L’analisi

Innovazione, tanti decreti ma poca strategia: ora serve un “sistema nazionale”

Il decreto Crescita contiene diverse misure per la trasformazione tecnologica dei processi di produzione delle PMI che incrociate con quelle del DL Rilancio potrebbero avere effetti positivi su tutto il sistema. Manca però una visione strategica per costruire un sistema nazionale d’innovazione

Pubblicato il 08 Lug 2020

Giacomo Bandini

Competere

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Tra le misure a favore dell’innovazione, oltre al decreto Transizione 4.0, sono in arrivo le disposizioni attuative del Decreto Crescita e il nuovo bando “macchinari innovativi”.

Esaminiamo gli strumenti messi a disposizione dal MISE e gli ambiti di applicazione, fermo restando che – al di là della validità o meno dei singoli interventi – sembra ancora una volta mancare una strategia di lungo termine, la visione di un sistema nazionale di innovazione che permetta all’intero ecosistema, composto da imprese piccole e grandi, di esprimere il suo potenziale.

Le misure del decreto Crescita

Rimasto a lungo in sospeso, è stato convertito in legge un anno fa, il decreto Crescita contiene diverse misure indirizzate verso la trasformazione tecnologica dei processi di produzione delle PMI che incrociate con quelle previste nel DL Rilancio potrebbero avere effetti positivi su tutto il sistema.

Il via libera della Corte dei conti dovrebbe portare alla pubblicazione in Gazzetta in tempi brevi. Uno dei pregi è quello di essere targetizzato e specifico nelle iniziative a sostegno dei potenziali beneficiari. Industria 4.0 non deve essere infatti un paradigma rivolto solamente ai grandi gruppi, ma deve coinvolgere necessariamente anche le realtà di dimensioni ridotte che forniscono un contributo significativo alle varie filiere.

Il valore totale degli strumenti messi a disposizione in questa tornata supera i 600 milioni di euro di cui 210 sono finanziamenti e contributi diretti del MISE indirizzati alla spesa per progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale per l’economia circolare. 100 milioni invece sono le risorse allocate per gli investimenti delle PMI nella trasformazione tecnologica e digitale per una copertura massima del 50% degli investimenti sostenuti di cui il 10% sotto forma di contributo e il 40% come finanziamento agevolato. Infine 265 milioni vengono dedicati all’acquisto di macchinari, impianti, attrezzature, software per gli investimenti legati alla trasformazione digitale 4.0 e all’economia green nelle regioni del meridione (Calabria, Campania, Basilicata, Sicilia e Puglia).

Nel sostegno alle PMI vengono peraltro incluse sia le spese destinate al personale dipendente – tecnici ricercatori ed altro personale ausiliario – dedicati unicamente alle attività del progetto presentato sia le spese più operative dove si collocano i beni strumentali e anche le attività di consulenza necessarie all’implementazione. Questo aspetto è interessante poiché in passato è mancato spesso un riferimento specifico ai costi che le imprese devono sostenere per esternalizzare attività che non sono in grado di realizzare in house. Le PMI, in particolare, scontano un deficit di personale specializzato e addetti all’installazione delle attrezzature 4.0 (nelle aziende da 10 a 49 addetti sono meno del 10% e in quelle da 49 a 99 intorno al 35%, dati ISTAT).

Per quanto riguarda gli investimenti nella trasformazione 4..0 e digitale, essi includono le spese legate ai processi produttivi circoscritti ad alcuni settori mirati e specifici:

  • Tecnologie abilitanti individuate dal Piano nazionale impresa 4.0 (advanced manufacturing solutions, addittive manufacturing, realtà aumentata, simulation, integrazione orizzontale e verticale, industrial internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics);
  • Tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera, finalizzate:
  • all’ottimizzazione della gestione della catena di distribuzione e della gestione delle relazioni con i diversi attori;
  • al software;
  • alle piattaforme e applicazioni digitali per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio;
  • ad altre tecnologie, quali sistemi di e-commerce, sistemi di pagamento mobile e via internet, fintech, sistemi elettronici per lo scambio di dati (electronic data interchangeEDI), geolocalizzazione, tecnologie per l’instore customer experience, system integration applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things)

Diversi quindi gli ambiti di applicazione e le opportunità per le imprese che intendono accedere a questa forma di sostegno. In particolare, il riferimento a Impresa 4.0 sembra essere in continuità con quanto portato avanti dal piano voluto dal Ministro Patuelli pur utilizzando un sistema diverso di policy. Mentre Transizione 4.0 è allo stato attuale imperniato intorno al credito d’imposta in questo caso si tratta di trasferimento diretto e finanziamento agevolato e a garanzia pubblica.

Oltretutto si nota al punto 2 una estensione degli ambiti di applicazione notevole e probabilmente più indicata per le dimensioni dei soggetti potenzialmente beneficiari. Spiccano su tutti l’incentivo a utilizzare piattaforme digitali destinate alla logistica, quindi rivolte ai processi organizzativi, e le tecnologie dedicate all’e-commerce. Settore in cui l’Italia, secondo i dati Eurostat 2019, è ancora indietro rispetto ai principali paesi europei come Germania, Francia e Regno Unito. Una menzione meritano anche le voci blockchain, AI e IoT anche se si tratta di aree imprescindibili dagli investimenti in personale qualificato da parte delle aziende. Aspetto sottolineato peraltro dal recente Piano Colao dove diversi punti sottolineavano la necessità di costituire un sistema di competenze 4.0 come key enabler dei processi di innovazione.

Conclusioni

Resta una questione cruciale e, per certi versi, ridondante in questa tipologia di azioni da parte dei governi e dei ministeri competenti. Ossia per quale motivo gli interventi nell’ambito dell’innovazione e della trasformazione tecnologica vengano continuamente cartolarizzati e si compongano di decreti (Crescita, Rilancio, Transizione 4.0, Semplificazioni) e norme attuative spesso slegati tra di loro. Non solo cronologicamente, ma anche nella strategia industriale. Molte misure vengono riprese più volte, con variazioni di strumento ma non di obiettivo, e con budget ristretti che si accavallano l’uno sopra l’altro. Questo può rendere più difficile, specialmente nei periodi di incertezza ed emergenza, la pianificazione degli investimenti da parte degli attori economici. Anche di piccole o medie dimensioni.

La discontinuità normativa è sintomatica della carenza di una strategia governativa che abbracci i diversi ambiti dell’innovazione e della digitalizzazione. Non importa, in questo ragionamento, che l’idea della politica sia più vicina ad una pianificazione degli interventi e degli ambiti di investimento o che venga lasciato spazio al mercato di svilupparsi in autonomia. È rilevante che la politica non sia in grado di costruire policy e portarle avanti in un arco temporale prefissato, agevolando le imprese e cercando di costruire un sistema nazionale d’innovazione. Le misure, anche se ben ideate come nel caso del Decreto Crescita, rischiano così di essere inefficaci nel lungo periodo e di costituire solamente un piccolo sostegno ad un ecosistema dal potenziale inespresso.

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