lo studio

Industry 4.0, l’innovazione fragile del made in Italy: il caso Emilia

Emergono più luci che ombre dalla Ricerca elaborata da EY per fotografare l’approccio delle aziende emiliane alla sfida Industria 4.0, ma molte opportunità chiave di questa rivoluzione rischiano di essere catturate solo da poche aziende leader

Pubblicato il 25 Ott 2016

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L’Emilia non soltanto è un territorio di eccellenze del Made in Italy in tantissimi settori, delle macchine per produrre al biomedicale, della meccatronica alle piastrelle, dall’automotive al tessile e all’agroalimentare, ma ha sempre rappresentato anche un modello di innovatività per il Paese.

Questo territorio ha dimostrato forse più di ogni altro in Italia, come l’integrazione dell’azienda in un “ecosistema” fatto di fornitori qualificati, servizi condivisi, competenze tecniche e imprenditorialità diffusa sia un fattore di successo nella competizione globale.

EY, nell’ambito della quarta edizione della conferenza annuale organizzata dal Centro studi G.R.O. con il patrocinio di Confindustria Modena e dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ha presentato la ricerca “Industry 4.0 la rivoluzione della porta accanto”, che analizza l’approccio delle imprese del territorio emiliano alla sfida dell’Industry 4.0.

L’approccio alla ricerca non è stato di tipo statistico ma si è preferito parlare direttamente e approfonditamente con chi è nella posizione di definire la strategia dell’azienda. Per elaborare la ricerca, sono stati infatti intervistati 30 imprenditori e dirigenti apicali di alcune delle realtà più significative del territorio emiliano.

I risultati dell’analisi hanno confermato alcune delle evidenze positive del tessuto industriale emiliano: la conoscenza e l’interesse a sviluppare iniziative di diffusione del modello Industry 4.0 così come per le principali tecnologie abilitanti è risultata molto alta; la consapevolezza e soprattutto la disponibilità ad investire nella tecnologia digitale è decisamente consolidata e spesso accompagnata da concreti programmi di sviluppo già pianificati.

Appare evidente però un divario abbastanza rilevante di consapevolezza strategica su Industry 4.0 tra le imprese medio-grandi che hanno un’esposizione globale e quelle più piccole con prospettive principalmente nazionali o locali.

Dalle interviste sono emerse però altri elementi sui quali, a nostro avviso, dovremmo riflettere: La gestione delle filiere di fornitura e il “travaso” di tecnologia che avviene tra le aziende leader del territorio e i propri partner locali sono considerati processi estremamente critici e potrebbero rappresentare una garanzia di sviluppo per il territorio, così come un grave punto di rottura del modello “inclusivo” tipico dell’Emilia se non affrontato in modo strutturale.
Questo sistema industriale è caratterizzato poi da distretti che la tecnologia sarebbe in grado di meglio connettere e aggregare, permettendo di gestire i processi in maniera da ottimizzare asset e competenze presenti e di generare servizi condivisi tali da rendere più competitivo l’intero sistema.

Dalla nostra ricerca emerge invece che la metà delle imprese intervistate ritengono che il fenomeno del distretto industriale non possa giocare un ruolo fondamentale nel “trascinare” le piccole imprese dentro la quarta rivoluzione industriale.
La reticenza nell’aprire la propria azienda, condividere dati e progettare servizi condivisi supportati dalla tecnologia digitale è ancora profondamente diffusa. Un altro elemento sul quale riflettere è l’interpretazione decisamente “efficienziale” che emersa rispetto a Industry 4.0. La stragrande maggioranza dei rispondenti ha sottolineato soprattutto la tematica “cost reduction” nei benefici attesi dagli investimenti digitali; poche sono state invece le aziende che hanno identificato il digitale come leva per comprendere, servire e soddisfare meglio un consumatore sempre più evoluto.

La quasi totalità delle aziende intervistate dichiara di non possedere un approccio strutturato nell’affrontare l’evoluzione Industry 4.0, che si manifesta più come una serie di singole iniziative specifiche che una strategia digitale e una road map di medio termine. L’assenza di una vera e propria strategia digitale e il limitato utilizzo di strumenti di “open innovation” rischia di disperdere energie e investimenti in iniziative marginali o a limitato impatto.

Il fatto infine che la quasi totalità delle imprese intervistate abbiano espresso un giudizio positivo sulle nuove misure del governo e che le stesse abbiamo collocato il tema dell’accesso al credito solo al terzo posto tra gli ostacoli percepiti sul sentiero dell’innovazione digitale, paiono indicare che il vero collo di bottiglia sia da identificarsi altrove. La risorsa scarsa, più e prima di ogni altra cosa, è la mancanza di una diffusa cultura digitale e – aggiungiamo noi – soprattutto di progettualità strutturata.

Industry 4.0 rappresenta, probabilmente, l’ultima chiamata per rilanciare il ruolo delle nostre imprese nella competizione globale. Ogni rivoluzione rappresenta un momento di drammatica discontinuità, nella quale ci saranno nuovi vincitori e nuovi vinti. Per questo è urgente che tutte le nostre imprese, non solo le eccellenze, si interroghino sul proprio futuro, sulle opportunità e le minacce che hanno davanti, ma anche sul ruolo che i nostri distretti industriali potrebbero giocare nel preservare la loro competitività.

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