A distanza di oltre un anno dall’“hype” iniziale, l’intelligenza artificiale generativa sta iniziando a incidere realmente sull’organizzazione aziendale. Il nuovo report McKinsey pubblicato a marzo 2025, The State of AI: How Organizations Are Rewiring to Capture Value, evidenzia un cambiamento di passo: non solo entusiasmo, ma prime decisioni strutturali che mirano a generare valore concreto, in particolare nei grandi gruppi.
Indice degli argomenti
Governance, workflow e C-suite: chi guida l’AI
Uno dei dati più significativi del report è che il 28% delle aziende che usano l’AI ha il CEO come referente diretto della governance AI, un ruolo ritenuto correlato all’impatto positivo sull’EBIT. Ancora pochi, ma è un segnale di verticalizzazione importante. Il report sottolinea che la ridefinizione dei workflow è oggi il fattore più influente sul valore prodotto dall’AI in azienda: il 21% delle imprese ha già ridisegnato alcuni processi con l’AI generativa al centro. McKinsey mette in evidenza l’emergere di un approccio misto: centralizzazione delle competenze critiche (risk, data governance) e ibridazione per talenti tech e adozione. Il modello “hub & spoke” inizia a prendere forma.
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Adozione reale dell’intelligenza artificiale nelle aziende
Quanto AI si usa davvero? Qui il confronto è chiave.
Secondo McKinsey, il 78% delle imprese usa AI in almeno una funzione, mentre il 71% dichiara di usare AI generativa in almeno un ambito (rispetto al 33% nel 2023). Il confronto con lo Stanford AI Index 2025 (https://hai.stanford.edu/ai-index/2025-ai-index-report ) conferma e arricchisce il quadro: anche qui si registra un’accelerazione netta nell’adozione. Ma lo Stanford report aggiunge una lettura più ampia:
- L’AI generativa ha attratto 33,9 miliardi di dollari di investimenti privati nel 2024, +18,7%.
- Il costo dell’inferenza (es. per modelli tipo GPT-3.5) è crollato da 20$ a 0,07$ per milione di token in due anni: +accessibilità = +adozione.
Impatto economico dell’intelligenza artificiale nelle aziende
L’impatto economico c’è, ma è ancora contenuto: il 49% delle aziende segnala risparmi sotto il 10% nei servizi, e il 71% ricavi sotto il 5% nel marketing e sales. La fase è ancora esplorativa. Anche l’adozione delle best practice è limitata: meno di un terzo delle imprese le adotta in modo sistemico, anche se le grandi aziende sono in vantaggio. Il tema del rischio è ben presente: in cima alle preoccupazioni vi sono inaccuratezza, cybersecurity e violazione della proprietà intellettuale, e il 27% delle aziende controlla tutti gli output dell’AI generativa prima di renderli pubblici.
Cosa fanno davvero le aziende che riescono a scalare l’AI: le best practice
McKinsey ha individuato un insieme di pratiche che, se adottate in modo sistematico, aumentano significativamente le probabilità di ottenere valore concreto dall’intelligenza artificiale generativa. Si tratta di un vero e proprio “kit di trasformazione”, che tocca cultura, organizzazione, tecnologia e persone. Tutto parte da un team dedicato all’adozione dell’AI, come un project management office o una task force trasversale.
A questo si affianca una comunicazione interna costante, che alimenti consapevolezza e motivazione sul valore che l’AI sta generando. Fondamentale è il coinvolgimento diretto del top management, che non si limita a sponsorizzare, ma adotta l’AI in prima persona, diventando esempio concreto.
Le aziende più mature hanno integrato l’AI nei processi reali, modificando interfacce, attività e flussi di lavoro. Offrono inoltre formazione mirata ai diversi ruoli aziendali, affinché ciascuno sappia utilizzare le tecnologie in modo efficace e consapevole. Questo percorso si accompagna a strategie per costruire fiducia: spiegare l’origine dei dati, riconoscere i limiti dei modelli, mitigare il rischio di errori. Un altro elemento distintivo è la presenza di meccanismi di feedback e miglioramento continuo: l’AI non è “una volta per tutte”, ma evolve in base all’esperienza. Le aziende che scalano bene l’AI hanno anche una roadmap ben definita, con fasi, priorità e rollout chiari, sostenuti da una narrazione di cambiamento coerente e condivisa. Infine, per trasformare la cultura aziendale, entrano in gioco leve più strutturali: KPI precisi per misurare l’impatto delle soluzioni AI, incentivi che premiano l’adozione e un impegno esplicito nel costruire fiducia anche verso i clienti, soprattutto su temi come la privacy e l’uso trasparente dei dati. Oggi meno di un terzo delle aziende segue sistematicamente queste pratiche. Ma chi lo fa, comincia davvero a vedere un impatto solido e misurabile.
