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Innovazione e sostenibilità per rilanciare l’Ue: serve una politica industriale



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L’8-9 giugno, gli italiani hanno votato per il Parlamento Europeo, che eleggerà il nuovo presidente della Commissione Europea. La crisi dell’industria europea, minacciata da Cina e Stati Uniti, richiede una politica industriale efficace. Il rilancio passa anche attraverso l’energia sostenibile e l’innovazione tecnologica, cruciali per la competitività

Pubblicato il 8 lug 2024

Giovanni Baroni

Presidente della Piccola Industria e vice presidente di Confindustria, Fondatore di Billoo – Osservatorio Billoo



modello di sviluppo sostenibile - sostenibilità

Lo scorso 8-9 giugno i cittadini italiani hanno espresso il loro voto per il rinnovo del Parlamento Europeo (PE). Una volta definiti i gruppi delle famiglie politiche europee, il PE avrà il compito di eleggere il nuovo presidente della Commissione Europea, che sarà designato dal Consiglio Europeo tenendo conto dei risultati delle elezioni. Il nuovo presidente della Commissione, organo esecutivo dell’Unione Europea (UE), avrà l’arduo compito, tra gli altri, di riportare al centro l’industria europea. Un’industria necessariamente moderna e competitiva. Purtroppo, da diversi anni, assistiamo a un inesorabile declino dell’industria dei paesi dell’Unione Europea.

La crisi dell’industria europea

Come recentemente riconosciuto dalla presidente di Commissione uscente, Ursula von der Leyen, le pratiche commerciali aggressive della Cina hanno messo in crisi l’industria europea. «L’Europa non può accettare pratiche distorsive del mercato che potrebbero portare alla deindustrializzazione interna» ha detto von der Leyen, in un avvertimento senza precedenti che lascia presagire la volontà da parte dell’Unione Europea di non escludere una guerra commerciale con Pechino.

Se da una parte i paesi dell’Unione lavorano per contrastare la competizione scorretta cinese – con il governo che sussidia le imprese e le agevola dal punto fiscale – anche le politiche industriali degli Stati Uniti minacciano il futuro dell’industria europea. L’Inflation Reduction Act (IRA) è stato approvato dal Presidente democratico Joe Biden e il carattere protezionistico di alcune misure contenute nell’IRA ha generato forti preoccupazioni all’interno dell’UE.

Oltre a Cina e Stati Uniti, anche India e alcuni paesi dell’Africa o del Golfo possono entrare in partita, anche grazie al loro desiderio di affrancarsi dalla dipendenza dalla produzione di petrolio, attraendo investimenti e puntando sulla tecnologia.

L’UE e l’assenza di una politica industriale

La politica industriale dell’Unione Europea negli ultimi vent’anni è stata pressoché assente. L’apice è stato raggiunto nell’ultima Commissione, dove addirittura non era presente alcun Commissario all’Industria, in un contesto permeato da un ideologismo green al limite del fanatismo religioso. Eppure, una virtuosa politica industriale è strategica per la crescita e va di pari passo con innovazione: un Paese diventa competitivo soprattutto se le sue imprese sono capaci di innovare e di intercettare e governare i cambiamenti in atto.

Se da un lato l’Europa ha colpevolmente abdicato a ogni politica industriale, dall’altro lato la Cina è diventata leader nelle tecnologie e ha stabilito la supremazia nei prodotti desinati alla transizione energetica e ambientale.

Pannelli fotovoltaici, inverter, pompe di calore e auto elettriche sono tutti cinesi: questo fattore va affrontato in quanto rischia di minacciare in modo irreparabile l’industria europea dell’auto.

La crisi dell’Unione Europea si manifesta anche in altri campi. Come quello della Difesa, sempre più delegata agli Stati Uniti attraverso la NATO, in un momento in cui le turbolenze geopolitiche sul fianco Est e i venti di isolazionismo provenienti da Oltreoceano imporrebbero quantomeno una discussione più approfondita sulla necessità di costruire una vera autonomia strategica. Stesso discorso vale per l’energia, il cui approvvigionamento in passato è stato disgraziatamente affidato alle importazioni dalla Russia di Vladimir Putin. L’attuale profonda crisi della Germania è lo specchio di questa serie di scelte sciagurate.

