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L’Europa punta alla supremazia sull’AI: ma che speranze ci sono? I dati



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Il report AI Index 2025 di Stanford è un’ottima fonte per capire quanto le ambizioni di supremazia europea con il nuovo piano AI Action sull’intelligenza artificiale siano realistiche, sia in termini di investimenti sia per raggiungere la massa critica necessaria a competere con America e Cina

Pubblicato il 16 apr 2025

Antonio Cisternino

Università di Pisa



europa intelligenza artificiale supremazia

Il centro di ricerca Stanford University Human-Centered Artificial Intelligence (HAI), fondato nel 2019, ha recentemente pubblicato l’”Artificial Intelligence Index Report 2025” un corposo documento che fa il punto sullo stato dell’intelligenza artificiale su scala globale analizzando aspetti tecnologici, etici, politici ed economici.

Si tratta di un corposo documento di 456 pagine, sponsorizzato da molti grandi attori del panorama AI oltre che dalla National Science Foundation Americana, che raccoglie numerose indagini che catturano lo stato delle tecnologie AI e il loro impatto nella società globale.

Il documento offre numerosi spunti di lettura ed analisi, sembra quindi un’ottima fonte per capire quanto le ambizioni di supremazia europea con il nuovo piano AI Action sull’intelligenza artificiale, espresse dalla Commissione Europea, siano realistiche, sia in termini di investimenti che con la capacità di raggiungere la massa critica necessaria per competere con America e Cina.

Supremazia AI dell’Europa? C’è scarsità di “notable models”

Il report adotta la nozione di notable model da Epoch AI, un ente che indicizza oltre 900 modelli di AI a partire dagli anni 50 selezionati in accordo a criteri quali avanzamenti dello stato dell’arte, significatività storica o numerose citazioni, e fornisce un’impietosa visione per regione geografica dei modelli per il 2024 e la loro distribuzione globale:

L’Europa, o forse sarebbe meglio dire la Francia grazie a Mistral, ne vede nel 2024 solo 3 contro i 40 degli Stati Uniti e 15 della Cina. Se vi possono essere dubbi di partigianità Americana del Report non credo che vi siano dubbi sul fatto che la sensazione complessiva sia che il vecchio continente non sia veramente in corsa su scala globale nella realizzazione di modelli stato dell’arte. Anche guardando ad una prospettiva temporale più ampia e mostrandola su una mappa risulta evidente che l’Europa debba recuperare terreno.

D’altronde non è una novità che nei settori ICT l’Europa faccia fatica a tradurre la ricerca in economia reale, se infatti troviamo lavori scientifici molto citati l’Europa rimane decisamente indietro in termini di brevetti depositati su temi AI rispetto a Cina e Stati Uniti.

Un fattore determinante per lo sviluppo dei nuovi modelli sembra essere un supporto industriale significativo, sicuramente legato ai grandi costi infrastrutturali ed energetici necessari per l’addestramento dei modelli, è infatti evidente come nel 2024 il 90% dei modelli sia stato realizzato dall’industria mentre l’accademia che vent’anni fa dominava il panorama è quasi sparita dal panorama (anche quando in collaborazione con l’industria). Si tratta di un’informazione importante anche quando si considera di introdurre un principio di sovranità in ambito AI in ambito legislativo, si corre il rischio infatti di impedire l’accesso a tecnologie qualificanti senza avere la capacità di svilupparne di proprie.

La natura prevalentemente industriale dello sviluppo comporta anche una sempre minore disponibilità di modelli da poter eseguire localmente e di conseguenza un modello di AI as a service acceduta mediante API per quasi un terzo dei modelli.

Immagine che contiene testo, diagramma, Diagramma, lineaIl contenuto generato dall'IA potrebbe non essere corretto.
D’altra parte i costi stimati per l’addestramento dei grandi modelli fa girare la testa, richiedendo decine se non oltre un centinaio di milioni di dollari per addestramento.

La necessità di recuperare i costi evidentemente contribuisce a spingere verso un modello di accesso mediante API, anche perché il know how richiesto per l’esecuzione di questi modelli e la loro ottimizzazione su larga scala porta ad evidenti benefici in termini di riduzione di costi, come testimonia il calo del prezzo per token negli ultimi due anni che è calato di un fattore 100x.

