Al momento sono confermate le preoccupazioni che avevamo sul futuro del piano Industria 4.0.
Ho la sensazione che il Governo abbia deciso per ridimensionare gli strumenti di carattere automatico, anche quelli che funzionavano – credito di imposta alla ricerca e iper ammortamento. E tutto in assenza di una strategia che integri o sostituisca gli strumenti con altri.
Si è andata quindi in una direzione di taglio degli incentivi, piuttosto che fare una valutazione per rivederli e ottimizzarli alla luce dell’esperienza di questo anno.
Ci aspettavamo molto di più dal Governo.
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Il problema maggiore: la formazione
La cosa che più ci preoccupa è l’assenza di investimenti in capitale umano – addirittura si tolgono fondi su formazione – e non c’è nessun piano per rilanciare gli ITS, su cui pure invece gli imprenditori.
Ci auspichiamo anche sia confermata la misura di un voucher per le pmi che si vogliano dotare di un “digital manager a tempo”.
Tutto questo fa perdere la spinta per la digitalizzazione della manifattura. Le imprese, temo, le interpreteranno come un passo indietro sugli investimenti pubblici.
Anche tutta questa incertezza sulle misure presenti in Manovra, dimostra che in quest’ambito la comunicazione da parte del Governo è stata poco attenta. Già questo è un segnale della scarsa centralità di Industria 4.0. In passato invece questo è stato uno dei pilastri della Manovra e come tale ben comunicato.
Nessuna politica industriale sull’innovazione
Insomma, tutto conferma che si vada verso una riduzione del piano, senza che ci sia una seria politica industriale, che dia il senso delle priorità di investimento.
Ma le priorità – a quanto pare – sono altre per il Governo: in Italia si è passati da una strategia fondata sulle opportunità a una centrata sulla tutela dei cittadini (tali sono il reddito di cittadinanza, le misure sulle pensioni, ma anche le politiche sull’immigrazione e la globalizzazione…).
Quello che stiamo vivendo e che le aziende vivranno, è frutto di una scelta politica ben precisa. Ma il risultato è che l’Italia ha scelto di non cogliere la sfida dell’innovazione per la crescita Paese.
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