Politecnico di Milano

L’IA in Italia, oltre l’hype: quanto è diffusa, come la usano le aziende, le strategie necessarie



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Nonostante le eccellenze nella ricerca e un crescente interesse nel mercato AI, l’Italia affronta sfide importanti nell’attrarre e trattenere talenti, nonché nell’adozione della tecnologia nelle PMI. In attesa di conoscere la Strategia AI 2024-2026 la domanda chiave che ci si pone è: quale ruolo potrà svolgere l’Italia nella catena del valore dell’Artificial Intelligence?

Pubblicato il 19 mar 2024

Irene Di Deo

Ricercatrice Senior Osservatorio Artificial Intelligence, Politecnico di Milano



intelligenza artificiale ai act

L’intelligenza artificiale si trova in una fase di entusiasmo mediatico ed è forte il rischio di parlarne più di quanto la si utilizzi davvero. Vogliamo allora provare a fare il punto su quanto l’AI sia già diffusa nel contesto italiano e quanto l’Italia sia pronta ad affrontare questa trasformazione.

Per avere una visione chiara, tutte le aree critiche vengono toccate: ricerca accademica, istituzioni pubbliche, vivacità dell’offerta di mercato, adozione da parte delle aziende della domanda di tecnologia, cittadini. Alla base di quest’analisi, vi sono i risultati di ricerca dell’Osservatorio Artificial Intelligence (Osservatori Digital Innovation, School of Management del Politecnico di Milano), che ogni anno si propone di fotografare l’ecosistema AI in Italia.

Intelligenza artificiale in Italia: uno scenario di luci e ombre

In uno scenario di luci e ombre – che rispecchiano elementi positivi e difficoltà tipiche del Bel Paese – mentre attendiamo di vedere pubblicata la Strategia AI 2024 – 2026, la domanda chiave che ci si pone è: quale ruolo potrà svolgere l’Italia nella catena del valore dell’Artificial Intelligence? “Noi oggi dobbiamo decidere quale partita giocare, come Europa e come Italia” – ha spiegato Mario Nobile, Direttore Generale di AGID, intervenuto al Convegno dell’Osservatorio dello scorso 1° febbraio – “La nostra posizione oggi è costruire dal basso l’AI Foundation Model, ad esempio, o ci concentriamo sugli strati superiori, che sono le infrastrutture e le applicazioni? È una scelta da fare subito, in tempi che non sono compatibili con la nostra pianificazione!”

Ricerca in AI, l’Italia tra i top performer Ue

Guardando alle pubblicazioni scientifiche, l’Italia dimostra anche in ambito Artificial Intelligence l’alta qualità di ricercatori e istituzioni di ricerca, posizionandosi al pari dei top performer europei Francia e Germania. Negli ultimi due anni, anche grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sono stati compiuti importanti passi avanti per quanto riguarda la formazione di nuovi ricercatori. Arriviamo ad esempio al 2024 con un numero complessivo di 342 Borse di Dottorato in ambito Artificial Intelligence, numero più che raddoppiato rispetto al 2022. Tuttavia, l’ambito AI non fa eccezione rispetto alle difficoltà italiane nel trattenere i talenti in Italia e attrarre talenti dall’estero. Se siamo convinti che l’Intelligenza Artificiale sarà la nuova “general-purpose technology”, ossia una tecnologia che può influenzare un’intera economia (a livello nazionale o globale), allora investire sulle opportunità di carriera e stabilità nel medio termine dei nostri esperti è più che urgente.

L’uso dell’IA nel settore pubblico

Per quanto riguarda le Istituzioni Pubbliche, negli ultimi anni si registra sicuramente un’importante accelerazione sul tema. Il Piano Triennale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione 2024 – 2026, pubblicato a dicembre 2023, dedica sempre più spazio ai temi Dati e AI, definendo sia principi generali per l’AI nel settore pubblico sia target progettuali specifici: nel 2026, ci si aspetta di aver realizzato almeno 400 progetti di innovazione tramite l’AI, 300 iniziative di acquisizione di servizi di AI, 100 progetti di sviluppo di soluzioni di AI.

Tutto questo sarà possibile con chiare linee guida per le Pubbliche Amministrazioni, al fine di andare oltre casi di eccellenza che già emergono nelle grandi amministrazioni (come, ad esempio, i casi d’uso di Agenzia delle Entrate, INPS e Inail citati nello stesso Piano) e far entrare l’Artificial Intelligence nell’efficientamento dei processi interni e nella relazione tra cittadino e PA in maniera sempre più pervasiva.

L’IA nell’ecosistema delle imprese private in Italia

Arriviamo all’ecosistema di imprese private. Da un lato, i player italiani che offrono soluzioni e servizi di AI stanno raccogliendo tantissimo interesse, lo dimostra il fatto che il mercato nel 2023 è cresciuto del +52% rispetto al 2022 (da stima Osservatorio) e, in questo valore totale di 760 milioni di euro, la quota di “export”, ossia di soluzioni e servizi forniti a player esteri è cresciuta ancor più velocemente. Il numero di startup di AI presenti sul territorio è ampio, 697 realtà con 120 nuove fondazioni solo nel 2023 (oltre il target fissato dalla Strategia Italiana 2022-2024). Tuttavia, come spesso accade, queste startup fanno fatica a crescere e a trovare finanziamenti.

