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Manifattura e robotica collaborativa: così l’IA estende le capacità di macchine e uomini



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La strada che si è aperta nell’interazione dell’intelligenza artificiale nei processi manifatturieri è solo all’inizio del suo nuovo percorso, ma deve fondersi e viaggiare di pari passo con la sua integrazione nei corpi che la ospitano. Un connubio che, se parliamo di manifattura, non può essere scisso

Pubblicato il 24 lug 2023

Manuel G. Catalano

Soft Robotic for Human Collaboration and Rehabilitation, Istituto Italiano di Tecnologia Researcher



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In un mondo dove la digitalizzazione dei dati e dei processi ha avuto una forte spinta negli ultimi anni, dove il media digitale stesso, sia esso uno smartphone o un laptop, ha un ruolo centrale nelle nostre vite, la contestualizzazione dell’applicazione delle moderne tecnologie di intelligenza artificiale nell’ambito manifatturiero è sicuramente un tema di grande attualità che trova facile riscontro nelle potenzialità che esse possono offrire.

Fassi porta la teleoperazione remota a Bauma

Argomento di sicuro interesse quindi, ma che non può prescindere da una considerazione fondamentale: il processo manifatturiero per sua definizione stessa è un processo di trasformazione fisico e materiale, che nasce e si concretizza in interazioni fisiche tra elementi di un processo.

Questo pone l’attenzione su un aspetto fondamentale: bisogna guardare a queste tecnologie pensando non solo alla loro capacità di elaborazione, ma anche a come queste capacità possano integrarsi con le strutture fisiche che le ospitano e agire, di conseguenza, fisicamente sul mondo e modificarlo.

Senza questa visione duale, guarderemmo in maniera solo parziale a quello che è lo spettro di possibilità, e allo stesso tempo di possibili limitazioni, che questo panorama ci offre.

Da Talo a Puma, l’evoluzione delle macchine

D’altra parte, l’idea che un’intelligenza artificiale possa aiutarci a governare e assisterci nei vari ambiti della nostra vita è oggi sempre più parte del nostro immaginario e trova radici in contesti anche molto lontani. Talo, il gigantesco automa mitologico che Zeus donò a Europa per difendere i confini della sua patria, Creta, fa parte di quelle figure mitologiche del mondo occidentale che ancora oggi ci affascinano tanto.

Nel corso dei secoli questa idea ha continuato a risiedere nell’immaginario collettivo, fino a trovare i suoi primissimi sbocchi concreti durante e nell’immediato secondo dopoguerra. Anni che hanno dato vita a quella che sarebbe stata una lunga, inesorabile, evoluzione tecnologica arrivata sino ai giorni nostri. Le esigenze pratiche e immediate di decrittazione delle comunicazioni militari tedesche, ha spinto le potenze Alleate a investire ingenti risorse nella realizzazione pratica della oggi celeberrima macchina di Turing, alla base dei moderni strumenti di calcolo ed elaborazione di dati. Le stesse esigenze, immediate, di manipolazione di elementi radioattivi, ha portato a quelli che poi, a distanza di anni, sappiamo essere i primissimi robot. Corpi meccanici che potevano operare in remoto, salvaguardando gli addetti ai lavori da esposizioni pericolose.

Proprio in questi sviluppi possiamo intravedere l’inizio di quelle evoluzioni tecnologiche, apparentemente svincolate, slegate l’una dall’altra, ma che nel tempo si sono incontrate, intersecate, e che hanno trovato una propria evoluzione individuale, per poi ritornare sempre a un dualismo imprescindibile. Una mente, un corpo.

Così nascono i primi robot semi-autonomi che possono operare nelle centrali nucleari, come Mascot1, un risultato della ricerca europea con una fortissima impronta italiana, data dall’ENEA. O, di poco più recente, i primi robot industriali per la produzione in serie, quali il PUMA (Unimation). Sistemi che accompagnano alla loro fisicità meccanica, un sistema di elaborazione logico, che raccoglie ed elabora dati da strumenti e sensori di misura e li trasforma in traiettorie di movimento delle singole articolazioni. Traiettorie che consentono a questi sistemi di compiere azioni secondo delle politiche e delle logiche che sono state generate e riposte all’interno della loro memoria di elaborazione.

