l'analisi

Industria 4.0, i nuovi incentivi promettono bene, ecco perché

Nel 2018 le imprese che effettueranno una spesa incrementale in formazione avranno accesso al cosiddetto “credito di imposta su formazione 4.0”. Dalla presentazione dei dati è anche emerso che il piano avviato a settembre 2016 finora ha dimostrato di essere efficace

Pubblicato il 09 Nov 2017

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C’è molto fermento a livello italiano ed europeo in tema di normative a sostegno dell’imprenditoria innovativa, ma anche, e soprattutto, dell’industria 4.0 che, da quanto si evince dalle recenti parole di Calenda, si trasformerà in “Piano Impresa 4.0” ampliando “il raggio di azione da manifattura e servizi” fino a settori in cui “saranno protagonisti le competenze e il lavoro, quindi i ministri Fedeli e Poletti” (Istruzione e Lavoro, ndr.). Proprio pochi giorni fa, il Ministro Calenda, nel presentare i risultati del piano Industria 4.0. insieme ai ministri Pier Carlo Padoan, Giuliano Poletti e Valeria Fedeli ha annunciato che nel 2018 le imprese che effettueranno una spesa incrementale in formazione avranno accesso al cosiddetto “credito di imposta su formazione 4.0”. Dalla presentazione dei dati è anche emerso che il piano avviato a settembre 2016 finora ha dimostrato di essere efficace. Progressi confermati anche dal report del gruppo Digital360, elaborato in collaborazione con Ibm, secondo cui il 48% delle imprese che hanno avviato la trasformazione, sono partite solo quest’anno, a testimonianza del ruolo svolto dal piano Calenda.

Di conseguenza – ed è un’ottima notizia – nel 2018 verranno rifinanziate le principali misure previste nel primo anno, rivedendo le aliquote e i perimetri degli incentivi, compatibilmente con le risorse di finanza pubblica disponibili. Anzi. Non solo si prosegue. Si incrementa: il credito di imposta si applicherà ai costi del personale che ha sostenuto corsi di formazione con focus su almeno una tecnologia Industria 4.0 e pattuiti attraverso accordi sindacali sulle seguenti tematiche: vendita e marketing; informatica; tecniche e tecnologie di produzione. L’attenzione al capitale umano, in anni di esodati e personale da riconvertire ai nuovi lavori e nuove forme di lavoro, è fondamentale per la tenuta sociale del Paese.

Si diceva delle misure fatte dall’Italia per incentivare l’evoluzione dell’impresa. Verranno anche riconfermate quelle fondamentali in materia di investimenti (le già note: 30% fino a 3 anni sia la quota detraibile annualmente dall’Irpef sia le deduzioni Ires, etc.). Interessante che proprio in questi giorni la Commissione Europea abbia pubblicato uno studio comparativo in materia di incentivi fiscali per Venture Capital e Business Angel confrontando i benefici introdotti in diversi paesi allo scopo di valutare l’utilità degli incentivi stessi e diffondere le best practice tra gli stati membri. L’analisi ha preso in considerazione anche le più recenti novità introdotte in Italia a sostegno dell’attività di Venture Capital e Business Angel. E da questo nascerà un confronto: la Commissione Europea costituirà un gruppo di esperti per identificare i principi guida comuni per tutti gli stati membri entro la fine del 2017. Ne emerge, qualora ci fosse ancora bisogno di ripeterlo, che le PMI europee e le startup sono state storicamente dipendenti dalla finanza bancaria, ma che con la crisi finanziaria limitando la capacità di rifinanziamento, altre fonti, quali prestiti peer-to-peer, crowdfunding, fondi VC e BA hanno ricoperto un ruolo fondamentale, spesso sottovalutato. Anche per questo ruolo “sociale”, i Governi hanno assegnato un ruolo fondamentale agli incentivi fiscali nella promozione e / o nella rimozione degli ostacoli agli investimenti BA e VC.

Ha ragione Calenda quando dice che c’è un ritardo, nel venture capital italiano. Ma come sappiamo le poche exit “tolgono denaro dalla circolazione” e impediscono i reinvestimenti. Quindi, come minimo, è giusto riconfermare le attuali agevolazioni. In passato avevamo fatto alcune proposte che riteniamo ancora valide per dare una spinta al settore.

D’altronde, come emerge da un interessante paper realizzato da EIF (European Investment Found), che analizza il mercato dei finanziamenti alle micro imprese europee sulla base dei dati raccolti a livello europeo, le micro imprese europee utilizzano maggiormente strumenti di finanziamento interno in quanto hanno meno probabilità di accedere a sovvenzioni statali, crediti commerciali o strumenti finanziari legati alla propria attività. Quindi il ruolo del capitale di rischio è ancora o, meglio, sempre più, fondamentale. Come quello dei competence center, immaginati dal Piano Calenda, ma non ancora nati, ovvero 4-5 poli di eccellenza che mettessero insieme industria e università. Forse si potrebbe prendere spunto dai Contamination Lab già esistenti, di cui abbiamo si è già parlato in passato perché Impresa, Università&Ricerca, Lavoro, insieme devono essere le leve su cui rifondare il benessere sociale del nostro Paese.

Da ultimo, essendo un tema molto a cuore di IBAN nella divulgazione dei temi legati a impresa, innovazione e capitale di rischio, segnaliamo che la Commissione europea ha ufficialmente lanciato la 5° edizione del Premio europeo per le donne innovatrici (EU Prize for Women Innovators 2018). Il concorso mira a premiare le imprenditrici che si sono distinte nel portare con successo una innovazione sul mercato. L’edizione 2018 è aperta a imprenditrici di qualsiasi nazionalità residenti in un paese europeo che abbiano fondato o co-fondato un’impresa prima del 1° gennaio 2016. Per essere eleggibile, il concorrente o l’impresa devono aver beneficiato di un finanziamento pubblico o privato per la ricerca e l’innovazione. Una giuria internazionale valuterà le candidature inviate e i premi verranno consegnati durante l’International Women’s Day (8 marzo 2018). Per candidarsi c’è tempo fino al 15 novembre 2017.

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