manovra 2019

Manager 4.0, chi sono e il voucher del Governo per assumerli (e innovare le pmi)

Il Piano Industria 4.0 potenziato con l’inserimento in manovra degli incentivi per i manager dell’innovazione, il target sono le Pmi. Federmanager propone anche sgravi fiscali per investire gli incentivi all’esodo nelle startup. Da Agid una guida per l’e-leader. Tutti tasselli di un quadro che si sta delineando: ecco quale

Pubblicato il 26 Ott 2018

manager IT

Nel giro di una settimana, il Governo ha approvato una manovra economica che incentiva con un voucher l’assunzione da parte delle imprese di manager per l’innovazione 4.0; mentre Agid, l’agenzia per l’Italia digitale, ha pubblicato una Guida sulle professionalità digitali dedicata all’e-leader.

Nello stesso tempo, Federmanager ha presentato una proposta di legge che prevede, oltre agli incentivi per l’assunzione di manager dell’innovazione (molto simile, quindi, alla norma inserita dall’esecutivo in manovra), di favorire la destinazione delle somme percepite da manager a titolo di incentivazione all’esodo nel capitale sociale di PMI e start-up.

Tutti segnali che sembrano disegnare una tendenza ben precisa.

Incentivi (voucher) e Industria 4.0

Gli incentivi ai manager dell’innovazione – con un voucher fino a 40 mila euro – sono una delle principali novità relative al Piano Industria 4.0 contenute in manovra, e diciamolo, vanno incontro a istanze che a più riprese sono arrivate dal mondo delle imprese, che alle prese con gli incentivi alla formazione 4.0 introdotti dalla manovra dello scorso anno hanno rilevato una duplice esigenza: quella di preparare aggiornare il personale tecnico e non solo (la trasformazione 4.0 impone cambiamenti in praticamente tutte le aree aziendali), ma anche quella di aggiornare e sensibilizzare adeguatamente i vertici delle imprese.

E il mondo delle professioni e del digitale si concentra nel fornire materiale alle imprese che nel 2019 avranno questo nuovo incentivo. «Ci auguriamo che l’incentivo al manager dell’innovazione venga confermato alla fine del percorso della manovra», spiega Mario Cardoni, direttore generale di Federmanager. Il quale sottolinea come la misura in realtà  abbia come target le piccole e medie imprese: «i manager per l’innovazione nelle grandi realtà ci sono già da tempo. Quello che manca, invece, è spesso una professionalità manageriale che supporti la trasformazione digitale delle imprese più piccole, che abbiano vocazione allo sviluppo».

E allora vediamo quali caratteristiche deve avere questa nuova professionalità manageriale incentivata, mettendo a confronto diversi documenti sui manager per l’innovazione, di Federmanager (che in realtà propone anche degli incentivi sulla buonuscita dei manager delle aziende per favorire gli investimenti nelle startup), e di Agid, che proprio mentre il Governo approvava la manovra economica 2019 pubblicava le linee guida sulle competenze digitali, che contengono anche una manuale interamente dedicato alla e-leadership.

Chi è il manager per l’innovazione

Il manager per l’innovazione, secondo Federmanager, «è un professionista che deve assicurare la gestione delle attività di un’impresa inerenti processi di innovazione del business, in termini di processi organizzativi, prodotti/servizi e pensiero manageriale, stimolando la ricerca di soluzioni legate alla digital trasformation e favorendo culturalmente l’introduzione e il consolidamento di idee innovative in azienda per lo sviluppo di un vantaggio competitivo sul mercato con la conseguente crescita del business». Secondo le linee guida Agid, invece, l’e-leader «è una figura professionale propulsiva che spinge le organizzazioni verso l’innovazione e il cambiamento», può avere «responsabilità organizzative di vertice (può essere un manager in una grande organizzazione, un dirigente in una pubblica amministrazione, un imprenditore o una figura vicina all’imprenditore in una impresa) ma può anche essere un livello professionale non di vertice purché in possesso di adeguati poteri decisionali e comunque in grado di migliorare la sfera d’azione del proprio lavoro, apportando un beneficio a tutta l’organizzazione. La forte attitudine dell’e-leader a vedere il cambiamento si traduce nella capacità di pensare e realizzare progetti volti a superare i vecchi schemi mentali e ad innovare i processi organizzativi». Come si vede, Federmanager ha un approccio più operativo, mentre Agid si concentra maggiormente sulle soft skill sulla vision.

