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Le sfide della supply chain sul mercato italiano

La digitalizzazione della supply chain permette di rendere più semplici ed efficienti i processi, una condizione vantaggiosa e strategica per le aziende in un contesto globale attuale dominato dalle difficoltà

Pubblicato il 26 Set 2022

Matteo Giannetti

Responsabile Business Strategy & Partnership di Credemtel e Direttore Generale delle controllate Sata e Blue Eye Solutions

Supply chain sostenibili: come ridurre le emissioni di CO2 in sei passaggi

Ridurre la complessità, puntando a più efficienza, semplicità e velocità. La trasformazione digitale della supply chain passa da una ridefinizione dei processi, eliminando colli di bottiglia e facilitando la collaborazione tra capofila e fornitori. Attività come l’onboarding, comprese le dovute verifiche del caso, o la riconciliazione nell’ambito delle transazioni commerciali possono risultare più efficaci e snelle grazie a una soluzione digitale che introduca l’automazione di diverse fasi del ciclo Procure to Pay. Tuttavia, nonostante i benefici, ancora poche aziende nel nostro Paese hanno abbracciato un approccio innovativo alla supply chain. Cerchiamo di far chiarezza sulla situazione, per comprenderne i motivi e come superare alcuni fronti critici.

Lo scenario italiano

Storicamente la supply chain nel mercato italiano era caratterizzata dalla capacità di fare sistema e di valorizzare eccellenze e competenze specialistiche.

Le aziende italiane riuscivano a competere a livello mondiale, anche contro aziende di dimensioni molto grandi, grazie al lavoro fatto negli anni di costruzione di una catena di fornitura molto articolata, dove l’azienda capofila spesso coinvolgeva i propri fornitori anche nei processi di innovazione di prodotto. Questo approccio creava una relazione molto stretta ed una sinergia che permetteva di valorizzare l’intera catena di fornitura ed uscire dal classico paradigma cliente fornitore per abbracciare un approccio sistemico di partnership strategica.

La qualità del fornitore è sempre stata fondamentale nel sistema Italia, il Made in Italy si caratterizzava per un output composito fatto di qualità ed innovazione.

Il tessuto imprenditoriale italiano era costituito perlopiù da PMI e da Aziende con una storia familiare ed imprenditoriale importanti, aziende che si trovavano a competere su mercati internazionali con competitor molto più grandi ed a volte anche strutturati, che però avevano fatto della loro “artigianalità” non un difetto ma un elemento di valore che aveva consentito loro di essere mediamente  più flessibili nel rispondere alle esigenze del mercato e nel gestire al meglio l’innovazione di prodotto.

Proprio le caratteristiche sopra descritte avevano fatto sì che fino agli anni Duemila i fornitori delle aziende del nostro Paese fossero prevalentemente anch’essi italiani.

L’avvento della globalizzazione ha in parte snaturato e destabilizzato il sistema, aumentando la concorrenza e portando sul piano del pricing gran parte della strategia aziendale, così le capofila italiane hanno iniziato a delocalizzare in parte o in toto le proprie supply chain, diminuendone i costi a scapito di un aumento di complessità ed un generalizzato indebolimento dell’indotto italiano, creando allo stesso tempo una forte dipendenza dalle importazioni.

L’impatto di guerra e pandemia

Una supply chain complessa e globalizzata è sinonimo di fragilità. L’attuale contesto dunque già dominato da debolezza, ha accusato in modo molto forte pandemia e guerra che si sono abbattute sulle catene di fornitura con impatti molto rilevanti.

Si pensi per esempio al tema delle componenti importate da paesi extra UE; le prime conseguenze sono state l’aumento esponenziale dei costi di trasporto e la perdita del governo del lead time di consegna delle forniture approvvigionate via nave, con conseguente carenza di materie prime e ritardi in produzione.

Il rischio di interruzione delle catene di fornitura è un fenomeno globale, che mai come nel 2022 è sentito da tutte le imprese di tutti i settori, automotive in primis, che mettono in cima alle strategie di business l’attenzione alla business continuity della propria supply chain.

