L’industria italiana negli ultimi due anni ha avuto modo di confrontarsi con un paio di temi fondamentali per il rilancio della sua competitività: innovare i propri processi ed approcciare le tecnologie digitali.
Il traino di questo processo di consapevolezza è stato indubbiamente il piano nazionale Industria 4.0 che ha portato alla ribalta la necessità ed i vantaggi di questa trasformazione, grazie anche ad una serie di misure per agevolare l’adozione di tecnologie.
Ma molto hanno fatto anche i fornitori di tecnologie abilitanti che hanno avuto la capacità di promuovere in modo efficace le potenzialità della trasformazione, nella direzione di migliorare l’efficienza delle produzioni.
A due anni dal lancio del piano è però necessario fare alcune considerazioni che nascono dalla osservazione della situazione delle imprese e dalla condivisione di esperienze con imprenditori e aziende che operano in settori strategici per il paese.
Un ecosistema 4.0 per clienti e fornitori
Il primo aspetto riguarda la grande distanza che esiste tra clienti e fornitori e non sempre nelle stesse proporzioni. Ci sono filiere in cui il fornitore è molto più avanti rispetto a quello che chiede il cliente. Quest’ultimo non sempre riesce a comprendere il beneficio dell’innovazione, soprattutto a causa di una visione limitata o per assenza di una sua strategia. In altre filiere avviene esattamente l’opposto: il cliente è molto avanti sulla sua visione e in questo caso è il fornitore di tecnologie e macchine a non riuscire a stare dietro per carenza di risorse o di competenze.
Questa constatazione rafforza ancora di più la necessità di creare un ecosistema in grado sostenersi a vicenda, dove clienti e fornitori lavorino insieme allo sviluppo di progetti pilota che non abbiamo altro scopo che non aumentare la conoscenza e la competenza di entrambi. Non ha senso una strategia 4.0 dove il proprio cliente o il proprio fornitore non sia in grado di intraprenderla. E questo non può limitarsi al solo travaso di tecnologie: molto spesso significa finanziare questo ecosistema con risorse economiche proprie.
Mai come in questo caso il detto che chi comincia è a metà dell’opera deve servire da linea guida.
Efficienza di processo e innovazione di prodotto
E sono davvero poche le imprese che hanno davvero incominciato in modo strutturale.
Due sono gli ambiti di lavoro: il primo riguarda l’efficienza di processo e quindi il tema della manifattura avanzata, mentre il secondo è l’innovazione di prodotto che sempre di più coincide con gli smart-things.
Gli investimenti sono effettuati con modalità diverse, ma fondamentalmente per migliorare alcuni dei processi interni, senza introdurre nessuna innovazione significativa. L’innovazione di prodotto è bassissima e lontana da essere compresa ed implementata dalle aziende. Complice di questo il fatto che i clienti non sempre sono pronti ed in grado di recepirla o di riconoscerne il valore. Ci si aspettava una partenza in sprint dell’industria italiana, invece è stata a macchia di leopardo. Alcune eccellenze hanno agito nella direzione giusta, molte altre imprese ancora stentano a tenere il passo.
Il miglioramento delle prestazioni aziendali, l’efficienza produttiva e l’ottimizzazione degli asset rimangono gli obiettivi fondamentali di questa trasformazione. Che poi sono gli ambiti più facili da quantificare e riconoscere. Guardando poi meglio, quello che si nota è che molto spesso le aziende sentono la crisi della mancanza o inadeguatezza delle competenze interne, lontane dal capire quali benefici davvero possano derivare dall’innovazione e soprattutto con difficoltà a reperire risorse economiche significative. E questo limita fortemente l’attenzione verso l’innovazione di prodotto. Oggi capire come aprire nuovi business in un mondo in forte evoluzione non è una cosa facile. Guardando oltreoceano vi è la capacità di immaginare scenari e di far crescere la domanda nei settori più disparati, che un po’ manca alle imprese italiane che consolidano le loro posizioni in alcune nicchie, ma perdono il passo in tanti altri settori.
Quali competenze per Industria 4.0
E questo è dovuto alla mancanza non solo di competenze tecniche, ma anche di “contaminazione” da tecnologie e settori molto diversi da quelli a cui siamo abituati. Però anche su questo è necessaria una riflessione.
L’impresa 4.0 è un occasione per riflettere su quali competenze servono necessariamente, quali sono riqualificatili all’interno della propria azienda e quali vanno cercate fuori.
E’ un occasione da non perdere per migliorare la qualità degli addetti all’impresa 4.0 e nello stesso tempo migliorarne la qualità del lavoro e della vita.
Questo tema è fondamentale allo sviluppo di competitività anche perché permette di pensare in modo nuovo i propri prodotti lavorando anche sui modelli di proprietà intellettuale e la capacità di creare valore aggiunto dall’utilizzo di questi ultimi.
E l’innovazione verrà anche dall’introduzione di linguaggi nuovi in azienda, da idee che non vengono da tecnici esperti ma da nuove leve, e si tratterà di imparare a comprendere i linguaggi e significati nuovi che sono dietro le tecnologie.
Il punto chiave è partire dalla considerazione che questa è una rivoluzione soprattutto di mentalità. Non viene chiesto nient’altro alle aziende che lavorare sulle proprie strategie, sfruttando le opportunità che le nuove tecnologie mettono a disposizione. Cambierà il modo di legare consumatori e aziende, ma anche dipendenti e imprese. Il lavoro dovrebbe cambiare il suo volto è diventare più integrato con le esigenze del lavoratore e della flessibilità delle produzioni richieste dal consumatore.
E’ necessario che il personale inizi a comprendere a fondo i contenuti di questa trasformazione, perché diventi il primo consigliere e driver verso la classe imprenditoriale di questo processo. I job title non saranno più gli stessi e questo non vuole dire che ci saranno meno posti di lavoro, semplicemente sarà necessario riqualificare il proprio personale verso direzioni nuove.
Non esiste una ricetta da seguire passo-passo, ma un insieme di ingredienti che se saputi sfruttare porteranno nuovo valore alle imprese e l’importante rimane partire, pur a distanza di due anni. Non è mai troppo tardi per farlo e non si è mai arrivati a sufficienza per non doverlo continuare a fare.