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I requisiti e le competenze del manager per l’innovazione

Quanto ai requisiti, secondo l’associazione dei dirigenti il manager dell’innovazione deve avere:

  • esperienza in un settore industriale, nei processi produttivi, nell’area della gestione dei Sistemi Informativi, dell’Organizzazione, nell’area della Gestione dei Progetti (sia singole iniziative che programmi complessi di progetto) o nella gestione delle Operazioni Industriali (es. Supply Chain, Produzione);
  • conoscere la Value Chain di un’impresa includendo le logiche di integrazione sia a “monte” della catena (fornitori, conto terzisti, terze parti in generale) che a “valle” (Clienti, carrier logistici, ecc.);
  • Conoscere le logiche di un ecosistema basato su piattaforme digitali e sulle logiche di Industry 4.0;
  • Capacità di interpretare e di proporre “modelli di business” sia di tipo tradizionale che in logica Industry 4.0 (es. servitizzazione, smart product, Digital Value Chain, ecc.);
  • attitudine all’autogestione con un elevato grado di autonomia ed attitudine al Change Management;
  • buone capacità comunicative e capacità di lavoro in team, in particolare in ambito di aziendePMI;
  • buona conoscenza delle metodologie di Problem Solving;
  • conoscenza di base delle tematiche legate alla Cybersecurity;
  • conoscenza delle strategie europee e nazionali a supporto della trasformazione digitale.

Infine, deve comprendere i principi di base dei seguenti Sistemi di Gestione delle Informazioni: CRM (customer relationship management), ERP (enterprise resource planning), SCM (supply chain management), CAPP (computer aided production planning), MES (manufacturing execution systems, PLM (product lifecycle management), PDM (product data management), CMMS (Computerized Maintenance Management System), piattaforme di e-commerce in logica B2B (in modo particolare) e B2C, soluzioni di Business Intelligence sia delle componenti di reporting di base che di soluzioni di Analytics/Big Data per la gestione di fonti dati eterogenee, modelli funzionali alla base di soluzioni Cloud (es. SaaS, PaaS, Iaas).

Queste competenze digitali, secondo Federmanager, vanno adeguatamente comprovate da un curriculum asseverato da un’associazione di rappresentanza manageriale rappresentativa o da una certificazione delle competenze professionali di manager dell’innovazione (innovation manager). In entrambi i casi, da parte di un’associazione di rappresentanza manageriale rappresentativa ai sensi dell’articolo 4 della legge 180/2011 o da
parte di enti o società di servizi di tali associazioni di rappresentanza manageriale.

In parole semplici, spiega Cardoni, si tratta di professionalità adatte a imprese che vogliono affrontare le nuove sfide, e hanno bisogno di «figure nuove, che sappiano non solo che cos’è la trasformazione digitale, ma riescano anche a guidarla calandola nell processo organizzativo di un’azienda». Quindi, «serve una mente capace, competenze manageriali, conoscenza della tecnologia. Attraverso un assessment aziendale, il manager dell’innovazione è in grado di capire come digitalizzare l’azienda».

Secondo AGID, l’e-leader deve invece avere:

  • Competenze formali: apprese nella scuola e nell’università.
  • Competenze non formali: acquisite prevalentemente nel percorso lavorativo grazie a all’esperienza accumulata nella partecipazione/coordinamento di progetti di digital transformation e nel trasferimento di sapere volto all’azione.
  • Competenze informali: acquisite nella vita quotidiana, nel lavoro (non tramite azioni strutturate) e nella partecipazione a network.

Si tratta, come detto, di una vision meno orientata a un percorso tecnico (comunque previsto), per cui, si legge nelle linee guida, «è molto più corretto parlare di percorsi di coltivazione dell’e-leadership, piuttosto che di formazione tradizionalmente intesa. In quest’ottica diventano rilevanti anche i contesti di apprendimento informale nelle diverse fasi di vita di un individuo, futuro e-leader: le attività di vita quotidiana legate ai contesti di formazione, di lavoro e di vita fuori dal lavoro». Vengono poi definite cinque specifiche aree di competenza, che non devono necessariamente appartenere ad un unico leader, ma andare ad esempio a formare un team. Eccole esposte in un grafico:

