Industria 4.0, ovvero la quarta rivoluzione industriale. Un cambiamento così radicale da essere definito come rivoluzionario non può prescindere né a monte né a valle da un’evoluzione profonda di matrice culturale da parte della classe imprenditoriale, ma anche da parte del capitale umano su cui il sistema industriale può contare per portare a compimento la propria trasformazione.
Il tema culturale e delle competenze digitali ricorre, a riprova, in almeno due delle 3 linee guida per l’Industria 4.0 delineate dal Ministero dello Sviluppo economico nel Piano Nazionale dedicato in cui Industria 4.0 si configura come un nuovo paradigma produttivo basato su modelli di governance ed organizzativi innovativi, ed ha per questo bisogno di ingenti investimenti in ricerca e sviluppo. Si tratta dunque di costruire un sistema culturale nuovo, coerente al suo interno, programmando interventi di rafforzamento delle competenze digitali esistenti ma anche di introduzione di saperi tecnologici completamente innovativi.
Secondo quanto emerso dalla Ricerca 2017 dell’Osservatorio Competenze Digitali, promosso da Assinter Italia, Assinform, Assintel, AICA, in collaborazione con AgID e MIUR, gli ambiti prioritari di intervento su cui rafforzare le competenze attuali in ottica Industria 4.0 sono l’Internet of Things ed i Big Data. Fondamentale, secondo la Ricerca, sarà anche una distribuzione di queste competenze su un’ampia gamma di aree aziendali. Non solo le articolazioni ICT, dunque, ma anche Ricerca e Sviluppo, Produzione, Progettazione e Prototipazione, Logistica/Gestione Magazzino.
Secondo l’Osservatorio, a guidare la transizione verso Industria 4.0 saranno risorse capaci di associare la conoscenza dei protocolli industriali con competenze tecnologiche negli ambiti dell’Internet of Things, Cloud e Big Data. Si renderanno tuttavia indispensabili anche skill di tipo strategico a supporto del diverso modello di business che si dovrà sviluppare. Competenze che facciano leva sulle nuove tecnologie per traguardare obiettivi di business innovativi, che coadiuvino il lavoro delle risorse interne nell’ottica di accrescerne la produttività, che snelliscano la logistica e rendano l’impresa più agile e reattiva.
Figure importanti che possono contribuire in maniera decisa al successo dell’impresa in ottica Industria 4.0 sono dunque l’Innovation Manager o il Chief Digital Officer: profili trasversali in costante interazione con le varie articolazioni aziendali con l’obiettivo, secondo l’Osservatorio, di interpretare la realtà dell’azienda e del mercato in cui essa opera con una logica digitale, contestualizzare il digitale business dell’azienda di appartenenza e trarne valore.
Appare chiaro come il futuro della digitalizzazione richiederà un mix multiforme di competenze, in cui le componenti tecnologiche troveranno quindi più che mai un necessario completamento con le competenze strategiche e soft skill di peculiare rilievo in un contesto di drastico cambiamento: pensiero critico, creatività, intelligenza emotiva, capacità di leadership e di change management.
Come sta rispondendo il sistema educativo di fronte a questi obiettivi sfidanti? Stante quanto rilevato dall’Osservatorio Competenze Digitali 2017 il saldo della transizione verso Industria 4.0 sul fronte delle professioni ICT non è ancora positivo, almeno per quanto riguarda le competenze medio-alte (laureati).
Per il 2017, l’Osservatorio Competenze Digitali fornisce stime che oscillano tra uno scenario conservativo caratterizzato da un fabbisogno da parte del sistema imprenditoriale di 12.400 laureati ICT a fronte di un’offerta pari a 8.000 laureati ICT, ed uno scenario ottimistico in cui si delineerebbe un fabbisogno di professionisti laureati pari a 17.500 unità contro un’offerta di laureati pari a 9.500 unità.
Si tratta dunque, secondo l’Osservatorio, di intervenire lungo due linee direttrici. La prima di tipo orizzontale, con l’obiettivo di una maggiore e più omogenea diffusione della cultura digitale e degli eSkill di base, agendo sia nei confronti del sistema educativo sia con azioni mirate sui professionisti non ICT attraverso la promozione dei valori propri dell’eLeadership e del change management.
La seconda linea direttrice riguarda invece le azioni verticali per incrementare il numero di laureati e specialisti ICT, rendendo le discipline STEM maggiormente attrattive, valorizzando i potenziali sbocchi sul mercato del lavoro per i laureati in queste materie, incoraggiando maggiormente le start up e l’imprenditorialità digitale, ma anche agevolando un miglior flusso di relazioni tra domanda ed offerta di lavoro digitali sui canali web e social. Del resto, la Ministra Fedeli, nella premessa alla Ricerca, ha stigmatizzato proprio la necessità di creare profonde sinergie tra Industria 4.0 e sistema universitario, che deve rafforzare le proprie capacità di “generare laureati nel digitale, a partire da un rafforzamento del potenziale della componente femminile in campo ICT”.