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Produttività, l’AI non è una bacchetta magica: casi d’uso e scenari



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È successo anche per altre tecnologie: i guadagni in termini di produttività derivanti dal PC, ad esempio, si sono registrati almeno 10 anni dopo la sua diffusione su larga scala. E i dati dimostrano che, per ora, è così anche per l’IA. Molte aziende cominciano a usarla, ma servono tempo e risorse per arrivare a…

Pubblicato il 19 mar 2024

Alessio Pecoraro

coordinatore PAsocial Emilia-Romagna, marketing & communication manager



Il foresight nel settore Life Science: come puntare sulle tecnologie più promettenti

Nel panorama economico-produttivo contemporaneo, l’Intelligenza Artificiale (IA) emerge come uno dei pilastri fondamentali dell’innovazione e della trasformazione aziendale.

Tuttavia, mentre molte organizzazioni hanno già adottato soluzioni basate su automazioni guidate da sistemi “intelligenti” per ottimizzare processi e migliorare l’efficienza e le big tech stanno concentrando i loro sforzi nello sviluppo di sistemi sempre più performanti, i risultati in termini di incremento di produttività generalizzato sono ancora lontani da venire.

Con qualche eccezione che si riscontra perlopiù nella programmazione e nei call center.

E’ quanto emerge da una rassegna delle prime aziende che hanno adottato questi strumenti nella propria macchina produttiva.

L’IA in azienda: casi d’uso

Coca-Cola, il gigante del beverage, utilizza l’intelligenza artificiale per realizzare indagini di mercato attraverso l’analisi dei dati estratti dai canali social media dell’azienda americana per capire quali sono i trend, in fatto di gusti, dei propri clienti sia nel breve che lungo periodo.

La casa automobilistica giapponese Toyota utilizza l’analisi predittiva tramite IA per prevedere le probabilità che un componente si guasti o quando è necessaria la manutenzione, garantendo così sicurezza, la riduzione dei tempi, una distribuzione migliore del lavoro e meno tempo di fermo per i veicoli durante la manutenzione.

Un modello simile a quello di BPER banca: “Abbiamo sviluppato alcuni modelli utilizzando l’IA per cercare di abbassare il tasso di abbandono della nostra clientela, per anticipare lo stato di insolvenza (criticità) utilizzando sia i dati presenti in azienda (strutturati e de strutturati), ma anche i dati disponibili sul web o da banche dati esterne che possono essere acquisiti” ha dichiarato Elvio Sonnino, Direttore Finanziario di BPER Banca, terza banca nazionale per numero di filiali e quarta per attivo, a Dialoghi tra finanza e innovazione, la rubrica de il Sole 24 Ore curata da Vittorio Carlini.

I dati di Indeed, un motore di ricerca per trovare lavoro lanciato nel novembre 2004 di proprietà della società giapponese Recruit. rivelano che alcuni giganti aziendali stanno assumendo migliaia di esperti di intelligenza artificiale. Da JPMorgan, una delle banche Big Four statunitensi, affermano di avere già “più di 300 casi d’uso dell’intelligenza artificiale in produzione oggi”. Capgemini, leader mondiale nei servizi di consulenza e tecnologia, ha dato vita ad una vera e propria partnership con Google Cloud per aiutare le aziende a sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie di intelligenza artificiale. Bayer, una delle principali multinazionali farmaceutiche a livello mondiale con sede a Leverkusen, afferma di avere più di 700 casi d’uso per l’intelligenza artificiale generativa.

Attenzione però: per Kristina McElheran, studiosa di economia e della gestione strategica dei cambiamenti tecnologici, dell’Università di Toronto molte aziende stanno ribattezzando i normali sforzi di digitalizzazione come “programmi Gen AI” per sembrare più sofisticati, puntando così al ritorno dal punto di vista del marketing.

In generale però le aziende, in questo momento storico, stanno testando – da un lato – come l’IA possa generare un potenziale risparmio sui costi e un aumento della produttività grazie ai moderni sistemi di intelligenza artificiale generativa mentre – dall’altro – le società big tech stanno concentrando i loro sforzi nello sviluppo di sistemi sempre più performanti.

