Proprio in questi giorni è in approvazione la manovra finanziaria per il 2019 e uno dei temi in discussione riguarda gli incentivi relativi all’Impresa 4.0: ci sono purtroppo alcuni segnali che evidenziano un importante ridimensionamento delle risorse allocate.
Tutto questo in un contesto in cui c’è sempre qualcuno che prova gusto a perdersi nel bicchiere mezzo vuoto. Quando si parla di Industria 4.0 e del percorso intrapreso dal sistema manifatturiero italiano, mi spiace constatarlo, c’è sempre qualcuno che focalizza l’attenzione su aspetti poco rilevanti o si impegna a interpretare i dati in modo scorretto. Con le banalizzazioni numeriche non solo non si va da nessuna parte ma si distorce lo scenario mostrando uno scenario che non corrisponde alla realtà dei fatti.
Il circolo virtuoso (a rischio) di Industria 4.0
Sul fronte dell’Industria 4.0, in Italia si è attivato un circolo virtuoso, in cui la politica ha giocato un ruolo rilevante. I recenti aggiustamenti dell’ISTAT dicono che nel triennio 2015-2017 il valore aggiunto della manifattura italiana è regolarmente cresciuto, più di quanto non sia successo in Francia e persino nella potente Germania. Negli ultimi due anni, in particolare, gli incentivi fiscali varati dallo scorso Governo hanno spinto molte imprese manifatturiere ad investire in nuovi macchinari e nuove tecnologie digitali. Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico circa la metà delle grandi imprese (oltre i 250 dipendenti) e più di un terzo di quelle medie (tra 50 e 250 dipendenti) hanno già adottato almeno una tecnologia 4.0. Si scende invece a meno del 20% se la lente si stringe sulle piccole imprese (tra i 10 e 50 dipendenti) e a pochi punti percentuali se consideriamo le microimprese (sotto i 10 addetti).
I dati al netto di ovvietà e banalità
Sulla base di questi dati chi preferisce guardare il bicchiere mezzo vuoto dice: le piccole e microimprese sono indietro! E che anche le medio-grandi che hanno investito lo hanno fatto solo per incassare i benefici fiscali! Entrambe sono ovvietà ma anche banalità. La notizia vera è che le aziende medio-grandi si sono più che attivate sul fronte Industria 4.0. E questo è fondamentale, perché sono le imprese di dimensioni maggiori ad innescare un effetto di traino che è anche culturale e imitativo, mettendo dunque in moto tutta la filiera (e quindi dopo anche le piccole aziende). È vero che molte imprese hanno investito spinte dai benefici fiscali, senza una chiara visione strategica. Ma intanto hanno rinnovato i macchinari e hanno introdotto in azienda tecnologie operative avanzate, iniziando un importantissimo percorso di adozione e apprendimento, che le porterà nel tempo a sfruttare appieno le molteplici opportunità del nuovo paradigma 4.0, chiarendosi “cammin facendo” la strategia.
Una partita tutta da giocare
Sull’Industria 4.0 l’Italia può giocare un ruolo importante nello scenario internazionale. Siamo il secondo Paese manifatturiero in Europa e il settimo al mondo. Prima di noi in Europa c’è la Germania, Paese che sta dimostrando performance da capofila mondiale al punto da competere direttamente con gli Stati Uniti. Se giocheremo bene anche noi la nostra partita avremo opportunità enormi. E i primi a ricordarlo devono essere i nostri leader politici, che non possono permettersi di escludere dalle priorità della loro azione l’innovazione e la trasformazione digitale del sistema manifatturiero nazionale.
Non smetterò mai di gridare in tutti i modi che è solo creando le condizioni migliori affinché le nostre imprese possano innovare e crescere che si riuscirà a generare maggiore occupazione e maggiore ricchezza in modo strutturale e duraturo! E non in modo fittizio e di breve termine.