Il punto

Industria 4.0, ecco perché è un piano (ancora) troppo sulla carta

L’unica parte del Piano Industria 4.0 pienamente operativa sono gli incentivi fiscali. Restano ritardi sui competence center e manca il coordinamento fra i vari pilastri

Pubblicato il 01 Ago 2017

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L’Italia nel 2017 è definitivamente entrata nella sfida di Industria 4,0, con la partenza del Piano del Governo che ora si avvia verso una seconda fase dedicata al lavoro: l’obiettivo primario che l’esecutivo si era proposto con le misure di breve periodo, ovvero lo stimolo alla ripartenza degli investimenti delle imprese rappresentato dagli incentivi fiscali per gli acquisti di macchinari e di innovazione, è stato raggiunto. I dati sono positivi, gli ordini crescono, c’è addirittura il rischio di overbooking per i fornitori, che ha già portato a una proroga a fine settembre per le consegne dei beni acquistati con iperammortamento. E c’è anche un clima economico finalmente più positivo, con stime di crescita riviste al rialzo (per la prima volta da molti anni).

Il problema è che, per ora, è un po’ tutto qua. C’è un altro pezzo fondamentale del piano, quello sui competence center, che ancora deve partire. Non è un dettaglio, uno degli auspici che molti esperti e addetti ai lavori, anche dalle pagine di questo giornale, hanno fin da subito rivolto all’esecutivo è stato quello di far procedere insieme tutte le parti di cui si compone il piano. Marco Taisch, responsabile scientifico Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, sottolinea come proprio il mix fra stimolo fiscale, competenze, e lavoro (il prossimo capitolo in vista della Legge di Stabilità), sia uno dei motivi di maggior interesse del piano Industria 4.0, guardato con attenzione in tutta Europa per l’innovazione di metodo impressa dall’Italia.

Ma fino a quando questa ricetta fatta di diversi ingredienti resta solo sulla carta, difficilmente l’Italia diventerà un paese 4.0. Le imprese stanno facendo investimenti senza avere ancora il supporto dei centri di competenza che dovranno avere la funzione di promuovere l’innovazione, il rapporto fra pubblico e privato (è un fattore chiave del piano), la ricerca, lo sviluppo delle PMI.

Resta in gran parte sulla carta diciamolo, anche la mappa dei tanti digital innovation hub delle associazioni industriali: l’operatività vera e propria di queste strutture, in buona parte dei casi, non è ancora effettiva. Il pericolo di frammentazione è dietro l’angolo, così come esiste l’impressione che, in fondo, manchino reali forme di collegamento e di collaborazione fra questi poli di innovazione. Taisch vede il rischio che sui digital innovation si disperdano gli sforzi. «Ho visto con piacere che il mondo di Confindustria, Confcommercio, in genere delle diverse associazioni datoriali, si è mobilitato, è un dato certamente positivo per la quantità di energia che si libera, ma c’è anche il rischio che non ci sia adeguato coordinamento».

C’è quindi da sottolineare il dato positivo rappresentato dalla vitalità del mondo delle imprese, che si riflette negli investimenti. Andrea Bianchi, direttore Politiche Industriali Confindustria, sottolinea la crescita degli ordini, saluta con piacere lo slittamento del periodo di consegna a settembre («sarebbe stato meglio dicembre, ma apprezziamo la disponibilità del Governo a intervenire»). Ora però, sottolinea, «occorre far partire gli altri pezzi del piano, a partire dal decreto sui competence center, il cui ritardo è un elemento di debolezza». Il piano, conclude «complessivamente prevede tutti gli ingredienti fondamentali: infrastrutture, competenze, investimenti. Il problema è la velocità di attuazione. Sta andando avanti molto bene la parte relativa agli investimenti, meno quella su infrastrutture e competenze».

Ma anche qui c’è un risvolto emblematico: questa attenzione del mondo delle imprese al momento sembra limitata agli ammortamenti. In base ai dati del report 2017 Osservatorio Industria 4.0 della School of management del Politecnico di Milano, fra coloro che conoscono il Piano (la stragrande maggioranza delle imprese), il 52% utilizza il superammortamento, il 36% l’iperammortamento. Le altre misure, oltre che meno praticate, sono anche poco conosciute. Il 27% delle imprese non conosce il credito d’imposta ricerca e sviluppo, il 36% le agevolazioni per investire nelle startup.

Infine è ancora da costruire il capitolo lavoro, che deve pensare alla formazione 4.0, a nuovi contratti adeguati al lavoro che cambia, a innovazioni nel campo delle relazioni industriali. Questa del lavoro sarà la priorità per il prossimo autunno, in vista della Legge di Stabilità. Ma poi, speriamo che il 2018 sia l’anno in cui, finalmente, l’interno sistema sia pronto per mettere in moto la macchina di Industria 4.0 che, al momento, ha dato solo risposte di breve periodo.

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