La quarta rivoluzione industriale non riguarda solo la tecnologia, è anche e soprattutto un nuovo paradigma culturale con un impatto sul lavoro a tutti i livelli: da chi si trova a bordo macchina, con le macchine che stanno cambiando e robot sempre più collaborativi, salendo nella scala gerarchica dell’organizzazione fino ai vertici della fabbrica e dell’impresa. Dobbiamo pensare in termini di impresa 4.0 più che di industria 4.0. Non solo fabbrica, per dirla in parole semplici, ma anche uffici, processi aziendali, relazioni con i fornitori e con i clienti. L’osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, dopo che negli ultimi due anni si è concentrato sulle tecnologie abilitanti di Industria 4.0, in questo terzo anno di attività sposta il focus sulle competenze. La domanda è: per sfruttare l’innovazione tecnologica che competenze devo avere domani? L’università deve educare non solo gli ingegneri 4.0, ma pensare in ottica più ampia. Il piano nazionale Industria 4.0 ha l’ambizione di moltiplicare per due gli iscritti agli istituti tecnici superiori, erogare competenze 4.0 a 200mila universitari, formare 3mila manager, istituire 1900 dottoratiti di ricerca. Un’ambizione che riguarda le nuove leve, e i nuovi studenti, ma anche le persone che già sono in azienda. Il rischio che vogliamo contrastare è quello di rottamare anticipatamente persone che oggi hanno una fortissima competenza specifica di settore, ma che rischiano di venire prepensionati o allontanati da un’evoluzione tecnologica che non stanno cavalcando.
Per questo ci siamo chiesti quali skill debbano avere le figure professionali di oggi e di domani, e di conseguenza quale formazione debba essere fatta. Abbiamo fatto brainstorming con le imprese dell’Osservatorio, con Assolombarda, e abbiamo cominciato a definire le competenze delle diverse figure professionali, quali ad esempio: l’Operatore 4.0, il Manutentore 4.0, Logistica 4.0, il Supply Chain Manager 4.0, il Progettista 4.0, l’Operation Mmanager 4.0, e l’ Imprenditore 4.0…
Le competenze di base
Il fattore comune (cioè l’elemento che collega tutte le competenze 4.0 che le figure professionali sopra elencate devono avere) è il dato, quindi la capacità di identificare, gestire, analizzare i dati per creare valore nei processi di business. Se le diverse figure professionali ad oggi erano abituate a prendere decisioni in mancanza di informazioni pertinenti ed aggiornate, adesso hanno a disposizione dati forniti in tempo reale, contestuali, e selezionati (l’informazione giusta per prendere la decisione giusta). La sensoristica fornisce l’informazione, il cloud permette di riceverla in qualunque posto si sia. C’è una nuova opportunità, ma cade anche un alibi: non si può più dire di non sapere che stava succedendo qualcosa per giustificare una mancata, o sbagliata, decisione. Il dato però dev’essere interpretato: avendo a disposizione quantità di informazioni più elevate, diventa più difficile saperli filtrare ed interpretarne il significato. Occorrono competenze in materia di: analisi di trend, statistica, capacità di lettura dei dati grafici. Queste i diventano skill di basebasic, che oggi non tutti hanno.
Tornando alle professioni sopra elencate, alcune prevedono già una capacità evoluta di analisi dei dati, altre meno. Per esempio: l’imprenditore abituato a ragionare di pancia deve razionalizzare i processi decisionali. A fianco dell’intuito, alla creatività, alla propensione al rischio, ha bisogno di una base informativa maggiore e migliore informazione sui clienti, i concorrenti, i prodotti e i servizi. Tutto questo potrebbe portare forse ad assumere rischi anche più alti, ma ragionati. A livello gerarchico più basso, l’operatore di macchina, che adesso ha spesso ha mansioni ripetitive, dovrà invece prendere più decisioni. L’automazione industriale prevede la sostituzione dei lavoratori da parte dei robot, il movimento fisico viene sostituito dalla macchina. L’’automazione cognitiva, basata sul dato, invece supporta i lavoratori per migliorarne le prestazioni. Se io fornisco all’operatore, maggiori informazioni, aumenta la sua produttività, perché non perde tempo a capire cosa deve fare attraverso una serie di passaggi (prendere il disegno, leggere le istruzioni).
