Il Piano Industria 4.0 varato dal precedente Governo nel 2016 è stato accolto dai diversi stakeholder economici – rappresentanti delle imprese, dei lavoratori e del mondo della ricerca – come un punto di svolta nelle politiche economiche del Paese. Dopo molti anni ha rimesso al centro delle politiche pubbliche la questione industriale individuando nella digitalizzazione dei processi industriali una straordinaria opportunità per sostenere e rilanciare la vocazione manifatturiera e con essa il potenziale di crescita del Paese. Ma ora bisogna proseguire sulla strada tracciata, e implementare il Piano sul fronte degli incentivi e non solo. Vediamo come.
Nuove tecnologie e manifattura italiana
L’Italia vanta infatti un’industria che è settima nel mondo e seconda in Europa in termini di valore aggiunto manifatturiero, ed è una grande economia esportatrice. Nel 2017 abbiamo esportato 540 miliardi di euro di beni e servizi, ormai il 30% del nostro PIL. Il 90% viene dalla manifattura, una delle più importanti a livello mondiale.
E proprio la dimensione del settore manifatturiero italiano, l’ampia diversificazione delle sue produzioni e la consolidata tradizione manifatturiera nella meccanica rappresentano i punti di forza che possono consentire alle imprese, e in generale al Paese, di incidere sullo sviluppo delle tecnologie 4.0.
Le nuove tecnologie stanno modificando il modo di pensare e ideare i prodotti, di progettare e far funzionare i processi produttivi in fabbrica, nonché di organizzare e gestire l’intera attività della supply chain. Si tratta di un contesto nuovo e sfidante che può incidere positivamente sul sistema produttivo italiano, migliorandone l’efficienza – anche ambientale ed energetica – la capacità produttiva, la sicurezza e la qualità. È una trasformazione profonda, che investe non solo la dimensione tecnologica, ma anche i modelli di business delle imprese, le competenze delle persone e il ruolo delle Istituzioni.
Per questo il cambio dello scenario politico non fa venire meno le motivazioni del Piano, anche se naturalmente impone una più approfondita riflessione sugli strumenti e sulla efficacia delle misure adottate.
L’impatto del Piano Industria 4.0 fino ad oggi
Non esistono ancora dati definitivi che consentano valutazioni dettagliate. Tuttavia dalle prime rilevazioni appaiono evidenti alcune tendenze.
Innanzitutto, gli incentivi agli investimenti delle imprese hanno consentito di riavviare un ciclo di investimenti che era rallentato da anni: gli investimenti industriali nel 2017 sono cresciuti dell’11% per un ammontare pari a 80 miliardi, di cui il 35% in macchinari. E anche i dati più recenti elaborati da UCIMU – l’associazione dei costruttori macchine utensili, robot, automazione – relativi alla produzione di macchinari presentano per il secondo trimestre del 2018 ordini in crescita del 2,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sia sul mercato interno (+0,5%), sia su quello estero (+3,6%).
Se guardiamo alle imprese che hanno beneficiato degli incentivi, le prime elaborazioni dei dati indicano che la platea è ancora troppo ristretta e interessa principalmente le imprese di media dimensione con forte apertura ai mercati internazionali e con una spiccata propensione all’innovazione.
Perché bisogna proseguire con gli incentivi
Tali osservazioni evidenziano la necessità di proseguire sulla strada del sostegno agli investimenti per due ragioni.
- La prima è che è necessario consentire alle imprese di completare il ciclo di rinnovo degli impianti. Due anni di incentivazione infatti hanno favorito l’avvio di un processo di trasformazione digitale delle nostre imprese che non può essere interrotto: in molti casi l’implementazione dei progetti digitali si completa attraverso più fasi di investimento che possono richiedere anche anni. Va infatti ricordata la complessità dell’adozione di modelli orientati al digitale: industria 4.0 non si risolve con l’acquisto di un macchinario per quanto tecnologicamente avanzato, ma comporta il ripensamento di diverse funzioni aziendali, dalla progettazione fino al marketing e alla logistica.