Dall’altro lato, abbiamo l’adozione della tecnologia nelle aziende private. Qui il panorama è estremamente variegato. Nella maggior parte delle grandissime realtà, vi è almeno un progetto a regime basato su algoritmi di Artificial Intelligence. Se guardiamo in particolare a settori come Banking, Insurance, Telco o Utility, ancor di più la direzione è chiara e non si torna indietro.

Nelle grandi aziende, a parte una minoranza di eccellenze, l’AI rappresenta la prossima frontiera dell’innovazione, su cui si sta sperimentando. Ciò che preoccupa è lo stato d’adozione nelle Piccole e Medie Imprese: solo il 5% dichiara di avere progetti operativi e, nel complesso, solo il 18% ha approcciato il tema. Anche l’hype mediatico causato dalla Generative AI non ha modificato il panorama, l’adozione aziendale di questi strumenti è molto più complessa del semplice utilizzo per gioco o per lavoro personale.

Intelligenza artificiale: non c’è reale trasformazione senza le PMI

Secondo le stime dell’Osservatorio, il fatturato dei player italiani che offrono soluzioni e servizi di Artificial Intelligence ha raggiunto i 760 milioni di euro. Per il 90% però, questo fatturato è generato dalle grandi imprese private. Le Piccole e Medie Imprese rappresentano circa il 5% del mercato e, a conferma di ciò, come visto nel precedente paragrafo, l’adozione di soluzioni di Artificial Intelligence è molto bassa. Permangono barriere legate alla scarsità di budget – che possiamo parzialmente tradurre in uno scarso commitment sul tema – e alla scarsa digitalizzazione dell’azienda. Laddove i progetti sono stati avviati i driver sono stati per lo più esterni (es. proposte di fornitori, incentivi pubblici). Sarebbe però ingiusto considerare le PMI come semplicemente restie all’innovazione. Seppur vi sia sicuramente una quota di aziende scettiche in generale sul digitale (il 16%, secondo gli ultimi dati 2023 dell’Osservatorio Innovazione Digital nelle PMI), si tratta di una percentuale minoritaria.

I tre ostacoli che frenano l’adozione di AI

Per interpretare il dato, va invece sottolineato che l’adozione dell’Artificial Intelligence non è semplice e ci sono almeno tre punti da sollevare:

  • la necessità di fare ordine nelle molteplici applicazioni dell’AI – dallo sviluppo progettuale al “copilot” per la produttività personale – e dunque un tema di alfabetizzazione estensiva;
  • un’offerta di mercato che non è pronta all’uso, non è pensata per le esigenze delle Piccole e Medie Imprese che non hanno competenze interne per valutare la bontà delle soluzioni e customizzare le soluzioni esistenti;
  • l’elefante nella stanza: la gestione dei dati. La gran parte delle aziende più piccole non ha figure che se ne occupano, lavora con un approccio a silos sulle diverse fonti dati e non ha strutturato a pieno i processi di Business Intelligence.

Sarà compito di tutto l’ecosistema pubblico e privato (anche dell’Osservatorio AI) supportare le Piccole e Medie Imprese in questo percorso. È qui che si gioca la partita di fondo.

Trustworthy AI in Italia: siamo pronti per l’AI Act?

Lo scorso 13 marzo, il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza l’AI Act, il primo regolamento al mondo sull’Intelligenza Artificiale. Senza entrare nel dettaglio del regolamento, è qui che si gioca la seconda partita più importante. Che impatto avrà questo regolamento nella relazione competitiva tra Europa e resto del mondo e che impatto avrà sulle scelte progettuali delle aziende italiane?

Sicuramente avere una legge chiara potrà accelerare lo sviluppo delle applicazioni e l’approccio “risk-based” dovrebbe evitare di rendere il fardello normativo troppo pesante per progettualità meno critiche. Tuttavia, il problema della Trustworthy AI – ossia di un’AI non solo etica ma anche robusta, sicura, governata, trasparente, sostenibile – è ad oggi affrontato da una stretta minoranza di grandissime organizzazioni in Italia. Sicuramente assisteremo a un deciso incremento di attenzione sul tema.

L’AI per il cittadino: a che punto siamo

Per chiudere, una breve considerazione sull’utilizzo dell’Artificial Intelligence nella vita quotidiana dei cittadini italiani. Potremmo sintetizzare la situazione in una frase: l’AI è sulla bocca di tutti, ma pochi la conoscono davvero. L’arrivo di ChatGPT e l’attenzione mediatica anche da media generalisti ha fatto sì che oggi il 98% dei cittadini italiani (considerando gli internet user – il 78% della popolazione italiana secondo dati Istat 2022) conosca il termine Artificial Intelligence. Tuttavia, chi era poco avvezzo al digitale difficilmente ha testato ChatGPT o altri strumenti gratuiti. Crescono anche i timori legati all’AI come possibile sostituto del proprio lavoro, ma nel complesso i cittadini italiani si dimostrano ottimisti verso questa trasformazione.

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