decision making

L’IA aiuta i manager nelle decisioni strategiche, ma non può sostituire l’intuizione



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I manager possono farsi supportare da strumenti basati su intelligenza artificiale nelle loro scelte strategiche. Attenzione però, si tratta di un valido supporto ma la tecnologia non può sostituire pensiero critico, originalità, esperienza

Pubblicato il 18 apr 2024

Chiara Cilardo

Psicologa psicoterapeuta, esperta in psicologia digitale



L’intelligenza artificiale ci deve una spiegazione

Ogni azienda viene portata avanti da una serie di decisioni strategiche che influenzano ogni aspetto del suo funzionamento, dall’introduzione di nuovi prodotti alla selezione del personale, dall’ingresso in nuovi mercati alla revisione dei modelli di business. Il raggiungimento degli obiettivi si basa su queste decisioni.

I fattori alla base del processo decisionale in azienda

Tradizionalmente varie fonti e dati, come analisi di mercato o della concorrenza, supportano i decision maker. Oggi però il concetto stesso di “dato” è cambiato: sono disponibili volumi e qualità senza precedenti che integrano diverse fonti, online e offline e che, se sfruttati adeguatamente, diventano un vantaggio competitivo importante. A prescindere dalle differenze tecniche tra i vari sistemi, grazie all’intelligenza artificiale si possono razionalizzare e trasformare grandi quantità di dati in insight utili e azionabili (Rajagopalet al., 2022; Tabesh, 2022).

I processi decisionali però sono determinati non solo dai dati ma anche dall’intuizione del singolo, dalla sua esperienza e creatività. Prendere decisioni strategiche implica anche la capacità di valutare il contesto specifico e di anticipare criticità e opportunità future.
L’IA permette di razionalizzare e ottimizzare il carico di lavoro di ricerca e analisi lasciando più spazio all’insight e alle intuizioni, capaci non solo di risolvere problemi ma soprattutto di creare nuove opportunità (Pietronudo et al., 2022). Qual è il contrubuto dell’IA sui processi decisionali?

Processo decisionale: intuizione o machine learning?

Un vero leader opera delle scelte basate sulle sue intuizioni, sulla sua creatività e sulla capacità di creare collegamenti e connessioni laddove altri non sono in grado di vedere nulla. L’imprenditore di successo non ha solo competenze formali ma anche e soprattutto la capacità di insights, ovvero la capacità “leggere” le situazioni e i contesti alla luce di obiettivi, rischi e opportunità. Nell’immaginario comune sembra quasi che una buona parte di queste qualità peculiari verrà presto sostituita dall’IA (Rajagopalet al., 2022).
Ma una decisione davvero efficace, innovativa, che fa la differenza, è frutto di un processo fondato su solide analisi oppure è frutto di intuizione?
Di solito, si distinguono due approcci: analitico e intuitivo.

Il primo si basa sulla raccolta sistematica di dati, seguita da un’attenta valutazione di informazioni interne ed esterne; il secondo è intuitivo, spontaneo, basato su conoscenza ed esperienza apprese. Non sono in contrapposizione ma, insieme, concorrono a definire come avviene un processo decisionale e a quali risultati porta. Dove si colloca l’IA?
Anche se vincolate ai set di dati forniti in fase di apprendimento con tutti i rischi che ciò comporta (dati incompleti o con bias), l’IA velocizza, perfeziona e sistematizza la raccolta di informazioni consentendo la creazione di modelli e tendenze. Quello che manca alle IA è l”intuizione esperta”, il processo cognitivo di sintesi che combina esperienza passata, analisi del contesto, pensiero critico e creatività; qualcosa di tipicamente umano che ci consente di districarci in situazioni ambigue e senza precedenti anche in tempi molto rapidi quando necessario. Un manager con esperienza potrà non avere immediatamente in mente ogni singolo dato ma saprà trovare una soluzione efficace in una situazione inedita e incerta (Tabesh, 2022).

Un approccio collaborativo con la tecnologia

L’IA non può sostituire l’intuizione umana; questo non vuol dire che non sia uno strumento valido, anzi: le inferenze basate su IA diventano parte della “conoscenza tacita” (Tabesh, 2022).

Pietronudo et al. (2022) riprendono un quadro teorico classico dello studio dei modelli decisionali nelle organizzazioni, il “garbage can model”: secondo questo modello (Cohen et al., 1972) le decisioni aziendali non seguono percorsi del tutto strutturati perché vengono prese in contesti per definizione complessi, mutevoli, instabili, imprevedibili. Il garbage can model è una metafora che rappresenta proprio l’imprevedibilità e la confusione di eventi e situazioni.

Il passo avanti proposto da Pirtronudo e colleghi (2022) rispetto a questo modello sta proprio nell’introdurre l’IA che può mettere ordine in questo “caos informativo” e rendere i dati più comprensibili. Non solo: incoraggia la creatività e la ricerca di soluzioni nuove perché libera da task che richiedono tempo ed energie, automatizza alcune parti e fasi dei processi, lasciando spazio alla creatività e intuizione. Questa prospettiva suggerisce un approccio collaborativo con la tecnologia: uno strumento, per quanto potente sia, rimane uno strumento nelle nostre mani. Combinare IA e umano massimizza i vantaggi di entrambe; l’interazione sinergica tra scelte umane e computazionali rafforza l’efficacia dei risultati.

Il ruolo del decision maker: da interprete di output a creatore di insight

La gran parte del dibattito sull’intelligenza artificiale (IA) finisce per essere polarizzata: da una parte, c’è chi sostiene a gran voce gli sviluppi tecnologici, come fossero in grado di risolvere qualsiasi tipo di problema; dall’altra, ci sono scettici e critici preoccupati che le potenzialità diventino pericoli (per esempio, perdita di posti di lavoro o propaganda manipolativa con contenuti generati da IA).
Ma andando oltre queste contrapposizioni, è innegabile che l’intelligenza artificiale non è una trend passeggero e avrà un’influenza sempre più marcata su una vasta gamma di settori e processi, inclusi i processi decisionali aziendali; integrando proprietà di analisi e intuizione si potranno avere dei benefici di gran lunga superiori ai potenziali danni (Tabesh, 2022).

Conclusioni


Ottimizzare i processi decisionali ha un impatto diretto sul raggiungimento degli obiettivi. Questa prospettiva, integrando decisioni computazionali e umane, massimizza i vantaggi di entrambe. E per usare efficacemente queste tecnologie, i decision maker dovrebbero rivedere il loro ruolo: non passivi interpreti di output, ma interpreti e protagonisti attivi (Rajagopal et al., 2022). Il focus allora non sarà solo come interpretare i dati e degli output forniti da IA ma soprattutto saperli convertire in piani d’azione mirati e strategici.

Bibliografia

Cohen, M. D., March, J. G., & Olsen, J. P. (1972). A garbage can model of organizational choice. Administrative science quarterly, 1-25.

Pietronudo, M. C., Croidieu, G., & Schiavone, F. (2022). A solution looking for problems? A systematic literature review of the rationalizing influence of artificial intelligence on decision-making in innovation management. Technological Forecasting and Social Change, 182, 121828.

Rajagopal, N. K., Qureshi, N. I., Durga, S., Ramirez Asis, E. H., Huerta Soto, R. M., Gupta, S. K., & Deepak, S. (2022). Future of business culture: an artificial intelligence-driven digital framework for organization decision-making process. Complexity, 2022, 1-14.

Tabesh, P. (2022). Who’s making the decisions? How managers can harness artificial intelligence and remain in charge. Journal of Business Strategy, 43(6), 373-380.

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