Il ruolo dell’energia nel rilancio dell’industria europea

L’Unione Europea e la maggior parte dei paesi che la compongono – compresa l’Italia – hanno ritenuto di poter delegare ogni competenza. Applicato all’industria, questo ragionamento ha fatto prevalere il principio per cui tutto potesse essere comprato fuori dai confini dell’UE, in una logica che ha scientemente azzoppato la produzione interna. Dopo decenni di inesistenti politiche mirate a difendere le imprese dei paesi dell’Unione, ci si è resi improvvisamente conto che il benessere dei cittadini derivi anche dall’industria. Un rilancio di efficienti politiche industriali europee può infatti portare anche a un rilancio politico della comunità europea. In questo senso, l’energia può giocare un ruolo determinante, in quanto rappresenta uno dei cardini su cui si snodano due degli elementi fondanti dell’industria: la competitività e l’innovazione.

La sostenibilità come opportunità per le imprese europee

L’Unione Europea non ha commesso un errore nell’individuazione della “sostenibilità” come uno dei mega trend – e fonte di opportunità per un’industria moderna – che avrebbe caratterizzato le economie occidentali. Lo sbaglio, semmai, è stato imporre delle scelte e alcune tecnologie, ritenendo che le aziende, i manager e gli imprenditori non fossero in grado di fare il loro mestiere. Ovvero raggiungere un obiettivo scegliendone autonomamente il percorso.

Le imprese, però, possono sfruttare in maniera fenomenale il tema della sostenibilità. Avviare un percorso per diventare sostenibili significa essere più competitivi, in quanto la sostenibilità favorisce tecniche innovative che si sviluppano all’intero delle imprese. Ciò che risulta dirimente è lavorare a un’innovazione concreta, pragmatica, fatta non solo di buoni propositi o ideali, ma di tecnologia.

La portata di questa rivoluzione non è lontana da noi. Basta guardare ai rapporti Italia-Cina, con Pechino che spesso chiede la collaborazione di PMI italiane nella costruzione di nuovi macchinari per produrre batterie – perché più efficienti e puliti di quelli cinesi.

Cosa possono fare le aziende

Le aziende che hanno investito in sostenibilità prima del 24 febbraio 2022 – ovvero prima dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, evento che ha portato a un’impennata dei prezzi dell’energia elettrica e del gas – hanno avuto un vantaggio competitivo non indifferente. Queste, infatti, hanno investito nell’autoproduzione di energia, installando pannelli fotovoltaici sui tetti, o nell’efficientamento energetico, analizzando i propri consumi e sostituendo i macchinari energivori.

Le aziende che, utilizzando le nuove tecnologie messe a disposizione dall’intelligenza artificiale (purtroppo made in USA e non in UE), riusciranno a comprendere a fondo i propri dati di consumo potranno notevolmente ridurre l’energia assorbita grazie a best practices o macchinari sempre migliori. È quello che certifica anche CERVED, in uno studio da poco pubblicato. Le aziende che hanno investito in sostenibilità sono meno rischiose e ottengono un merito creditizio migliore, indipendentemente dalla dimensione, potendo anche accedere a strumenti finanziari evoluti che accompagnano la crescita.

Consigli per le imprese che vogliono iniziare un percorso di consapevolezza energetica e sostenibilità

Come ad esempio i mini bond, il cui potenziale è stimato in 6,6 miliardi di euro solo per l’Italia. Ecco quindi alcuni consigli per le imprese che vogliono iniziare un percorso di consapevolezza energetica e sostenibilità:

  • Analisi dei consumi e dei costi energetici e ambientali dell’impresa, con individuazione delle tendenze nel tempo; censimento dei principali sistemi di utilizzo dell’energia ed eventuale installazione di un sistema di misura aggiuntivo (subemetering); analisi bollette e consumi tramite sistemi automatizzati.
  • Partendo dai dati, individuazione di sprechi o di processi o macchinari poco efficienti da sostituire; ricerca perdite nei circuiti di aria compressa; recupero dei cascami di calore; installazione di macchinari di ultima generazione
  • Stabilito il consumo ottimizzato si procede con l’ottimizzazione dei costi tramite i contratti di acquisto e impianti per l’autoproduzione come i pannelli fotovoltaici.

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