AI generativa: OpenAI resta lo standard

Anche se i sistemi di IA generativa si sono moltiplicati, OpenaAI è lo standard in base al quale vengono giudicati tutti gli altri. Nel frattempo Anthropic, una startup americana di intelligenza artificiale, fondata da ex membri di OpenAI, ha lanciato Claude 3 che, stando all’azienda, supererà il livello raggiunto da ChatGPT.

“Utilizziamo in maniera massiccia OpenAI” ha dichiarato Brad Schneider, CEO di Nomad Data, un’azienda con sede a New York, che utilizza l’intelligenza artificiale di OpenAI per processare, riassumere ed effettuare ricerche all’interno di enormi database di documenti, come ad esempio sentenze, casi giudiziari e richieste di indennizzi assicurativi. Un servizio molto utile soprattutto per le società di private equity che si affidano all’azienda di Schneider, e che spesso hanno poco tempo a disposizione per analizzare un grande quantitativo di dati su una società che stanno per acquisire.

Dal quartier generale di Nomad Data fanno sapere che la scelta su OpenAI è stata presa dopo aver provato tutti i modelli di IA generativa più efficienti. Schneider spiega che le versioni precedenti di Claude di Anthropic e le versioni attuali di Gemini di Google avevano entrambe troppo spesso allucinazioni che quando si parla di intelligenza artificiale, il termine “allucinazione” indica un chatbot che inventa informazioni false.

Tra gli ottimi rendimenti in borsa delle società big tech che stanno investendo molto nello sviluppo dei sistemi di IA, il dibattito interno alle aziende su sé e quanto affidarsi all’intelligenza artificiale e più in generale con il tema sempre tra gli hot topics anche tra i non addetti ai lavori non mancano anche gli elementi di preoccupazione.

AI generativa: vendite ancora limitate

Le vendite di software AI da parte delle aziende big tech, però, rimangono limitate. Nell’ultimo anno l’intelligenza artificiale ha rappresentato solo, circa, un quinto della crescita dei ricavi di Azure, la piattaforma cloud pubblica di Microsoft, e dei servizi correlati. Alphabet e Amazon hanno scelto di non diffondere i dati delle loro vendite legate all’intelligenza artificiale, ma gli analisti sospettano che siano inferiori a quelle di Microsoft come ha recentemente riportato il quotidiano economico britannico The Economist.

Inoltre, testare le diverse tipologie di intelligenza artificiale generativa, per le aziende, somiglia di più ad assumere un dipendente che ad acquistare un software ha spiegato al Wall Street Journal Mark Daley, responsabile dell’IA della Western University in Ontario.

L’AI non è una bacchetta magica

L’intelligenza artificiale non è una bacchetta magica, i sistemi vanno adattati al campo di utilizzo e addestrati, proprio come fossero nuovi dipendenti. Per questo tipo di operazioni potrebbero volerci molto tempo e molte risorse.

Per Eric Olson, CEO di Consensus, un motore di ricerca scientifico, oltre alla precisione, le altre due considerazioni importanti quando si tratta di valutare l’impatto sulla produttività aziendale dei sistemi di IA sono la velocità e il costo.

Ma quando comincia ad esserci un vantaggio in termini di produttività per un’azienda che decide di automatizzare (alcuni) dei processi aziendali utilizzando l’IA?

Ogni scoperta tecnologica ha rivoluzionato l’ecosistema lavorativo e spinto le aziende a cambiare i loro modelli organizzativi. L’avvento del personal computer, negli anni 80 del secolo scorso, ad esempio, eliminò alcuni compiti ripetitivi e di basso livello, rendendo immediatamente più produttivi i lavoratori altamente qualificati.

Come le aziende usano l’IA

Senza addentrarci in analisi da economisti o sociologi, la domanda da fare è: come le aziende stanno effettivamente usando l’intelligenza artificiale generativa?