In questo scenario critico le 5 priorità delle aziende italiane sono:

  • La deglobalizzazione per ridurre il rischio di discontinuità nelle forniture, quando applicabile senza impatti troppo pesanti sulla marginalità
  • La riduzione dei costi attraverso la creazione di sistemi rapidi di ricerca e qualifica di fornitori alternativi e di messa in concorrenza sistematica di fornitori abituali e nuovi fornitori potenziali
  • La gestione del rischio di fornitura attraverso un monitoraggio diretto dello stato dei fornitori e la tempestiva lettura di dati provenienti da fonti esterne
  • La digitalizzazione del processo che va dall’emissione dell’ordine alla riconciliazione delle fatture adottando piattaforme di supply chain management che agevolino la collaborazione tra Buyer e Supplier e permettano un controllo real time di date di consegna e merce in transito
  • Un accesso al credito facilitato per supportare le proprie catene di fornitura nel caso in cui queste necessitino di un’iniezione di liquidità, con strumenti innovativi come il reverse factoring ed i Dynamic Discounting

Come l’innovazione supporta aziende e consumatori

La maggiore complessità riscontrata ha spinto sin dagli anni Duemila alcune aziende ad approcciare un percorso di digitalizzazione delle supply chain, tuttavia il fenomeno interessa ancora oggi una piccola parte delle imprese italiane.

Eppure, digitalizzare rappresenta un vantaggio competitivo non trascurabile.

L’uso del digitale nella gestione delle catene di fornitura diventa strategico per agevolare una diversa cultura organizzativa più collaborativa grazie ad informazioni tempestive ed organizzate disponibili a tutti gli stakeholder.

Soffermiamoci ad esempio su due processi centrali nella supply chain:

  1. turnover dei nuovi fornitori e deglobalizzazione: questi aspetti vengono favoriti dalla trasformazione digitale grazie alla possibilità offerta dalla tecnologia di valutare una mole di dati importante in poco tempo. Tutto il processo di onboarding di nuovi fornitori, compresa la fase di valutazione del rischio, diventa più veloce, efficiente e snello;
  2. valutazione della parte di execution della supply chain, indispensabile perché mette sotto controllo la capacità dei fornitori di rispettare il piano di consegne ed apre la via a forme di collaborazione più evolute come il consignment stock o il metodo giapponese kanban. Non solo: la gestione digitale della parte di execution può arrivare fino alla fatturazione passiva, aprendo così possibili scenari di automazione della gestione del credito ai fornitori.

Allora perché la digitalizzazione della supply chain in Italia non è ancora così diffusa? Uno dei motivi probabilmente è legato all’offerta di soluzioni, eterogenea e modesta.

Piccoli gestionali personalizzati in base alle esigenze dell’azienda capofila, abbinati a un pricing non sostenibile dal nostro mercato nazionale, hanno avuto la conseguenza di limitare i successi dei grandi player internazionali interessati all’Italia.

Negli ultimi anni, complici le azioni dei Governi che hanno introdotto man mano diversi obblighi di legge in materia di digitalizzazione e innovazione, anche relativamente alla supply chain sta aumentando la consapevolezza sull’importanza di digitalizzare. Una grande leva per il cambiamento per esempio è stata rappresentata dalla fatturazione elettronica B2B, introdotta progressivamente come obbligo dal 2019 e ora, nel 2022, estesa anche ai piccoli contribuenti in regime forfettario. Nonostante però l’adempimento in sé rappresenti una possibilità per innovare altri aspetti della gestione documentale, risultano essere ancora poche le aziende che puntano a ridisegnare in chiave digital i flussi legati ai processi di verifica e riconciliazione delle transazioni commerciali.

Supply Chain, i consigli di Credemtel

Per far fronte alle esigenze delle aziende italiane, in particolare per quanto riguarda i processi legati al ciclo dell’ordine di medie e grandi imprese, Credemtel ha ideato la piattaforma di supply chain management GAWSCM. Si tratta di una soluzione collaborativa che in modo rapido ed efficiente permette di digitalizzare tutto il processo Procure to Pay, affrontandone ogni fase in modo efficace. Da notare che la soluzione consente all’azienda capofila di dialogare con tutti i propri fornitori senza chiedere loro di modificare il proprio modus operandi.

La piattaforma GAWSCM, basata su un’architettura cloud, risulta flessibile e affidabile: è in grado di interoperare in modo semplice con i sistemi gestionali aziendali e, oltretutto, è dotata di un’interfaccia user friendly. Tra le funzioni disponibili, i fornitori hanno la possibilità di caricare in piattaforma per trasmetterle al cliente conferme d’ordine e DDT in formato PDF. Il tutto semplicemente inviando i sopracitati documenti come allegati per posta elettronica ad un indirizzo predefinito, senza dover quindi chiedere alla propria struttura IT implementazioni o sviluppi software per generare e trasmettere documenti in formato dati: la piattaforma converte in modo automatico i documenti ricevuti in formato dati in modo da renderli disponibili al buyer e importabili con facilità dal sistema gestionale del buyer. In aggiunta alle funzioni di supply chain management, Credemtel ha realizzato un collegamento in ambito finanza: si potrà finanziare il working capital legato alle transazioni gestite nella piattaforma.

Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con Credemtel

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