la metodologia

Industria 4.0, ecco le tre sfide per le PMI italiane

Da una metodologia di audit per valutare la maturità delle PMI su Industry 4.0, a cura del Politecnico di Torino e Digital Innovation Hub del Piemonte, ecco quali sono le tre sfide che le PMI dovranno affrontare ora. Perché il tutto si tramuti in valore economico per loro e non si limiti a un mero investimento in tecnologia

Pubblicato il 14 Mar 2018

Emilio Paolucci

Politecnico di Torino

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A più di un anno dal lancio del piano nazionale “Industria 4.0” in Italia è aperto il dibattito sul significativo aumento degli investimenti in nuovi macchinari e tecnologie, mentre si parla molto marginalmente delle sfide che l’uso delle nuove tecnologie digitali porranno alle imprese e in particolare alle PMI.

Anche se cloud computing e sviluppo di modalità “as a service” per il software e per l’infrastruttura ICT possono permettere alle PMI di accedere a costi ragionevoli ad alcune delle tecnologie di Industria 4.0 e agli approcci gestionali ad esse collegati, rimane il problema del necessario adeguamento del capitale umano ed organizzativo e degli investimenti da esso richiesti.

La metodologia per testare la maturità delle pmi su Industry 4.0

Al fine di creare il giusto contesto per le imprese in merito a tali investimenti, il piano Industria 4.0 prevede attraverso i Digital Innovation Hub e, in futuro tramite i Competence Center, la messa in atto di misure volte ad aiutare le PMI a definire gli ambiti di intervento degli investimenti in innovazione digitale. In questa direzione, Politecnico di Torino e Digital Innovation Hub del Piemonte hanno avviato uno dei primi progetti in Italia per sviluppare una metodologia di audit per valutare la maturità delle PMI a investire in iniziative di Industria 4.0 e per supportare quindi queste realtà nel definire una roadmap di intervento a vari livelli.

Grazie a due progetti finanziati da Fondirigenti, la metodologia è stata testata su 25 imprese in Piemonte e ha permesso di vedere da un punto di vista più completo la portata delle principali sfide che le PMI manifatturiere del nostro Paese sono chiamate ad affrontare.

La conduzione degli audit presso il campione di imprese ha reso possibile evidenziare tre sfide generali per le PMI.

La prima sfida

La prima di queste sfide riguarda il fatto che, grazie a big data e all’Internet of Things, ambiti organizzativi differenziati come la fabbrica, l’ingegnerizzazione di prodotto e la logistica tenderanno ad essere governate con approcci maggiormente data-driven. Questa necessità pone le imprese di fronte al rischio di sviluppare dipendenze relazionali eccessive nei confronti dei vendor che controllano le piattaforme informatiche necessari per gestire il dato di produzione.

La stessa tendenza si è ormai consolidata in molti settori dei servizi (retail, hotel, trasporti) per via dell’emergere delle nuove piattaforme di intermediazione (es. Booking e Tripadvisor nel settore alberghiero, Amazon e Google per i piccoli merchant attivi nell’ecommerce, ecc.). Per molte PMI, paradossalmente, questo rischio è minore solo per via della maggiore difficoltà da parte dei vendor ICT specializzati sui comparti delle PMI manifatturiere a sviluppare servizi e piattaforme informatiche standard in grado di gestire dati di produzione provenienti direttamente dalla fabbrica e dai singoli macchinari (i cosiddetti MES – Manufacturing Execution Systems).

Inoltre la digitalizzazione dei dati del processo produttivo è ancora frenata in molte PMI analizzate dal fatto che gli investimenti in sistemi gestionali di tipo ERP sono stati realizzati nelle PMI italiane senza una copertura completa e integrata di tutte le attività operative legate alla logistica interna ed esterna, alla produzione e al magazzino. A ciò si somma il fatto che poche imprese hanno negli ultimi 10 anni sviluppato una cultura di miglioramento continuo fondata sull’impiego di strumenti di lean production, sul forte empowerment dei ruoli operativi e sulla loro integrazione con gli specialisti tecnici del processo produttivo e del prodotto, per quantificare sprechi e individuare i benefici delle diverse direzioni di miglioramento sulla progettazione di prodotti e del processo produttivo.

Senza la realizzazione di tali logiche lean production (e l’approccio data-driven insito in tale logiche) e senza un nuovo tipo di architettura organizzativa per molte PMI Industria 4.0 rischia di rimanere solamente un investimento in tecnologia e non un cambio di paradigma gestionale in grado di guidare attraverso i dati l’innovazione di prodotto e il miglioramento nei processi produttivi.

La seconda sfida

La seconda sfida riguarda l’emergere di una condivisione quasi “in tempo reale” di dati tra PMI e imprese leader di alcune filiere per la gestione di attività produttive o per l’ingegneria di prodotto. Ad esempio, nel settore tessile l’esplorazione da parte di Burberry e di altri grandi marchi di logiche “look-now, buy now” (nel momento in cui questi presentano le loro collezioni alle settimane della moda, queste sono già disponibili per la vendita sulle loro piattaforme di e-commerce e nei negozi) richiede ai fornitori una maggiore condivisione di dati per lo sviluppo prodotto e approcci alla previsione della domanda e alla gestione degli ordini di produzione più complessi e anche caratterizzati da maggiore stress e incertezza.

Inoltre la collaborazione real-time lungo la filiera rende non solo le singole PMI ma le intere filiere vulnerabili, rendendo gli investimenti in cyber security necessari da parte di tutti i soggetti di una filiera (leggi che c’è da sapere su cybersecurity con industry 4.0). Potenzialmente le PMI diventano porte secondarie di ingresso a dati e proprietà intellettuale di intere filiere e delle grandi imprese che le governano. A fronte di queste problematiche gli audit hanno tuttavia riscontrato la capacità delle PMI di sposare queste logiche, essendo la capacità di definire le specifiche di prodotto insieme alle grandi imprese clienti parte integrante del DNA organizzativo di molte PMI.

La terza sfida

La terza sfida è quella relativa al ripensamento del modello di business e all’offerta di nuovi servizi caratterizzati da maggiori margini di redditività per via di una capacità di intervenire tramite big data, IoT, cyber-physycal systems, su fattori competitivi come flessibilità nei tempi e nelle capacità di progettazione, personalizzazione di prodotto, o costruzione di piattaforme integrate di prodotto-servizio (la cosiddetta servitization).

Per arrivare a fare ciò serve alle PMI un miglioramento nella visione strategica, e un paradigma di Ricerca e Sviluppo e gestione degli investimenti in ICT in grado di governare le nuove complementarietà che si sviluppano tra le competenze di dominio industriale delle PMI e le piattaforme software.

In questa transizione gli audit hanno riscontrato maggiore prontezza nelle PMI già inserite in ecosistemi di ricerca collaborativa con l’università e con grandi clienti industriali e con attori (come i cluster, le università stesse) in grado di fare “da ponte” con aziende specializzate nel software e nell’IoT. Si tratta però di casi ancora molto isolati e che riguardano imprese con capacità di investire con continuità in ricerca e sviluppo e di accedere ai fondi nazionali ed europei della Ricerca.

In conclusione

La mancata accettazione (con i relativi investimenti) di queste tre sfide pone le PMI di fronte al rischio che Industria 4.0 si traduca in un aumento nella complessità di tecnologie e negli staff tecnici che non viene tradotto nella capacità di generare e di catturare maggiore valore economico tramite l’innovazione di prodotto e processo produttivo.

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