Abbiamo fatto un esperimento, dando a un operatore a bordo linea, attraverso un tablet, le informazioni in tempo reale sul pezzo che doveva fare. La sua produttività è aumentata del 20%. L’azienda ha risparmiato perché non ha sostituito la persona con il robot, e ha mantenuto un posto di lavoro. Le imprese ne traggono vantaggio, perché la persona ha più esperienza della macchina e, sostituendo la persona con il robot, questa componente verrebbe persa. Inoltre, anche se normalmente l’operatore è meno produttivo della macchina, con più informazioni, diventa più performante della macchina. Tirando le somme: dalla prospettiva dell’azienda, non conviene sostituire l’operatore, dalla prospettiva della società è stato mantenuto un posto di lavoro. L’industria 4.0 diventa win win, a patto che l’operatore impari a leggere i dati e a prendere più micro-decisioni rispetto a oggi. Il blue collar, l’operaio, diventa più white collar, simile all’impiegato.
Un altro elemento comune alle competenze 4.0 deriva dall’incremento del ritmo delle decisioni da prendere, cioè la loro frequenza. Le dinamiche temporali diventano più veloci. Chi è abituato a organizzare il proprio lavoro secondo cicli temporali lunghi (riunioni una volta al mese, una volta alla settimana), si abituerà a fare la riunione tutti i giorni, oppure a farne due brevi al giorno. Al di là degli esempi specifici, l’organizzazione del lavoro dovrà cambiare.
Le figure professionali 4.0
L’operatore 4.0:
- utilizzo di tecnologie accrescitive AR/VR,
- interazione con robot collaborativi, sistemi e sensori,
- monitoraggio sensori e controllo dei sistemi,
- interpretazione di indicatori e trend.
L’operation manager 4.0
- miglioramento dei processi
- analisi dei dati, modellazione, simulazione
- gestione di risorse smart
- problem solving multi-obiettivo, multi stake-holder
Imprenditore 4.0:
- leggere e interpretaretrends (sentiment, mercati, tecnologie),
- costruire e partecipare a ecosistemi digitali,
- sviluppare strategie e modelli di business,
- sviluppare le risorse umane e tecnologiche.
La vision
Alla base del lavoro sulle competenze, e sulle sfide che Industria 4.0 pone al mondo produttivo e a quello della formazione c’è la seguente considerazione: tutte le rivoluzioni industriali hanno aumentato l’occupazione, questo è un dato storico, innegabile. E’ chiaro che la digitalizzazione comporta un forte cambiamento di tutti i lavori, e chi non saprà cogliere questo cambiamento in atto resterà indietro. Ci sono lavori e professioni che spariscono, ma se ne creano altri in nuovi settori.
C’è un aspetto della quarta rivoluzione industriale che la differenzia dalle precedenti: la velocità con la quale sta avvenendo. Le altre erano lente, per cui si sviluppavano nell’arco di decenni. In alcuni casi addirittura al di fuori dell’orizzonte normale dell’aspettativa di vita di quelle persone. La quarta rivoluzione industriale, invece, è già iniziata e ce la giochiamo in 10-15-20 anni. Un tempo più breve della vita professionale media di una persona. Il digital divide fra nativi digitali e i 50enni è molto forte, il rischio di diventare obsoleti nel corso della vita professionale è alto. Per questo, nel piano nazionale Industria 4.0, il pilastro sulle competenze è il secondo delle quattro linee di intervento. Questo tema riguarda anche il compito dello stato, che deve mettere in campo azioni di aggiornamento delle competenze che evitino il dramma sociale. Partendo da una corretta analisi della situazione.
Riassumiamo gli elementi fondamentali del cambiamento in atto: la manualità viene in gran parte sostituita dalla macchina, per l’aspetto cognitivo la situazione è differente. L’intelligenza artificiale assorbe parte delle decisioni, per esempio quelle ripetitive. La decisione ripetitiva può essere incorporata in un algoritmo. E’ una meccanizzazione di una decisione. Le decisioni non ripetitive sono invece quelle più difficili da prendere, ed è li che rimane insostituibile la componente umana. Questo meccanismo che riguarda tutte le professioni. Robot, macchine, software, non sostituiscono solo il movimento umano, le mansioni manuali, ma anche parte del processo decisionale. Il cambiamento non riguarda quindi solo i lavoratori manuali, ma anche le mansioni dirigenziali, l’imprenditoria, le professioni, che devono acquisire le competenze per potere giocare ruoli significativi negli ecosistemi 4.0.