Intelligenza artificiale, l’evoluzione di mente e corpo

Intelligenza, dal latino Intelligere, capire, composizione del verbo legere, scegliere-raccogliere-leggere, e della preposizione inter, fra, ovvero, letteralmente, la capacità di stabilire correlazioni e distinzioni tra elementi.

Elementi analogici, digitali, fisici o comunque elementi che rappresentano, in una qualche forma, il nutrimento stesso di un’intelligenza. Ed è così che l’evoluzione di database, potenze di calcolo e algoritmi sempre più efficienti hanno permesso di creare intelligenze sempre più raffinate, complesse, che, passando anche dal mondo dei videogiochi, sempre più ricchi e articolati, ha portato poi all’approdo e all’accesso di quello che è ormai il più grande contenitore di elementi e conoscenza del mondo, internet.

Elementi e conoscenze che oggi sono disponibili in simultanea compresenza, collegati da una rete che rende tutto potenzialmente accessibile, in ogni istante, da ogni luogo. Non è un caso che dalla fine degli anni Novanta a oggi, queste tecnologie hanno subito un impulso enorme, arrivando fino ai giorni nostri. Giorni in cui è possibile richiedere ad una intelligenza artificiale di generare un episodio di Star Wars con lo stile e “la mano” di Wes Anderson.

E il corpo? Ha subito un’evoluzione altrettanto incisiva, che ha portato i manipolatori responsabili dei processi produttivi fuori dalle celle a cui erano relegati per motivi di sicurezza. Nuovi sistemi di movimentazione e di sensorizzazione hanno consentito a questi sistemi di poter lavorare insieme all’uomo, condividendo lo stesso volume di lavoro, accompagnandolo in processi complessi che vengono condivisi. Generando quella che oggi comunemente viene conosciuta come robotica collaborativa6. Ma è successo anche altro. I robot sono usciti fuori dalle fabbriche, hanno iniziato a convivere con noi anche nella nostra vita di tutti i giorni. I moderni robot da pulizie che abbiamo nelle nostre case, i droni, le più moderne auto con sistemi di guida autonoma, non sono altro che robot dotati di diverse forme di intelligenza di grado più o meno evoluto. Fino ad arrivare ai più avveniristici robot quadrupedi e bipedi che spesso vediamo compiere imprese che ci lasciano l’immaginario di un futuro sempre meno remoto.

Intelligenza artificiale e automazione nel manufatturiero

Ma tralasciando scenari che appartengono a un domani, seppur prossimo, cosa possiamo dire di queste tecnologie e del loro impatto sui processi che costituiscono tutt’oggi un aspetto importante e sostanziale dell’economia italiana ed europea, di cui il manufatturiero ne è un importante porzione?

Sicuramente le moderne intelligenze artificiali stanno avendo un impatto. O quantomeno stanno trovando una loro possibilità di applicazione concreta in quello che è il nuovo contesto industriale che caratterizza il nostro mondo e che ha trovato un rinnovamento tecnologico importante in quello che è stato l’avvento dell’Industria 4.0. Una profonda e capillare digitalizzazione di tutto quello che caratterizza un apparato produttivo.

Le moderne fabbriche automatiche o semi-automatiche sono dotate di sistemi di lavorazione meccaniche, assemblaggio, logistica e distribuzione completamente digitalizzati e interconnessi. Ovvero consentono di avere a disposizione migliaia di dati, elementi, che possono essere letti, usati, trattati ed elaborati per i fini più disparati.

Oggi si può conoscere lo stato di lavoro di ogni elemento che compone una macchina di produzione; quindi, si può monitorare il suo stato fino a prevederne il suo logoramento. Allo stesso tempo si può associare a quella macchina il lotto produttivo, o addirittura il singolo manufatto prodotto e quindi estrarne informazioni di vita e prestazioni anche nel ciclo di prodotto post-vendita. In una moderna fabbrica interconnessa si può pensare di gestire l’impianto produttivo, le sue fasi di lavoro, la sua gestione energetica con strumenti di intelligenza artificiale che possono monitorare lo stato dei dati istante per istante, nella rete che li fa comunicare, in un impianto che può essere dislocato a Milano, Parigi o Bangkok senza soluzione di continuità.

