Polimi

La nuova cultura che ci serve per fare Industry 4.0 e cambiare le aziende

I driver di questa innovazione sono sicuramente le risorse umane: la trasformazione della Fabbrica non può che avvenire dagli uomini che ne sono i propositori ed i pianificatori

Pubblicato il 16 Dic 2016

Giambattista Gruosso

Associate Professor Politecnico di Milano

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L’argomento Industria 4.0 è diventato molto caldo negli ultimi mesi, anche dopo la presentazione del piano del governo per il potenziamento di questi temi: in maniera chiara è stata indicata la volontà istituzionale di supportare e facilitare gli investimenti anche attraverso la creazioni di un ecosistema che coinvolga Centri di Ricerca, StartUp e formazione.

L’effetto esplosivo che ci si aspettava non c’è stato ed oggi ancora una volta si assiste ad un proliferare di dibattiti ed incontri sul tema, ma senza una vera e propria spinta all’innovazione nel manifatturiero, diversa da quella già intrapresa da alcune imprese.

La mancanza più evidente dal lato degli imprenditori è una strategia che permetta di fare leva su alcuni fattori per potenziare la competitività del manifatturiero italiano.

Alcuni di questi fattori sono già diffusi ed hanno dei testimoni di eccezione e richiedono di conseguenza un potenziamento, altri sono nuovi ed hanno bisogno della creazione di un ecosistema per il loro sviluppo.

Il punto chiave è partire dalla considerazione che questa è una rivoluzione soprattutto di mentalità. Non viene chiesto nient’altro alle aziende che lavorare sulle proprie strategie, sfruttando le opportunità che le nuove tecnologie mettono a disposizione.

Non esiste una ricetta da seguire passo-passo, ma un insieme di ingredienti che se saputi sfruttare porteranno nuovo valore alle imprese.

Due sono gli ambiti di lavoro: il primo riguarda l’efficienza di processo e quindi il tema della manifattura avanzata, mentre il secondo è l’innovazione di prodotto che sempre di più coincide con gli smart-things.

Sono due ambiti apparentemente disgiunti, ma molto spesso legati tra di loro, perché gli oggetti intelligenti sono in grado di interagire a pieno con la manifattura intelligente, per creare nuovi modelli di business.

Ma quali sono i fattori chiave di questo processo?

La digitalizzazione ha sicuramente un ruolo cardine, poiché racchiude all’interno diversi aspetti abilitanti: da un lato la connettività e la capacità di raccogliere e condividere informazioni, dall’altro l’analisi dei dati e la loro trasformazione in informazioni strategiche. Ma digitalizzare significa molto di più soprattutto se si pensa alla necessità di legare progettazione, produzione e ciclo vita del prodotto. In questo contesto è necessario dotare i progetti di una dimensione in più che è quella del dato raccolto per andare nella direzione della simulazione avanzata, del virtual commissioning e del product life management (PLM).

In questo contesto è sempre più necessario sviluppare delle piattaforme aperte per la condivisione dei dati, che da un lato garantiscano la sicurezza e la integrità del dato ma dall’altro permettano lo sviluppo di nuovi servizi, anche a soggetti terzi rispetto alle aziende stesse.

Questo tema è fondamentale allo sviluppo di competitività perché permette di promuovere i propri prodotti, attraverso le azioni ed i servizi che altri attori implementano su di essi. In qualche modo devono cambiare i modelli di proprietà intellettuale e la capacità di creare valore aggiunto da questi.

E si arriva così al cuore di questo processo: la formazione e la riqualificazione delle risorse.

La Trasformazione Digitale e i paradigmi produttivi di Industry 4.0 necessitano nuove figure professionali chiamate a presidiare i diversi processi aziendali con una forte interconnessione dei saperi tra le diverse aree tecniche interessate: meccanica, ICT, elettronica e Robotica.

Ed i driver di questa innovazione sono sicuramente le risorse umane: la trasformazione della Fabbrica non può che avvenire dagli uomini che ne sono i propositori ed i pianificatori.

Se guardiamo le recenti indagini, il panorama è quello di una tessuto di aziende che sembra non saper reagire al vento di novità che sempre più violentemente soffia nella direzione dell’innovazione.

Molto spesso la causa viene attribuita alla mancanza di infrastrutture o all’incapacità dell’imprenditore di cogliere le opportunità.

A mio parere le motivazioni vanno cercate altrove: le aziende sono fatte di persone e sono sempre di più le persone a non cogliere le opportunità di quanto avviene intorno a noi. Da un lato una scarsa propensione al cambiamento, dall’altro la mancanza di competenze per comprendere quello che avviene nel complesso mondo della manifattura 4.0.

I mesi che abbiamo davanti sono sicuramente quelli decisivi per passare all’implementazione di innovazioni. Molti strumenti sono definiti, altri quelli più culturali vanno costruiti per far crescere l’ecosistema Italia 4.0

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