L’Europa dovrà anche fare i conti con aspetti rilevanti di queste tecnologie, l’investimento in sostenibilità ambientale richiederà una politica che non sia in direzione opposta nello sviluppo dell’AI nonostante i costi di addestramento in termini di CO2 emessa siano significativi. Questo potrebbe portare a modelli in cui il modello viene addestrato meno frequentemente privilegiando poi l’aggiunta di informazioni secondo approcci RAG.

“Sostenibilità artificiale” nelle politiche Ue

Anche in aree che si potrebbero pensare centrali nelle politiche Europee su temi come il bias e lo sviluppo responsabile delle tecnologie AI l’Europa si vede posizionata in seconda posizione più vicina alla Cina che agli Stati Uniti.

Anche in termini legislativi, nonostante l’emanazione dell’AI Act abbia ricevuto molta attenzione globale, in termini numerici Stati Uniti e Russia hanno passato atti relativi all’AI. Sicuramente si tratta di una misura molto parziale, ma sembra contrastare almeno in parte questa visione legislativa Europea rispetto al resto del mondo.

Resta la curiosità di come mai in Spagna si trovi il più alto numero di citazioni dell’AI in procedimenti legislativi.

Investire in AI in Europa, come siamo messi

Gli investimenti privati in Europa su AI sono ormai terzi rispetto agli Stati Uniti e alla Cina che ci ha superato nel 2024. Resta da capire se il crescente numero di aziende create che si occupano di AI potrà spostare questo dato preoccupante.

Non sorprende che in termini di investimenti pubblici l’Europa sia presente, ma comunque attualmente il livello di investimento è secondo agli Stati Uniti ce non si può certo classificare come un paese con forte sostegno statale. Va detto che i dati si fermano al 2023 e rimane da capire se i nuovi impulsi annunciati sposteranno questo particolare tipo di investimenti.

Sicuramente emerge come l’incapacità di muoversi come Unione Europea porta ad una evidente frammentazione degli investimenti che rimangono inferiori anche a quelli che il solo Regno Unito mette a disposizione.

Le nuove politiche della Commissione dovranno poi confrontarsi con l’attitudine della popolazione che risulta decisamente meno entusiasta e più nervosa nell’uso di tecnologie AI all’interno dei prodotti rispetto alle popolazioni asiatiche e in particolare a quella Cinese.

Il modello non è tutto

La partita dei modelli AI non è l’unico punto centrale nella corsa all’intelligenza artificiale, e come dimostrano numerose evidenze il software che si costruisce attorno al modello può determinare il comportamento di un sistema AI quanto il modello stesso.

E i software con struttura RAG sono vitali per l’integrazione dei modelli AI all’interno dei processi produttivi, e su questo l’Europa può sicuramente giocare un ruolo centrale mentre aggiusta il tiro per assicurare di avere l’AI factories e supportare l’industri affinché i modelli degni di nota crescano in numero e qualità. Mistral va seguita con attenzione e sembra ad oggi l’unica realtà capace di crescere e competere con i colossi americani e cinesi, e forse andrebbe supportata in questo percorso.

Quali speranze per una supremazia europea nell’AI

La commissione Europea può e deve sicuramente porsi obiettivi ambiziosi relativamente all’AI, soprattutto nel nuovo contesto geopolitico dove la dipendenza può essere più problematica che in passato, ma il rapporto di Stanford rappresenta una realtà decisamente più complessa e in cui semplici proclami e ricette non sembrano poter seguire a fatti concreti.

Gli investimenti necessari richiedono uno sforzo sia intellettuale che economico che il mercato unico e la commissione potrebbero essere in grado di dare, ma è necessario che gli stati membri si rendano conto che in questa sfida epocale la massa critica è centrale per poter avere successo. Il rischio è altrimenti tornare nel quadrante che ha caratterizzato l’IT degli ultimi trent’anni in cui i colossi (largamente americani) rappresenteranno l’unica alternativa per disporre delle tecnologie allo stato dell’arte senza le quali l’industria fatica a rimanere competitiva.

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