«Il primo trimestre ha dato una risposta positiva al piano Industria 4.0 del Governo, siamo a +22% entrata ordini del mercato italiano, che ha risposto come speravamo, proprio perché le aziende vogliono fare questo salto di qualità in termine di tecnologie, innovazione, interconnessione, sistemi di rete. Avevano bisogno che anche il governo ci credesse, dando un incentivo importante». Così Massimo Carboniero, presidente di UCIMU, commenta i dati che l’associazione ha fornito relativamente agli ordini di gennaio-marzo, che sono forse i più eclatanti fra quelli che in queste settimane iniziano ad arrivare sull’impatto degli incentivi previsti. Ma la cosa più importante è che il trend, secondo le attese di UCIMU, è destinato a proseguire nel corso dell’anno. Sull’impatto attuale è più prudente Marco Vecchio, segretario ANIE Automazione, il quale segnala come in realtà l’associazione delle imprese elettroniche ed elettrotecniche si attenda un risultato in crescita nella seconda parte dell’anno. In realtà anche il mercato dei fornitori di tecnologia per le macchine di fabbrica è in crescita, «noi abbiamo una previsione sui primi sei mesi di un mercato in crescita di 4-5 punti sullo stesso periodo dell’anno scorso. Ma ci siamo chiesti: cresce per il piano Calenda, o cresce perché cresce? la risposta che ci siamo dati è la seconda, perché il nostro mercato cresce già da 6-7 anni, dal 2009. Siamo fra i pochi ad avere già ripreso i valori di fatturato pre crisi». In pratica, il 4-5% stimato per il primo semestre è ancora strutturale, non incamera l’impatto degli incentivi, «anche perché si sono persi un po’ di mesi, fino al 30 marzo (quando è uscita la circolare delle Entrate) c’erano veramente tanti dubbi. Gli imprenditori ci hanno messo un po’ a decidere come muoversi. Adesso invece iniziano gli investimenti». E sulle imprese che vendono la componentistica e le tecnologie per le macchine, l’impatto si vedrà nella seconda parte dell’anno. «Prevediamo almeno altri 4-5 punti percentuali in più, potremmo chiudere l’anno fra l’8 e il 10% di crescita».
I dati fondamentalmente sono coerenti con quelli di UCIMU. Vecchio spiega: «il +22% riguarda il mercato italiano, che vale il 20% del loro fatturato (esportano l’80%). Quindi, sul loro mercato totale, significa un incremento del 4%». Comunque la si voglia girare, si tratta comunque di numeri positivi. Fra l’altro, la trimestrale di UCIMU per quanto riguarda gli ordini sul mercato internazionale vede una crescita del 5,1% rispetto all’anno precedente. Che, in effetti è quasi totalmente imputabile al risultato degli ordini italiani (sul fronte estero, la crescita è dello 0,3%).
Un altro dato che induce all’ottimismo è quello di API, associazione piccole e medie imprese, che ha realizzato un sondaggio in base al quale c’è una buona metà di imprenditori che utilizzerà nel corso del 2017 gli incentivi del Piano. C’è un 25% di imprese che prevede di investire in modo importante su Industria 4.0, e un altro 56% che prevede investimenti più marginali. Alla fine, il numero di imprenditori che non dichiara particolare interesse per investimenti in digitale si riduce al 13%. Paolo Galasso, presidente dell’associazione, sottolinea che c’è un 11-12% di imprese particolarmente lungimiranti che in realtà ha già iniziato negli anni scorsi ad effettuare investimenti in digitale avanzato, e che a maggior ragione approfittando degli incentivi continuerà a farlo. Me considerando che il 42% degli imprenditori dichiara comunque un forte interesse verso le tematiche legate a Industria 4.0, emerge un “bacino d’utenza” immediato di imprese che rappresentano un target da agganciare. «L’interesse degli imprenditori si concentra su due aspetti – spiega Galasso -. L’automazione, che consente di controllare gli impianti. E la riduzione dei rischi per i dipendenti. Si tratta di un aspetto a cui gli imprenditori sono molto attenti. qualcuno pensa a ridurre manodopera,, ma non è neanche tanto cosi. magari si diminuisce manodopera manifatturiera, ma dovrà aumentare quella informatica, o di controllo delle macchine. danno sicurezza e garanzia, perché si riducono i rischi per i dipendenti, nel senso che aumenta la sicurezza sul lavoro. Nel manifatturiero ci sono tanti lavori pericolosi, l’informatizzazione allontana il personale dai macchinari e dai luoghi della fabbrica più a rischio».
Paolo Manfredi, responsabile digitale di Confartigianato, ritiene che le imprese artigiane si concentreranno soprattutto sul revamping delle macchine. «Se dovessi scommettere, direi che a fine anno almeno il 60% degli investimenti, in termini di numero di aziende, sarà sul revamping».
Per quanto riguarda i settori su cui le imprese stanno investendo, Carboniero cita l’automotive, il riscaldamento (bombole gas, scaldabagni), le pompe sommerse. Anche API, con riferimento in particolare alle PMI lombarde, segnala il settore dell’healthcare, seguito da automotive e smart home.
