nuovi scenari

Il primo piano industriale innovazione: ecco che serve, per il futuro dell’Italia

La pandemia ci sta aiutando a imporre la consapevolezza dell’urgenza di una trasformazione digitale. E ci dà anche le risorse, europee, per farlo. Ma ora è necessario cogliere questo impulso e farlo nostro, all’interno di una nuova politica industriale che regga il futuro del Paese. Per la prima volta

Pubblicato il 30 Nov 2020

Alessandro Longo
Alessandro Longo

Direttore agendadigitale.eu

Andrea Rangone
Andrea Rangone

presidente Digital360, professore Politecnico di Milano

italia digitale

L’innovazione che regge il futuro dell’Italia adesso segue tre filoni, che purtroppo finora sono stati scollegati.

  • Il sostegno delle nuove aziende dell’innovazione. Ossia startup e pmi innovative.
  • Il sostegno alla trasformazione digitale di tutte le aziende, pubbliche e private.
  • Il primo tassello scaturito dalla pandemia è il più ambizioso e va sotto il cappello del NextGenerationEU con il recovery fund, interventi ad ampio spettro per un futuro digitale e sostenibile.

In questo ultimo tassello c’è, in nuce, un nuovo spirito di innovazione Paese che l’Italia deve affrettarsi a fare proprio.

Sostegno a startup e pmi innovative

Siamo alla fine di un percorso cominciato quasi dieci anni fa.

È dal 2012, ossia dalla prima Agenda Digitale italiana, che il Paese si è reso conto di dover recuperare i ritardi nella costruzione di un’ecosistema di aziende innovative. Si è cominciato con il RestartItalia dell’allora ministro Passera, per poi arrivare agli incentivi 30% del ministro Calenda del 2017 su investimenti startup e pmi innovative, con un ritardo importante per l’interlocuzione con l’Europa.

Il meccanismo sembra più oliato adesso. Si  arrivati così a una potente leva di investimenti pubblico-privati con il Fondo Nazionale Innovazione l’anno scorso e quest’anno con i nuovi incentivi del decreto Rilancio. Di questo vediamo attuato, da qualche giorno, il Fondo Rilancio da 200 milioni, mentre si attende il decreto attuativo per gli incentivi fiscali 50% su investimenti.

Da Industria 4.0 a Impresa 4.0 a Transizione 4.0

Il secondo filone è più recente, lo si può datare con il ministro Calenda e il piano Industria 4.0 di incentivi fiscali alla trasformazione digitale del manifatturiero. Ambito che si è ampliato successivamente, come Impresa 4.0 e ora Transizione 4.0.

L’attuale legge di bilancio 2021, in via di conversione parlamentare, potenzia e stabilizza gli incentivi, potenzialmente di 24 miliardi di euro circa.

Next generation eu

Il Next Generation EU – un nuovo strumento per la ripresa da 750 miliardi di euro che rafforzerà il bilancio dell’UE con nuovi finanziamenti raccolti sui mercati finanziari per il periodo 2021-2024.

La Commissione vuole orientare lo strumento verso gli investimenti su digitale e sostenibilità.

Non è ancora chiaro l’impatto sul sistema Paese; l’Italia del resto ancora deve stanziare correttamente i miliardi disponibili. Dobbiamo anche stare attenti a evitare ritardi e inefficienze su questo fronte, perché sarebbe una mancanza irrimediabile per il futuro dell’Italia.

I fondi dovrebbero servire a una profonda trasformazione della nostra economia e società, verso un modello più sostenibile e digitale by default: per una pubblica amministrazione che lavori nativamente in digitale, ad esempio; per aziende che si dotino degli strumenti tecnologici necessari e delle competenze che servono in un’economia evoluta. Per avere infrastrutture digitali finalmente future proof equamente diffuse. Le priorità del Governo sembrano essere queste.

Un piano industriale dell’innovazione italiana

Lo spirito del Next Generation UE già ci mostra la strada, che però ora deve essere attuato – recepito, interiorizzato – da una visione nazionale italiana. Ossia uno spirito che metta assieme per la prima volta, in un modello coeso e integrato i filoni – qui ne abbiamo delineato tre, forse quelli portanti – con cui si è cercato di innovare il Paese.

L’Italia una vera politica industriale negli ultimi decenni non l’ha fatta. Si è limitata a guardare interessi di parte e di breve, incentivando e spingendo diversi comparti a seconda delle esigenze del momento. Questo vizio di fondo si vede anche ora, soprattutto nei primi interventi per il digitale. Sempre troppo verticali, settoriali; e con un orizzonte di breve periodo.

Adesso comincia a formarsi una narrazione diversa.

La pandemia ci sta aiutando a spingere in questa direzione. A imporre un senso di urgenza e di consapevolezza verso la trasformazione digitale. E ci dà anche le risorse, europee, per farlo. 

Ma ora è necessario cogliere questo impulso e farlo nostro, all’interno di una nuova politica industriale che regga il futuro del Paese.

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