Positivo che il Governo si sia messa all’ascolto delle piccole e medie imprese nel finalizzare gli emendamenti nella Manovra 2019; ma i problemi da risolvere restano tanti. E andranno affrontati se vogliamo davvero diffondere il digitale tra tutte le aziende italiane a partire dal prossimo anno.
Emerge questo dalle contrastanti reazioni delle associazioni di categoria alle misure previste per le PMI in ambito Industria 4.0, a quanto dicono ad Agendadigitale.eu.
Tutte le sigle concordano sul fatto che le micro e piccole imprese italiane abbiano bisogno di essere sostenute nell’affrontare la digitalizzazione, per non venire escluse dal mercato, ma che per raggiungere questo obiettivo servano alcune misure aggiuntive. Diverse per ciascun settore.
L’occasione per presentare le proprie istanze si è concretizzata con il tavolo sulle PMI organizzato martedì scorso al Mise con il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, incontro al quale hanno partecipato trentatré associazioni di categoria che poi si sono riunite una seconda volta venerdì per lo stesso motivo.
I gruppi convocati al Mise hanno raccontato la realtà imprenditoriale italiana dei loro associati, spiegando quali sono le criticità e i bisogni delle PMI italiane.
La paura di rimanere indietro
Ma è un sentiment che affiora anche nel recente studio “Industria 4.0: siamo pronti?” Della società di consulenza Deloitte, il 32% delle imprese italiane riconosce che investire in tecnologie 4.0 è fondamentale: tra le più utilizzate Cloud (51%), Mobile (64%) e Robotica (29%). Tuttavia, solo la stessa percentuale afferma di possedere le basi solide necessarie per supportare lo sviluppo delle nuove soluzioni tecnologiche. Il rischio è rimanere indietro.
Rossano Petti, vicepresidente nazionale Unimpresa con delega all’Innovazione tecnologica ha sottolineato questo aspetto, pur reagendo con soddisfazione al dialogo aperto con il Mise: “Tutto ciò che prevede incentivi, va benissimo – dice al nostro sito. In questo momento la maggior parte delle imprese soffre per i bilanci. Come dice il rapporto del Mise 2017-2018 su industria 4.0 le imprese che ne stanno usufruendo sono proprio poche, emerge che quelle che si servono delle agevolazioni sono quelle che hanno più di dieci dipendenti. Ma sappiamo che la maggior parte delle PMI in Italia sono microimprese, spesso familiari, o si tratta di professionisti, che attualmente non si servono del piano Industria 4.0”.
La paura dei piccoli imprenditori è quella di non riuscire ad adeguarsi e soccombere alla concorrenza. Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, ritiene che per i settori maggiormente seguiti da Confesercenti, cioè commercio e turismo, tra i più minacciati dalla digitalizzazione, servano più normative per preservare il lavoro. “L’online spesso opera con condizioni dal punto di vista della tassazione molto più agevolate rispetto alle reti tradizionali”, racconta ad Agendadigitale.eu. “C’è dunque un problema urgentissimo di regole. Bisogna trasportare i servizi della rete nei nostri esercizi, bisogna aiutare chi è considerato obsoleto a sembrare efficiente come le imprese che operano online”.
Le cooperative invece temono lo spettro del calo di posti di lavoro in seguito alla digitalizzazione. Maurizio Gardini, presidente Confcooperative, ha evidenziato: “Utili e persone vadano di pari passo. Sì all’innovazione, ma senza danneggiare l’occupazione. Non si possono sacrificare le persone sull’altare del profitto nel nome della digitalizzazione”.
Stefano Cuzzilla presidente di Federmanager, ha sottolineato invece l’utilità di una nuova figura professionale, quella del manager per l’innovazione: “Il voucher a favore delle piccole imprese che decidono di avvalersi di un manager per l’innovazione corrisponde in gran parte alla proposta di legge che Federmanager ha presentato nelle scorse settimane. È un’iniziativa che guardiamo con soddisfazione, ponendoci a disposizione del Governo per una sua piena attuazione attraverso l’individuazione delle figure idonee a guidare i processi di trasformazione digitale delle PMI”.