Un punto su cui tutti i rappresentanti delle imprese sono d’accordo è la richiesta al Governo di prorogare gli incentivi. La richiesta di UCIMU: «un anno in più per l’iperammortamento, portandolo quindi almeno al giugno 2019. Questo potrebbe permettere a tante aziende che devono fare strategia a medio termine di utilizzarlo. Il superammortamento, invece, dovrebbe diventare strutturale». Vecchio auspica «che si riesca ad andare avanti anche negli anni successivi», sulla base della considerazione che Industria 4.0 «non è un processo che dura un anno. In questi mesi ho incontrato tanti imprenditori, e riscontro la volontà di avere un approccio culturale. Quindi, sono fiducioso nel fatto che l’imprenditore italiano non si fermerà comunque, ma sarebbe sicuramente utile che ci fosse una continuità anche sugli incentivi». Manfredi ritiene che si debbano almeno allungare i tempi dell’acconto del 20% (la legge prevede che si possa utilizzare l’iperammortamento fino al giugno 2018, ma solo se l’ordine è stato effettuato entro la fine del 2017 ed è stato pagato un acconto del 20%). Il motivo: in considerazione del fatto che i competence center, che avranno un ruolo fondamentale nell’aiutare le imprese al passaggio verso Industria 4.0, non partiranno prima di novembre, senza la proroga il rischio è quello di lasciare le imprese senza le competenze che servirebbero a orientare gli investimenti. Galasso sottolinea che anche la Sabatini (norma che incentiva il finanziamento dell’acquisto di macchinari nuovi, peraltro inserita nel Piano, con incentivi aggiuntivi per le PMI che effettuano investimenti in digitale) è stata via via prorogata perché ha funzionato. E a sua volta sottolinea che, con un solo anno di iperammortamento, le imprese sono costrette a tempi troppo stretti: «è un limite soprattutto per la piccola impresa. Abbiamo già rivolto la richiesta al ministero, che sembra favorevole».
Fra i motivi a sostegno della richiesta di proroga, la necessità di continuare l’opera di stimolo, anche culturale, verso le imprese che in particolare se sono di piccole o medie dimensioni manifestano comunque resistenze, anche per la mancanza di adeguata preparazione digitale. Spesso mancano competenze interne in grado di orientare scelte costose e complesse. Tutte le associazioni imprenditoriali su questo sono mobilitate. Ci sono gli innovation hub di Confindustria, ma non solo. UCIMU ha predisposto un portale specifico per gli imprenditori che vogliono fare domande su come sfruttare gli incentivi.
Le dimensioni possono essere un limite in questo senso, sottolinea Galasso. «La grandezza dello stabilimento facilita gli investimenti. Sono ottimista anche sulle PMI che, pur avendo magari un limitato numero di dipendenti, da 50 a 100, sono uscite a testa alta dalla crisi, anche grazie agli investimenti già fatti in tecnologie all’avanguardia, e che ora completeranno il percorso. Ma ho paura invece del piccolo imprenditore, che fa parte dell’indotto, e magari non conosce nemmeno Industria 4.0. Penso per esempio al settore dei trasporti, nel quale l’impressione per il momento è che i piccoli non stiano investendo nello sviluppo tecnologico». Nel manifatturiero, dove invece l’attenzione è alta, ci sono comunque resistenza culturali su cui stiamo lavorando». E questo, per le associazioni imprenditoriali, «è un compito istituzionale importante». Anche pensando ai costi. Il punto, spiega Galasso, è che spesso si confonde l’informatica tradizionale con l’informatizzazione di un’azienda, che è cosa complessa. L’informatica è a basso prezzo nell’hardware, ma poi per farla funzionare i costi sono elevatissimi. La macchina va adattata al proprio sistema, non esistono standard per la produzione. E questo significa che bisogna investire anche in formazione delle persone». Non solo: «le imprese che sono uscite meglio dalla crisi, stanno pensando anche a ricerca e sviluppo, e all’internazionalizzazione».
Sull’importanza delle attività in ricerca e sviluppo, pure incentivate dal piano, insiste anche Vecchio. «Noi insistiamo molto anche sugli altri strumenti inseriti nel piano, e sulla loro cumulabilità. Permette di mettere insieme ad esempio la Sabatini con l’iperammortamento. O ancora, il credito d’imposta per ricerca e sviluppo (incrementato al 50%) è uno strumento interessante per il produttore di macchinari, che fa la ricerca meccatronica. E che poi, nel caso si tratti di una PMI, si può sommare con la Sabatini.
Galasso individua altri elementi strategici su cui le imprese dovrebbero puntare: fare sistema (prendendo esempio dai tedeschi, che privilegiano i propri prodotti e la propria industria), e fare rete. «Deve cambiare il sistema di fare impresa, creando nuovi modelli di collaborazione che favoriscono proprio le piccole e medie imprese».