri e trovare punti di equilibrio e incontro saranno alcune delle azioni che potranno supportare la tenuta delle organizzazioni e dei rispettivi business. Tutte queste strategie – e molte altre vincenti – si baseranno sulla capacità di approcciare strategicamente il capitale relazionale, investendo in formazione e sviluppo delle proprie persone e facendosi supportare dagli esperti del settore, che dovrebbero anche essere in grado di guidare sempre più i leader nella ricerca di una coesistenza vincente tra esseri umani e macchine nel proprio contesto aziendale.

Saranno quindi, anche nell’immediato futuro e come sempre, le relazioni e le strategie associate a fare la differenza.

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