Industria 4.0, parte la sfida di trasformare gli incentivi in punti di Pil

In vista del manuale sull’Industria 4.0 del ministero dello Sviluppo Economico in arrivo la prossima settimana nelle e-mail di 1 milione di imprese italiane, l’analisi dell’economista della Bocconi Francesco Sacco: le imprese utilizzino gli incentivi in ottica trasformazionale. La sfida è invertire il trend, nell’era di Internet l’Italia perde posizioni nell’export internazionale

Pubblicato il 02 Feb 2017

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In arrivo, nelle caselle di posta elettronica di circa 1 milione di imprenditori, c’è il piano Industria 4.0 spiegato alle aziende, attraverso il materiale informativo del ministero dello Sviluppo Economico sull’ utilizzo degli incentivi previsti dalla Legge di Stabilità, mentre l’Agenzia delle Entrate prepara una circolare di prassi sul funzionamento dell’iperammortamento,come anticipato durante l’evento Digital360 Industry 4.0 Summit del 25 gennaio.

Ma come fare a trasformare gli incentivi in punti di pil? La parola chiave, secondo l’economista Francesco Sacco, dell’università Bocconi di Milano, è “trasformazione“: le imprese devono «trovare delle forme di collaboration per far funzionare le piccole come se fossero grandi aziende». Con un’ambizione trasformazionale, «aggrediamo i problemi critici della nostra imprenditoria, e possiamo trovare delle soluzioni ai nostri problemi strutturali».

Il ragionamento parte dal concetto di fondo che industria 4.0, vista dal punto di vista delle aziende, è interpretabile come un modo per informatizzare le aziende oppure un modo per trasformarle. La digitalizzazione è sicuramente «una cosa buona, storicamente un passo necessario», ma se ci si limita a questo «non sarà una grande rivoluzione». Bisogna puntare a un cambiamento più strutturale, che secondo Sacco può portare al seguente risultato: la vera trasformazione digitale «rende indifferente rispetto a chi è dall’altra parte se l’impresa è grande o piccola».

La considerazione è importante, perché il panorama industriale italiano è caratterizzato da PMI. E perché questo è un elemento di dibattito fra gli economisti e anche fra le imprese: Industria 4.0 è o non è a portata delle piccole imprese? Evidentemente, secondo l’economista della Bocconi, la risposta è sì. Il problema, come più volte rilevato anche sulla pagine di Agendadigitale.eu, è più che altro rappresentato dal modo di pensare degli imprenditori, che faticano a capire l’importanza della digitalizzazione.

Qui si inserisce il piano del Governo, che «vuole utilizzare industria 4.0 come punto di appoggio per una politica industriale che modernizzi e cambi dall’interno, trasformandola, l’industria italiana. Senza modello dirigistico, ma indicando la strada che è la digitalizzazione». Ora ci sono incentivi e opportunità che prima non c’erano. «Bisogna vedere se i nostri industriali si limitano a cambiare pc per utilizzare gli incentivi, oppure si impegnano a cambiare la propria presenza sul mercato».

Il problema dell’industria italiana è il forte ritardo con cui è stata recepita l’importanza delle tecnologie. Sacco ha realizzato uno studio, presentato nel corso dell’evento Industry 4.0, che misura con una certa precisione gli effetti dell’occasione mancata. Dal 1995, avvento di Internet, a oggi, l’export del mondo (depurato di variabili come inflazione, tassi di cambio, e via dicendo) è cresciuto di tre volte (+200%). Gli Stati Uniti, tradizionalmente un grande esportatore, si sono avvicinati a questo livello, ma hanno comunque fatto un po’ meno della media del mondo. La Germania ha fatto invece più della media del mondo, risultando il vero vincitore della partita di Internet. La Cina, è crescita 14 volte in più rispetto alla media internazionale. Sull’andamento dell’economia cinese intervengono una lunga serie di altri fattori, ma secondo Sacco, la digitalizzazione e l’utilizzo di internet hanno avuto un ruolo da protagonista. Ma il dato interessante è l’Italia: «negli anni 70 e fino alla fine degli anni 80 eravamo il quarto esportatore del mondo. Oggi siamo il decimo. Sempre un grande esportatore», ma abbiamo perso parecchie posizioni. Dal ’95, l’export è cresciuto di una volta e mezzo (il 50%). Quindi, «abbiamo perso terreno nell’epoca di Internet. Nel mondo delle esportazioni tradizionali, eravamo molto più bravi. Il mondo della digitalizzazione ci ha invece fatto perdere terreno». Analisi dei dati: «la nostra imprenditoria, in uno scenario che ha molte più opportunità che nel passato, ha giocato una partita perdente. Non ha sfruttato la digitalizzaizone».


Si tratta di evidenze che offrono parecchi spunti di riflessione, e non mancano di sorprendere, anche per quanto riguarda il confronto Usa-Germania: gli Stati Uniti sono la patria dei colossi hi-tech, eppure le esportazioni tedesche nell’era di Internet sono andate meglio, nel senso che sono cresciute più di quelle a stelle e strisce.

L’Italia ha ora l’opportunità di recuperare terreno. Il piano Industria 4.0 rappresenta un input trasformazionale enorme. E le cose da cui partire sono proprio gli incentivi. Ora, si tratta di capire come funzioneranno dal punto di vista fiscale. Uno dei punti più dibattuti, è il legame che esiste fra l’iperammortamento degli incentivi per acquistare macchinari, al 250%, e l’ammortamento al 140% per l’acquisto di software. I documenti di prassi spiegheranno nel dettaglio in che cosa deve consistere il legame: la manovra prevede che per avere l’incentivo all’acquisto di software l’impresa deve anche aver acquistato macchinari tecnologici incentivati. Bisogna capire se il software per essere incentivato debba essere direttamwnte legato alla macchina o meno. Con ogni probabilità, non sarà così (con un meccanismo simile a quello del bonus mobili, la detrazione al 50% sull’acquisto di mobili che devono essere destinati a un immobile oggetto di ristrutturazione incentivata, ma non necessariamente agli stessi locali, quindi è possibile ad esempio ristrutturare il soggiorno e comprare mobili per la cucina). Ci si attende un meccanismo simile anche sul fronte del software, ma bisogna vedere le regole precise. E comunque, secondo Sacco, è corretto legare le due cose, ovvero gli investimenti in software a quelli in nuovi macchinari digitali, perché in questo modo si spinge sul punto fondamentale, che è l’acquisto di nuovi macchinari: è questo il fronte su cui abbiamo gli investimenti molto al di sotto del trend storico, e anche rispetto agli altri competitori, c’è forte obsolescenza. Quindi, «mettere insieme le due cose, e quindi puntare maggiormente sui macchinari, è virtuoso». Sono le nuove macchine in questa fase a offrire alle aziende la possibilità di trasformare il modo di produrre». Fra l’altro, anche il software destinato ai nuovi macchinari è diverso. Quindi, legare i due incentivi «vuol dire incentivare industria 4.0 e spingere le aziende verso una logica trasformazionale».

Non resta che attendere i provvedimenti annunciati. La tempistica attesa: le mail con le informazioni del ministero arriveranno la prossima settimana, il ministro Carlo Calenda ha annunciato che il materiale arriverà in 1 milione di imprese. Entro metà febbraio, arriverà anche un vero e proprio manuale per i commercialisti e i periti. E sempre nell’arco delle prossime due settimane è previsto il documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate che dettaglierà l’utilizzo dell’iperammmortamento, anche specificando con precisione le tecnologie incentivate (rispetto all’elenco già contenuto nella Legge di Stabilità).

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