L’Industria 4.0 ha consentito l’accesso all’utilizzo di moderne intelligenze artificiali nell’automazione di processo e del manufatturiero. E questo è ancor più vero in quei processi di grande produzione, dove vengono prodotti decine di migliaia di prodotti, la variabilità di processo è limitata, gli investimenti sono per impianti produttivi che devono produrre per anni.

Intelligenza artificiale e robotica collaborativa nel manufatturiero

Ma oggi, come ieri, anche se con una più forte connotazione dinamica, la produzione non è solo questo. Oggi ci troviamo in un mondo dove l’esigenza di variabilità produttiva, il ciclo di vita di un prodotto, il suo time to market sono estremamente accelerati. Entrano in gioco anche nuovi punti di vista, come ad esempio, quello di portare all’attenzione del produttore anche gli aspetti di smaltimento del bene stesso, con conseguenze importanti sui costi e la gestione del prodotto. In questo più moderno contesto l’evoluzione produttiva si scontra con tecnologie di automazione classiche che risultano meno malleabili, più ingessate e che ritrovano vita e flessibilità quando accompagnate da soluzioni robotiche che sono in grado di essere flessibili, facilmente riconfigurabili, adatte a un lavoro in cooperazione con l’uomo, anche in ambienti meno strutturati di una linea di produzione intensiva.

È facilmente intuibile come l’applicazione di intelligenze artificiali in questi scenari appare come una soluzione fattiva e indispensabile per poter gestire la varietà di situazioni e circostanze. La pragmaticità di questa semplice e intuitiva conseguenza logica si scontra però con molti aspetti che la vita e l’interazione pratica impongono. Primo fra tutti l’aspetto di dover manipolare e interagire con miriadi di oggetti, con situazioni e ambienti che sono fisici, che non appartengono a un universo esclusivamente digitale.

Una parte delle interazioni fisiche che compiono i nostri sistemi nelle nostre fabbriche è, e più probabilmente lo sarà per sempre, estremamente variabile e solo in parte digitalizzabile. Pensiamo per un istante alla quantità di strumenti, oggetti, materiali che abitualmente deve essere manipolata, alla sua variabilità ed eterogeneità. Pensiamo, ad esempio, per semplicità alla gestione di un magazzino automatico da cui poi devono essere composti i kit di assemblaggio di una data linea di produzione. Quante decine di migliaia di posizionamenti di un oggetto esistono? Quante migliaia di prese possibili? Quante combinazioni?

I dati che alimentano l’intelligenza artificiale

Un’intelligenza artificiale, come già affermato, ha bisogno di elementi per essere alimentata e poter progredire. Questi elementi sono digitali e digitalizzati. Se non lo sono, non possono entrare a far parte dello spettro di azione di questi strumenti. Quanto dichiarato appare ancora più chiaro, quanto più si prende in considerazione come approcci più diretti al problema hanno prodotto risultati soltanto parziali. Riprendiamo l’esempio della manipolazione di oggetti. Tentativi di uso intensivo di manipolatori, impiegati per decine di migliaia di ore in esercizi di presa e manipolazione di decine di oggetti diversi, al solo scopo di creare dati e database utilizzabili per addestrare intelligenze artificiali di manipolazione, sembrano oggi non essere la soluzione definitiva al problema della manipolazione robotica. Le variabili in gioco sono troppo ampie, la loro digitalizzazione richiede uno sforzo che non è di uso comune, e che deve far fronte ad una variabilità di condizioni che è in costante mutazione. In altre parole, a differenza di quanto può avvenire per l’elaborazione di una immagine, che oggi per antonomasia è un dato digitale diffusissimo, l’atto pratico della presa è un dato di difficile estrazione, fortemente dipendente dalla soluzione hardware utilizzate e che difficilmente è largamente disponibile.

Questo non vuol dire che il problema non sia affrontabile o che non presenti strade o soluzioni, ma vuole più semplicemente dire che ancora oggi ha una molteplicità di approcci e proposte che in qualche modo devono essere vagliate, verificate e utilizzate per essere comprese nelle loro eventuali potenzialità. Un problema aperto che viene affrontato dal mondo della ricerca, sia essa di base, sia essa più industriale e mirata a un impiego in tempi più immediati.

