La digitalizzazione dell’industria italiana rappresenta contemporaneamente un obbligo inevitabile per il settore e una straordinaria opportunità per il Paese. Secondo le stime di Confindustria, i nuovi prodotti intelligenti, i nuovi modelli di business e l’ottimizzazione di processi produttivi e logistici potrebbero portare a un aumento di cinque punti percentuali del PIL nei prossimi quattro anni.
Questa opportunità di crescita richiede una risposta immediata e strutturata alla trasformazione che sta subendo il settore. Una risposta in grado di ridefinire l’attuale modello industriale, inteso in tutti i suoi ambiti operativi, tecnologici e culturali. Le modalità e la rapidità con cui affronteremo questa quarta rivoluzione industriale, determineranno la competitività -e dunque la sopravvivenza- del nostro tessuto produttivo.
Opportunità in tutte le fasi del processo industriale
Oggi la digital disruption comporta possibilità di miglioramento, inimmaginabili appena dieci anni fa, generando impatti diretti sul business in ogni fase del processo industriale:
- Supply Chain: lo sviluppo della supply chain intelligente – basata sull’integrazione end-to-end tra i diversi attori; sul controllo completo in real time del flusso logistico e sull’intelligence logistica – porterà ad un miglioramento significativo dell’efficienza, con una riduzione fino al 20% dei costi logistici e del 30% del lead time di approvvigionamento.
- Produzione: il processo di produzione trarrà vantaggio: dall’automatizzazione, risultato della robotica avanzata; dalla manodopera specializzata su processi e operazioni a valore aggiunto; dall’intelligence applicata; dai processi di supporto ottimizzati e da nuovi metodi di produzione flessibile. Gli impatti che stimiamo in quest’ambito potrebbero comportare fino al 50% di aumento della produttività. A questo bisogna aggiungere una riduzione di circa il 20% del consumo energetico e la minimizzazione dei costi associati ai problemi di qualità.
- Progettazione e commercializzazione: il nuovo modello comporterà anche dei cambiamenti strutturali nella progettazione di nuovi prodotti, nell’ingegneria e nei loro modelli di commercializzazione. Il tutto si tradurrà in una riduzione fino al 50% del time to market e in un aumento fino all’80% sulla precisione delle previsioni di vendita.
Il successo dei progetti di Industria 4.0 dipenderà dalla corretta introduzione e gestione degli abilitatori digitali nelle fasi chiave della catena del valore.
Secondo Federmeccanica sono 11 le tecnologie e le capabilities abilitanti. Indra attraverso Minsait – la business unit creata nel 2016 per affrontare le sfide ed opportunità della digitalizzazione- presidia alcuni di questi “digital enablers” quali: IoT, Big Data, Cloud Computing, CyberSecurity, Virtual Reality e Management Consulting. Quest’ultima componente è importante per pianificare e gestire l’introduzione delle nuove tecnologie e, insieme all’eventuale adozione di nuovi modelli operativi di business, avere i benefici effettivi commentati precedentemente nelle varie fasi del processo industriale.
Come esempi concreti di trasformazione digitale in cui Indra, attraverso Minsait, è stata coinvolta è possibile annoverare: la collaborazione per il Piano di Industria Connessa 4.0 in Spagna; la definizione della strategia omnicanale per Ikea; il progetto di pianificazione end-to-end della catena del valore per Coca-Cola. In ambito Energy, lo sviluppo di un modello avanzato di manutenzione predittiva per Gas Natural Fenosa ha impattato in maniera rilevante sulle performances degli impianti.
Questi successi sono stati raggiunti anche grazie ad un approccio integrato, flessibile e dinamico della gestione dei progetti, che consente di adattare ritmo e profondità della trasformazione alle richieste e alle necessità di ogni cliente.
L’Industria 4.0 in Italia. Un Paese a due velocità
In Italia l’industria 4.0 viaggia a due velocità. Secondo i dati del Politecnico di Milano, un terzo delle società del Paese ha iniziato progetti avanzati per un valore pari a 1,2 miliardi di Euro e una crescita complessiva del 30%. Nonostante ciò, il 32% delle grandi società e il 46% delle PMI non conoscono i temi della Smart Manufacturing/Industry 4.0 e rischiano, quindi, di essere escluse dal mercato.
Al fine di evitare il rischio di digital divide del settore industriale, il 21 settembre il Ministero dello Sviluppo Economico ha presentato il piano per l’industria 4.0, che prevede tra il 2017 e il 2020 lo stanziamento di circa 13 miliardi in investimenti pubblici e un aumento degli investimenti privati di 10 miliardi di euro.
Nei prossimi mesi, l’esecuzione del piano potrebbe implementare alcune leve integrative che riteniamo cruciali per il suo successo. In primo luogo, sarà necessario ampliare il piano formativo previsto per una parte del management italiano. In effetti, data la natura del tessuto produttivo del Paese dominato dalle PMI, una parte della classe manageriale risente in alcuni casi di logiche di gestione familiare e micro imprenditoriale che non sempre favoriscono gli investimenti in innovazione.
Inoltre, sarà fondamentale promuovere il rapporto tra le società industriali, i principali player tecnologici che presidiano i “digital enablers” ed i poli di eccellenza selezionati dal governo come hub di innovazione. Si tratta di tre realtà che non sempre si sono incontrate, sebbene è proprio dal loro confronto e dalle loro sinergie che dipenderà in gran misura il successo del piano.