McKinsey e Stanford AI Index: le convergenze
I dati del report McKinsey trovano conferma e arricchimento nel più ampio AI Index 2025 curato da Stanford. Entrambi indicano che circa il 78% delle aziende utilizza l’intelligenza artificiale in almeno una funzione aziendale, segno di una diffusione ormai capillare, sebbene spesso ancora superficiale. L’uso della generative AI, secondo McKinsey, ha raggiunto il 71% delle imprese intervistate, raddoppiando in un solo anno, mentre Stanford mette in evidenza l’impennata degli investimenti privati globali nel settore, che hanno raggiunto i 33,9 miliardi di dollari nel 2024, con un incremento del 18,7% rispetto all’anno precedente. Sul fronte organizzativo, McKinsey sottolinea che solo il 28% delle aziende assegna al CEO la responsabilità diretta della governance AI, un elemento fortemente correlato all’impatto positivo sull’EBIT. Questo tema della leadership non è al centro del rapporto Stanford, che invece insiste sul piano tecnologico e geopolitico: gli Stati Uniti restano i principali produttori di modelli AI (40 modelli di rilievo nel 2024 contro i 15 della Cina), ma il gap di performance tra modelli statunitensi e cinesi si è quasi annullato, un dato che ridisegna la mappa della competizione globale. Entrambi i report convergono sulla crescente attenzione alla sicurezza e affidabilità dell’AI: McKinsey evidenzia che il 27% delle aziende revisiona ogni output generato dall’AI prima dell’utilizzo, ma un altro 27% lo fa solo saltuariamente. In parallelo, l’AI Index registra un aumento del 56% degli incidenti legati all’AI in un solo anno, a riprova della necessità di benchmark più robusti (come HELM e AIR-Bench) per valutare sicurezza e fattualità dei modelli. Infine, sul piano dell’efficienza, Stanford mostra che il costo dell’inferenza AI è crollato di oltre 280 volte in due anni per modelli paragonabili a GPT-3.5, contribuendo alla democratizzazione dell’accesso. McKinsey, invece, si concentra sull’impatto economico reale, sottolineando che i benefici percepiti sono ancora modesti: meno del 10% di riduzione costi e meno del 5% di incremento ricavi nella maggior parte dei casi. Due letture complementari, che insieme raccontano una realtà in rapida evoluzione, ma ancora tutta da consolidare.
Una cornice geopolitica che cambia: i dazi sullo sfondo
Proprio mentre le imprese cercano un equilibrio tra innovazione e prudenza, sullo sfondo si agita una questione cruciale: la guerra commerciale sui semiconduttori e sull’intelligenza artificiale. A fine marzo 2025, gli Stati Uniti hanno annunciato un inasprimento dei dazi su chip, componentistica e infrastrutture AI provenienti dalla Cina. La risposta non si è fatta attendere. Pochi giorni dopo l’amministrazione Trump ha sospeso per 90 giorni l’estensione dei dazi per la maggior parte dei Paesi, mantenendo però un incremento al 125% proprio sulle importazioni cinesi. Una mossa che, lungi dal rasserenare gli attori economici, rafforza l’incertezza: si tratta di un tentativo tattico di guadagnare tempo o dell’inizio di una nuova fase negoziale? In ogni caso, l’intreccio tra AI, filiere produttive globali e geopolitica è sempre più fitto e strategico. In questo contesto, gli investimenti pubblici nazionali (cfr. Canada, Francia, Cina, Arabia Saudita) rilevati sia da McKinsey sia dallo Stanford Index appaiono sempre più come strumenti di politica industriale e sovranità tecnologica. La tensione si traduce anche in dati: il numero di leggi e regolamenti AI nel mondo è cresciuto del 21% nel 2024, e solo negli USA si sono contate 59 nuove normative federali sull’AI, il doppio rispetto al 2023.
Il futuro dell’intelligenza artificiale nelle aziende
Il 2025 segna un punto di svolta: l’AI non è più una promessa, ma una leva concreta, anche se ancora poco sistemica. La distanza tra aziende che hanno capito come “riorganizzarsi” per trarne valore e quelle ferme al “progetto pilota” si sta allargando. Il prossimo anno ci dirà se davvero stiamo entrando in una fase di consolidamento o se siamo ancora nel mezzo della curva dell’apprendimento.