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Industria 4.0, 5 punti urgenti per rilanciare il piano del Governo

Il piano sta andando bene, ma ci sono alcuni aspetti che vanno sistemati subito per passare alla seconda fase. Eccoli, come emerso da un recente evento organizzato alla Camera da Digital360

Pubblicato il 19 Ott 2017

Gianni Potti

Presidente Fondazione Comunica e founder DIGITALmeet

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La scorsa settimana si è tenuto alla sala delle aulette parlamentari della Camera il Summit Industria 4.0 promosso da Digital 360 e organizzato da questa testata.

Sono state dette tante cose interessanti nel fare un punto del piano italiano verso l’Industria 4.0, ma quelli che seguono, ritengo siano i punti cardine dai quali ripartire per la fase due del piano, quella della vera e piena attuazione.

1- far partire con urgenza i competence center. Urge sbloccare l’empasse in cui sono finiti i Competence Center delle università per non far fallire l’asse portante del piano Industria 4.0. Attenzione però che non sia la solita pletora di beneficiari: servono strutture verticali, specializzate e in collaborazione tra loro dove innovazione e ricerca si integrino con le imprese. Il Ministro Calenda parlava un anno fa di 7, massimo 9 realtà, non di più, nello stile dei Fraunhofer tedeschi. Questo approccio virtuoso va mantenuto.

2- voglia di vera governance. Il piano italiano, ad oggi, é governo centrico, con una spruzzata di presenza confindustriale. La vera governance deve certamente prevedere al vertice il nostro Governo e la imprese, ma la vera governance deve strettamente legarsi a quella europea (piano per la digitalizzazione industriale europea) e a quella delle regioni italiane. Dalle regioni passa una quantità enorme di risorse come POR, FESR, fondo sociale europeo. É evidente, ad esempio, lo scollamento tra gli incentivi del Governo italiano e gli investimenti della UE. E in questa capacità di sapere dirigere il traffico e necessità di coordinamento, sarà importante definire alla luce dei PID (punti innovativi digitali delle CCIIA) il tutto anche con le CCIIA, attraverso le quali, credo di capire, si vogliono raggiungere altri mondi oltre all’industria, quali commercio, artigianato, agricoltura etc. In buona sostanza il sistema istituzionale di governance deve fare sistema davvero.

3- i digital innovation hub vanno sostenuti. Gli Hub delle imprese i cosiddetti Digital Innovation Hub sono sorti sull’impegno e investimento delle imprese, ma questo non basta e non va bene. L’Europa non a caso ha budgettato 300 milioni di € sui progetti dei DIH. Ma bisogna sostenerli, farli decollare ed allora poi saranno in grado di attingere risorse autonomamente. Questo è un altro capitolo fondamentale nella costruzione del sistema Industria 4.0.

4- industria 4.0 non è solo macchinari, ma reingenirizzazione processo produttivo. il ruolo decisivo delle filiere. Se è vero che la vera sfida è passare da prodotto a servizio, ecco che diventa strategico non limitarsi alle ottime leve fiscali come iperammortamento al 250% o credito di imposta al 140%. Provvedimenti utilissimi per cambiare il parco macchinari del Paese, ma che da soli non bastano. Bene comunque che al Summit si sia compreso che i provvedimenti fiscali verranno a breve reiterati per il 2018! Ma è fondamentale intervenire per stimolare nelle imprese investimenti in formazione (sembra arrivi credito di imposta al 50% per la formazione), cloud, cybersecurity, big data, analytics, consulenza, marketing, sensoristica, etc. ovvero tutto ciò che può dare valore aggiunto ai prodotti che diventano sempre più servizio e consentire, specie alle PMI, di essere competitive sui mercati esteri. Vanno individuate e proposte modalità per far nascere filiere nuove che facciano sharare imprese diverse tra loro per proporre finanza, qualità, risparmio, ma soprattutto maggior produzione in una logica di servizi diversi e innovativi.

5– va bene da industria a imprese 4.0, ma…

Ben venga il piano industria 4.0 ora evoluto in imprese 4.0. Diventa infatti fondamentale contaminare nello spirito della Digital trasformation, oltre che le industrie anche mondi come quello della cultura, agricoltura, turismo, commercio, artigianato etc.

L’importante però è non fare spezzatino e non perdere di vista gli obiettivi del piano. Ecco perché, come sopra accennato, servirà una governance ancora più forte e condivisa. Il rischio di risolvere all’italiana dando un tanto ad ogni associazione piuttosto che camera di commercio o parco scientifico, sarebbe un danno enorme all’intera strategia e soprattutto ci allontanerebbe dalla visione europea.

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