Una ricerca di innovazione costante: il JOiiNT LAB

Non è questa probabilmente la sede per un’analisi esaustiva del problema o per uno stato dell’arte di quello che offre il mercato, però può essere un ottimo contesto dove fare esempi o riportare delle esperienze. Esperienze come quelle che si stanno formando nell’ambito del laboratorio di ricerca congiunto JOiiNT LAB di Bergamo7, nato da una collaborazione tra l’Istituto Italiano di Tecnologia e il Consorzio Intellimech, consorzio di ricerca per la meccatronica, affiancati da Confindustria Bergamo, Kilometro Rosso Innovation District, il campus tecnologico, e l’Università degli Studi di Bergamo.

Ovvero un contesto dove i frutti di investimenti in ricerca tecnologica di base vengono fatti maturare e portati al punto in cui possono incontrare gli spunti e le esigenze di moderne e dinamiche realtà industriali di diverse dimensioni, contesto e specializzazione produttiva. Questo con l’obbiettivo di sperimentare queste nuove soluzioni e accompagnarle in un salto tecnologico che possa avere un impatto sul mondo reale, nella vita delle imprese, dei prodotti, dei suoi lavoratori.

In questo contesto alcuni degli obbiettivi primari sono:

  • rendere i robot flessibili, facilmente usabili e programmabili da utenti non esperti di tematiche di IA e robotica;
  • espandere le potenzialità e gli strumenti di piccole e medie imprese che operano a livello globale, ma non hanno una struttura globale capillare come quella delle multinazionali;
  • aumentare la sicurezza e la qualità del lavoro degli operatori contribuendo allo stesso tempo, in qualche misura, a diminuire le differenze di genere.

Tutte tematiche che nella opportuna combinazione di una intelligenza di elaborazione e una appropriata struttura fisica possono trovare molteplici possibilità.

Le esigenze di innovazione industriale

Le esigenze di innovazione industriale devono essere in qualche modo accompagnate da una costante alimentazione di nuove tecnologie che si rendono disponibili e che possano raggiungere una maturità tale da provare ad affrontare il mondo reale. In questo contesto sono molteplici le tecnologie che vengono esplorate e impiegate. Tecnologie che in forma diversa integrano al loro interno un’intelligenza non solo algoritmica, ma anche meccanica e di struttura.

Centrali nello sviluppo dei casi d’uso portati avanti nel laboratorio congiunto sono i sistemi di manipolazione adattivi che integrano intelligenze artificiali fisiche8, le tecnologie di manipolazione remota e tele-presenza9, il monitoraggio attivo dello stato di affaticamento di un operatore10, sistemi di programmazione intuitivi che non necessitano la generazione di codice11, nonché l’utilizzo e lo sviluppo di moderni robot collaborativi. Il tutto costantemente unito da un fil rouge dove l’essere umano con le sue competenze, capacità ed esperienze ha un ruolo fondamentale, che si integrano a quello che è l’intelligenza artificiale e il corpo del robot stesso.

Così, ad esempio, tecnologie utilizzate per la realizzazione di protesi bioniche possono essere impiegate nella manipolazione di oggetti12, o ancora, strumenti e innovazioni usate per l’esplorazione in remoto degli abissi marini13 possono essere adattate e impiegate nei più disparati contesti industriali.

Gli scenari d’uso

Queste tecnologie si contestualizzano e applicano poi a una serie di casi d’uso dalle più diverse sfaccettature con impatto in diversi aspetti del processo manifatturiero. Casi d’uso mutuati da esperienze ed esigenze dirette delle aziende che operano all’interno del laboratorio. Esempi possono essere l’impatto su processi produttivi innovativi, creazione di nuovi servizi e strategie di mercato, o ancora, l’innovazione di prodotto.