- La seconda ragione riguarda la necessità di estendere la platea delle imprese che innovano, assicurare lo sviluppo omogeneo di tutto il sistema produttivo ed evitare l’ampliamento dei divari territoriali e il gap tra imprese di dimensioni più piccole e quelle strutturate. Sono ancora tante le imprese di piccole e medie dimensioni da coinvolgere nella trasformazione digitale. Le PMI rappresentano la struttura portante del nostro sistema produttivo, ma sono anche i soggetti che più hanno bisogno di supporto per avvicinarsi a Industria 4.0. Supporto che deve essere certamente orientato alla realizzazione di investimenti, ma anche rivolto alla sensibilizzazione sulle opportunità legate alle tecnologie digitali e alla creazione di competenze specifiche all’interno delle PMI stesse.
Di Maio e Industry 4.0, piccole aziende al centro: la svolta
Formazione e competenze
In questo senso, è necessario dare piena attuazione al Piano Nazionale che accanto agli incentivi fiscali per la modernizzazione dei processi produttivi ha previsto interventi per la creazione di competenze specifiche sulle tecnologie 4.0. La presenza di profili professionali in grado di gestire il cambiamento è un pre-requisito, da cui dipende l’efficacia stessa delle misure agevolative.
Per questo è fondamentale estendere e rifinanziare il credito d’imposta per la formazione 4.0 – introdotto con la legge di stabilità 2018 e che è diventato operativo solo a maggio 2018 – consentendo alle imprese di qualificare le proprie risorse umane e di dotarsi delle competenze necessarie a utilizzare e valutare le possibili applicazioni delle tecnologie digitali.
Come implementare il Piano con la manovra 2019
Le anticipazioni sulla manovra sembrano andare nella direzione del rinnovo degli strumenti. Per aumentare l’efficacia delle misure sarebbe però necessario estendere l’ambito di applicazione degli incentivi, prevedendo anche uno strumento specifico dedicato ai software e ai sistemi e servizi IT erogati in cloud o via piattaforma web. Si tratta infatti di tipologie di servizio che attualmente non beneficiano dell’iperammortamento, ma che sono ampiamente utilizzate dalle PMI. Primi tra tutti vanno ricordati i servizi per la cyber security che oggi rappresenta una pre-condizione per mettere in sicurezza i dati aziendali che con le tecnologie 4.0 viaggiano su Internet.
Un supporto importante per la digitalizzazione delle imprese può venire dalla rete di Competence Center e dei Digital Innovation Hub, che rappresentano l’infrastruttura per l’innovazione digitale e per lo sviluppo delle necessarie competenze. Per questo è fondamentale che si acceleri il percorso di costituzione dei Competence Center e che si sostenga lo sviluppo dei DIH. Al riguardo Confindustria ha promosso la creazione di una propria rete di DIH che rappresentano la “porta di accesso” delle imprese al mondo di Industria 4.0, con il ruolo specifico di sensibilizzare le imprese, di stimolare la domanda di innovazione e di creare un ponte tra sistema produttivo e mondo dell’innovazione.
A oggi la rete di Confindustria è composta da 21 DIH operativi, che hanno prevalentemente dimensione regionale e che nei primi mesi di operatività si sono concentrati su attività di formazione, attraverso la realizzazione di seminari e incontri one to one con le imprese, e di accompagnamento delle imprese nella valutazione della maturità digitale. I primi risultati del lavoro svolto dai DIH cominciano a essere evidenti. Grazie al loro lavoro tante imprese si sono avvicinate al mondo 4.0 e stanno valutando nuovi investimenti. L’obiettivo è proseguire lungo il percorso avviato e dare un contributo sostanziale alla trasformazione digitale dell’intero sistema produttivo.