Ecco quali sono le componenti più rilevanti per l’e-leader nell’ambito di un’organizzazione privata:

  • Cultura e conoscenza del mondo digitale: l’e-leader è consapevole delle potenzialità del digitale come leva per fare innovazione e ottimizzare i processi e i servizi, ma non è necessariamente uno specialista IT. Conosce i principali processi, le metodologie e gli strumenti che caratterizzano lo sviluppo e la gestione dei progetti di innovazione digitale e le possibili fonti di finanziamento. E’ consapevole della rilevanza della sicurezza e dei rischi associati e conosce i principali strumenti organizzativi e tecnologici per la gestirla. Conosce quali sono le tipologie di applicazioni e di servizi applicativi sia di tipo tradizionale sia basate sulla rete ed i dispositivi mobili, orientate alle organizzazioni e alle reti sociali. Infine, è consapevole del valore dei dati, delle informazioni e delle conoscenze nelle organizzazioni e conosce quali sono le principali tecnologie per la loro gestione e condivisione.
  • Capacità individuali di relazione e comunicazione: fanno parte del carattere e, assieme a propensioni strutturate nel tempo (capacità di gestione del gruppo e del lavoro in gruppo, o del conflitto, negoziazione e mediazione) attengono alle doti di leadership, all’assertività, alla definizione del problema (problem setting) e alla risoluzione del problema (problem solving). Con un’adeguata prparazione e con l’esperienza si affinano poi la capacità di apprendere, di adattarsi alle circostanze senza perdere di vista l’obiettivo, di comunicare efficacemente, la concezione del mondo come sistema complesso, in cui ogni elemento è collegato, direttamente o indirettamente, a tutti gli altri. La capacità di «vedere» il futuro, prefigurandone l’evoluzione (la vision).
  • Competenze organizzative e di gestione del cambiamento: pianificazione, programmazione, progettazione, gestione delle risorse. L’e-leader costruisce e governa il percorso che consente il raggiungimento degli obiettivi di innovazione digitale, predispone in questo senso l’intera organizzazione, opera efficacemente nel contesto normativo e rende concreti e duraturi i risultati delle innovazioni. Nello specifico, è in grado di: identificare opportunità di cambiamento e innovazione nei servizi e nei processi, obiettivi e soluzioni progettuali innovative, definire e pianificare le politiche e i processi, valutare le soluzioni tecnologiche migliori rispetto ai risultati di innovazione che intende ottenere, ottimizzando il rapporto tra efficacia (qualità del risultato) ed efficienza (tempi e costi). Gestire i canali di finanziamento e i processi di procurement e attivare progetti e iniziative che arricchiscano la qualità dei servizi, anche utilizzando gli strumenti di e-procurement. Ottimizzare il rapporto tempi / costo / qualità.

I dettagli della proposta di Federmanager

L’agevolazione prevista è un contributo a fondo perduto, ovvero un voucher, del valore di 40mila euro, erogato in un’unica soluzione, con regole precise sull’utilizzo, ad esempio, prevedendo una revoca in caso di licenziamento del manager prima del secondo periodo di imposta successivo all’assunzione, oppure di trasferimento in strutture produttive fuori dal territorio italiano. Una disposizione, quest’ultima, che strizza l’occhio alle limitazioni introdotte dal Governo con il Decreto Dignità relative alla fruizione degli incentivi del piano 4.0 (i macchinari devono essere destinati a impianti produttivi italiani).

Ma c’è poi una seconda idea, che punta invece alla valorizzazione del sistema delle start up: «abbiamo tanta vivacità imprenditoriale in questo senso, ma il 95% degli sforzi si vanificano in tempi relativamente brevi. E questo spesso succede perché manca il progetto manageriale, ovvero la competenza che trasforma l’idea in business». Dunque, si propone un incentivo fiscale a favore dei manager che investono le somme percepite a titolo di incentivazione all’esodo in start-up o in partecipazioni nel capitale sociale delle piccole e medie imprese. La platea potenziale identificata è di circa mille manager all’anno. Prendendo come riferimento un incentivo all’esodo medio di 100mila euro, e ipotizzando di applicare un’aliquota fiscale pari alla metà di quella alle somme aggiuntive del TFR (38%), si potrebbero liberare investimenti nel panorama produttivo pari a 19 milioni di euro.

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