I problemi generali da affrontare per lo sviluppo delle PMI 4.0
Petti ha sottolineato anche l’urgenza di misure collaterali per risolvere problemi annosi e garantire alle piccole imprese il contesto adatto per procedere alla propria digitalizzazione. In primis, la capacità logistica: “In Italia abbiamo ancora imprese indietro perché mancano le infrastrutture. Le misure su robotizzazione e sicurezza informatica per esempio vanno bene per le aziende già eccellenti e grandi, ma quelle piccole soffrono di diversi problemi. Bisognerebbe concentrarsi sulle linee informatiche, sull’ultrafibra, oltre che sulle infrastrutture. Basti pensare che per le nostre isole, Sicilia e Sardegna, i tempi di consegna dei materiali per le imprese salgono a settantadue ore, non quarantotto come per il resto d’Italia”.
La necessità di lavorare su un contesto generale più adatto alla trasformazione digitale delle PMI, in particolare dal punto di vista dei fondi e dei finanziamenti, è stata citata anche dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che si è detto soddisfatto dell’apertura del Governo alle associazioni, già dal giorno precedente all’incontro aveva messo in guardia dai rischi che possono limitare lo sbarco delle PMI nella quarta rivoluzione industriale: “Se si vuole la crescita ma poi si depotenziano strumenti quali: Industria 4.0 e super-ammortamenti, si dimezza il credito d’imposta di ricerca e sviluppo, non si allocano tutti i fondi per i crediti di imposta e investimento nel mezzogiorno, si dibatte sulla chiusura dei cantieri, ecco, in questo contesto è veramente difficile avere un affetto sull’economia reale”.
La crisi del settore è invece la zavorra che ancora le imprese edili, precludendo loro anche la strada della digitalizzazione. Gabriele Buia, presidente di Ance – Associazione nazionale costruttori edili, auspica l’apertura di un tavolo appositamente per la crisi dell’edilizia: “Occorre porre la massima attenzione sulla gravità della situazione del settore che perde ancora occupazione dopo dieci anni di crisi – dice al nostro sito. La Legge di bilancio poggia su una previsione di incremento cospicuo degli investimenti pubblici, ma senza interventi immediati per semplificare le procedure e sbloccare la spesa sarà impossibile rispettare queste previsioni. Le imprese sono asfissiate dalla burocrazia e dalla sedimentazione normativa”.
Perché chiudere Industria 4.0 avrebbe causato problemi alle PMI
Marco Taisch, professore al Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria gestionale, ha apprezzato l’avvio del dialogo tra il Governo e le associazioni in rappresentanza delle PMI. Taisch ha evidenziato che “le piccole e medie imprese vanno aiutate in tutte le loro iniziative, anche se è pur vero che non sono tutte uguali. Alcune sono virtuose, altre soffrono in maniera significativa”.
Secondo Taisch, il piano Industria 4.0 andava già incontro alle PMI così com’era: “Viviamo un periodo di forte rinnovamento tecnologico perché le tecnologie 4.0 sono molto impattanti e sono una grande occasione. È necessario proseguire il piano nazionale, che andava già nella direzione delle PMI, era già accessibile. Ma era velleitario pensare che nel corso del 2018 le PMI avrebbero capito come servirsi degli incentivi e li avessero usati”. Dunque per Taisch “l’errore sarebbe stato chiudere il piano, avrebbe causato un problema alle piccole imprese, non alle grandi. Oggi se le aziende vogliono competere, devono adeguarsi. Aumenta la produttività delle aziende che adottano il piano, ci sono le evidenze”.
Durante l’incontro di venerdì è stato fissato un cronoprogramma per affrontare le tematiche presentate dalle associazioni. Il prossimo incontro è previsto a gennaio.