Tempi brevi per il prossimo decreto attuativo sul piano Industria 4.0, quello sui competence center, che conterrà i criteri in base ai quali verranno scelte le università italiane intorno alle quali dovranno svilupparsi questi centri di eccellenza: poi – a quanto apprende il nostro sito- , ci sarà uno specifico bando, al quale gli atenei interessati parteciperanno mettendo in campo i rispettivi progetti.
Sicuramente si faranno avanti i Politecnici di Milano, Torino, Bari, la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Nei mesi scorsi si era parlato anche dell’università di Bologna, della Federico Secondo di Napoli, del polo universitario del Veneto. Staremo a vedere. Agendadigitale.eu è in grado di anticipare la vision che alcuni degli atenei intendono proporre in vista della partecipazione al bando: Torino, Pisa, Bari. Milano mantiene un maggior riserbo sul progetto allo studio in vista del piano, che ci impegneremo a rendere noto appena possibile.
Ma partiamo dal bando, che in realtà rappresenta una novità rispetto a quanto sembrava risultare a una lettura del piano.
Come detto, il primo step sarà il decreto attuativo del piano. Per il momento, per quanto riguarda i competence center, in Legge di Bilancio si sono le risorse: 30 milioni di euro in tutto, di cui 20 nel 2017 e 10 nel 2018. Fondi che verranno distribuiti fra le università che si aggiudicheranno il bando. Il decreto in arrivo in tempi abbastanza veloci (è già stato messo a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico ed è al vaglio dell’Economia), stabilirà i criteri sulla base dei quali verrà predisposto il successivo bando. Eccellenza tecnologica, partneriato pubblico-privato, livello accademico dell’istituzione universitaria saranno fra gli elementi determinanti. Con ogni probabilità, non sarà previsto un numero predeterminato di competence center, la scelta verrà fatta in base alle risorse disponibili e ai progetti che verranno presentati. Certo, la cerchia sarà relativamente ristretta, puntando (come annunciato fin dall’inizio) su un ristretto numero selezionato di poli di ricerca intorno ai quali sviluppare questi competence center.
Una serie di linee guida sono state annunciate in occasione della presentazione del piano: oltre alle caratteristiche già elencate (centri di eccellenza nella ricerca, partneriato con grandi player privati), saranno valutate la contribuzione di stakeholder chiave (centri di ricerca, start-up), la polarizzazione su ambiti tecnologici specifici e complementari, modello giuridico e competenze manageriali adeguate.
Il Sant’Anna di Pisa, come spiega ad Agendadigitale.eu Paolo Dario, direttore dell’Istituto di BioRobotica e coordinatore del competence center, punta in particolare su robotica collaborativa e ambienti virtuali, nell’ambito di una vision a 360 gradi (che punta verso Industria 5.0), e abbraccia digital manufacturing, ergonomia, scienze della vita. Il Politecnico di Torino, che ha dedicato a Industria 4.0 l’apertura dell’anno accademico con la prolusione del vicerettore Emilio Paolucci, si concentra sull’automotive, con l’Additive Manufacturing come tecnologia abilitante e l’obiettivo di «svilupparne le complementarietà con altri ambiti innovativi quali Big Data, High Performance Computing, Internet delle cose, realtà aumentata e advanced manufacturing, in un sistema complessivo che si svilupperà in stretta relazione con i diversi attori del territorio». Il Politecnico di Bari, come ci racconta il rettore Eugenio Di Sciascio punta «sull’aerospazio, anche in collaborazione con il distretto, su additive manufactoring e iot, e sulle costruzioni innovative. Il tutto, con un elemento comune di raccordo che è la gestione dei processi in ottica di digitalizzazione».
Gianni Potti, presidente CNCT Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, sottolinea che il punto fondamentale in materia di competence center è che alla fine vengano valorizzate le eccellenze che ci sono in questo paese». Potti cita il rapporto Anvur, recentemente pubblicato sulla qualità della ricerca nelle università italiane, con la classifica delle eccellenze per le diverse aree di ricerca, e sottolinea che, anche nella scelta dei competence center industria 4.0, «si debba tener conto di queste graduatorie, e del lavoro che fanno queste università tutti i giorni».
L’auspicio, quindi, è che «si vada sulle vere eccellenze, perché la vera partita di Industria 4.0, esplicitata nel piano, prevede di specializzare questi competence center, senza avere dei doppioni». Il programma per Industria 4.0 di Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici prevede la collaborazione dei digital innovation hub con i competence center: «nella governance dei singoli innovation hub sarà presente un rappresentante del competence center più vicino». Ad oggi, i digital innovation hub di Confindustria, che sono riconosciuti dall’Unione Europea, sono Marche, Emilia Romagna, Puglia, Lazio, Piemonte e Triveneto.
La mission dei competence center, in base al piano Industria 4.0 prevede le seguenti linee generali: formazione e awareness, live demo su nuove tecnologie e accesso a best practice, advisory tecnologica alle PMI, lancio ed accelerazione di progetti innovativi e di sviluppo tecnologico, supporto alla sperimentazione e produzione “in vivo” di nuove tecnologie, coordinamento con centri di competenza europei.
Sul fronte della ricerca, delle tecnologie, e delle partnership ogni ateneo metterà in campo le sue scelte. Per quanto riguarda la formazione, Marco Taisch, professore ordinario di Sistemi di Produzione Automatizzati e Tecnologie Industriali del Politecnico di Milano, sottolinea come in chiave Industria 4.0 ci sia «un vantaggio del sistema scolastico italiano rispetto ad altri paesi europei. La formazione del costrutto mentale cognitivo, degli elementi di base, diventa più importante dell’insegnamento di uno strumento. Non si insegna la funzione di excel, questo è training, non è educazione. L’educazione è cosa c’e dietro la costruzione di un foglio elettronico, sono i connecting the dots di Steve Jobs». La sfida, su questo fronte, prevede che la formazione lavori sull’abilità di connettere i punti, collegare pezzi diversi di una professione». Una mission formativa, anche a livello universitario e di professioni tecniche, che fornisca le basi di analisi dei processi, di scomposizione dei problemi, una cultura che non invecchia con la tecnologia. Che è basata su costruzioni mentali, come una volta si diceva studia latino che ti servirà per la vita. Attenzione: il tutto in ottica Industria 4.0, quindi nell’ambito della valorizzazione degli indirizzi di studio METS (mathematics, engineering, technology, science), sia a livello universitario che di scuole superiori, con la rivalorizzazione degli istituti tecnici. In parole semplici, una formazione tecnica e scientifica che dia più strumenti.
Un punto su cui gli esperti insistono: Industria 4.0 può e deve essere anche un’occasione per l’occupazione giovanile, e qui il ruolo della formazione, in un mondo ad alto tasso di trasformazione, è fondamentale. Gli elementi che emergono: integrazione fra cultura scientifica, tecnica e umanistica, ruolo formativo, attenzione ai territori.