Processi produttivi flessibili e intelligenti

Scenari caratterizzati da un processo altamente flessibile, da lotti relativamente piccoli e da una forte presenza umana data la variabilità e complessità di produzione vengono affrontati e studiati integrando le tecnologie sopra descritte. In contesti di questo tipo, ad esempio, l’operatore viene accompagnato da uno o più robot collaborativi e vengono quindi applicate tecnologie di programmazione intuitiva che possono essere utilizzate direttamente dall’operatore con la possibilità di riprogrammare e generalizzare il processo tra un lotto e un altro in tempi ristretti. Allo stesso tempo i movimenti dell’operatore vengono monitorati costantemente e integrati con le strategie di movimento del robot. Questo, con il duplice scopo di monitorare lo stato di affaticamento dell’operatore, ma anche quello di far comportare il robot nella maniera più ergonomica possibile nell’interazione con l’operatore. Questo un esempio di come la digitalizzazione di una informazione (la postura del corpo dell’operatore) possa essere integrata con l’intelligenza che regola il movimento e quindi l’interazione stessa del robot.

Un esempio applicativo è quello condotto unitamente all’azienda Elettrocablaggi14, dove, con questa metodologia, viene affrontato il problema della produzione di pannelli di controllo di macchine utensili. Processo caratterizzato da questo tipo di problematiche e che può beneficiare di tali tecnologie15.

Nuovi servizi e scenari applicativi

La digitalizzazione di prodotto e processo, unitamente alla sua integrazione con tecnologie robotiche intelligenti può anche portare alla creazione di nuovi servizi o strategie di mercato. È questo, per esempio, il caso investigato insieme all’azienda Cosberg16.

Cosberg progetta e assembla costruisce linee di produzione assemblaggio estremamente personalizzate e che oggi si è dotata di un processo di digitalizzazione capillare all’interno delle macchine che produce. Questa digitalizzazione è integrata con intelligenze artificiali che elaborano l’enorme quantità di dati presenti all’interno dei sistemi sensoriali e di gestione della linea, consentendo quindi di monitorare le performance produttive istante per istante, al fine di rilevare e segnalare tempestivamente ogni evento che richieda l’intervento di un operatore e al fine di poter analizzare lo storico dati per apportare migliorie.

Nell’ambito delle attività del laboratorio congiunto si sta oggi sperimentando la possibilità di accompagnare questo tipo di macchinari con dei robot dalle caratteristiche semi-antropomorfe che possano intervenire sulla macchina in maniera autonoma o coadiuvata dalla presenza remota di un operatore17.

Operatori che, all’occorrenza, possono “tele-trasportarsi” all’interno del corpo del robot ed eseguire da remoto gli interventi di ispezione o manutenzione che richiedono le loro capacità e competenze. In questo caso il connubio intelligenza artificiale e intelligenza biologica diventa un elemento di cooperazione e condivisione di competenze che può portare a una migliore efficienza del processo stesso.

Offrendo di fatto a una PMI che opera a livello globale, la possibilità di garantire un business e un servizio su scala mondiale senza necessariamente realizzare un’infrastruttura capillare di presenza territoriale, nonché la possibilità di offrire anche ai propri clienti una soluzione alla comune problematica legata alla difficoltà di reperire personale tecnico specializzato.

Innovazione di prodotto

Il connubbio intelligenza artificiale e struttura meccatronica può anche portare alla trasformazione di un prodotto, rendendolo via via qualcosa di sempre più moderno, fino anche a portare a nuovi scenari di utilizzo che inizialmente non erano preventivati. È questo l’esempio che Fassi18, nella collaborazione con IIT, sta conducendo nella trasformazione del concetto di gru, da dispositivo per la movimentazione di carichi a robot intelligente per la manipolazione, che può essere quindi dotato di nuove interfacce di pilotaggio, di sistemi di programmazione intuitiva e intelligente, di controllo da remoto, fino a diventare anche in questo caso una sorta di avatar dell’operatore o, se vogliamo, un’estensione remota delle sue capacità e competenze19.

Conclusioni

In conclusione, la strada che si è aperta nell’interazione dell’intelligenza artificiale nei processi manifatturieri è solo all’inizio del suo nuovo percorso, ma deve fondersi e viaggiare di pari passo con la sua integrazione nei corpi che la ospitano. Un connubio che, se parliamo di manifattura, non può essere scisso.

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