Secondo un recente sondaggio condotto dalla società statunitense di consulenza strategica Boston Consulting Group (BCG) la maggioranza dei dirigenti d’azienda intervistati ha affermato che ci vorranno almeno due anni per andare oltre l’hype generato attorno all’IA ed analizzare i primi risultati.

Una recente ricerca condotta da Oliver Wyman, una società di consulenza manageriale controllata dal gruppo Marsh & McLennan, spiega che l’utilizzo di sistemi di intelligenza artificiale “non si è necessariamente tradotto in livelli di produttività più elevati, per ora”.

È stato così in passato anche per altri progressi tecnologici, i guadagni in termini di produttività derivanti dal personal computer si sono registrati almeno un decennio dopo la sua diffusione su larga scala. E i dati diffusi da BCG e Oliver Wyman dimostrano che – per ora – è così anche per l’intelligenza artificiale.

Il dato non sorprende. La maggior parte delle aziende attualmente non utilizza Chatgpt (lo standard di riferimento come abbiamo visto), Gemini (l’evoluzione di Bardo) di Google, Copilot di Microsoft o altri strumenti simili in modo sistematico, anche se i singoli dipendenti li utilizzano. A febbraio 2024 solo il 5% circa delle aziende americane di tutte le dimensioni ha dichiarato di utilizzare l’intelligenza artificiale. Un ulteriore 7% delle aziende prevede di adottarlo entro sei mesi con grandi differenze tra i settori: il 17% delle aziende del settore dell’informazione, che comprende tecnologia e media, afferma di utilizzarla per realizzare prodotti, rispetto al 3% delle aziende manifatturiere e al 5% delle aziende sanitarie.

IA generativa in azienda: cosa succede in Italia

E nel panorama italiano cosa accade?

Meno del 10% delle imprese italiane, però, utilizza l’Intelligenza artificiale, mentre il 15% intende investire in questa tecnologia nei prossimi tre anni. Lo mostrano i dati sui 40mila test di autodiagnosi della maturità digitale (Selfi 4.0), realizzati attraverso i Punti impresa digitale delle Camere di commercio.

Per Michele Grazioli imprenditore e fondatore di diverse aziende in tutto il mondo, considerato tra i massimi esperti a livello globale nell’ambito dell’Intelligenza Artificiale per abbracciare questo tipo di innovazione alle aziende italiane mancano tre cose: la cultura del dato, una certa diffidenza di fronte ad ogni innovazione ed infine una mancanza di competenze.

Il 67% dei responsabili delle assunzioni (hiring manager) prevede un aumento del divario di competenze nei prossimi cinque anni, sottolineando la necessità per le aziende di dare priorità allo sviluppo delle competenze se vogliono sfruttare le opportunità offerte dall’IA.

Una ricerca condotta da LinkedIn rivela che il 39% delle aziende è già impegnato nel supportare la propria forza lavoro ad acquisire competenze in materia di intelligenza artificiale.

“Per quanto riguarda l’Italia siamo molto indietro. Le aziende che introducono al proprio interno l’IA lo fanno in modo residuale o secondario, salvo quelle che aderiscono a campagne pubblicitarie che spesso però si rivelano fallimentari o di puro marketing che non portano nessun valore aggiunto all’azienda” spiega la giurista d’impresa Lorenza Morello, fondatrice di Morello Consulting.

Il caso di Iris Ceramica Group

In Italia però si trovano anche case study interessanti. Iris Ceramica Group, eccellenza internazionale dell’industria ceramica, si è rivolta ad Ammagamma, la start up che sviluppa e applica algoritmi di intelligenza artificiale nata con il nome di Energy Way a Modena nel 2013, per intraprendere una collaborazione di ampio respiro con l’obiettivo disviluppare soluzioni di IA all’avanguardia.

La partnership vedrà le due aziende, eccellenze del territorio emiliano-romagnolo, collaborare a dei progetti d’avanguardia, con un approccio fortemente orientato all’implementazione di soluzioni di IA innovative, a supporto della gestione dei processi aziendali di Iris Ceramica Group.

Manutenzione predittiva, ottimizzazione della produzione, previsione della domanda: l’IA è una leva su cui puntare per rendere la manifattura sempre più “responsive”. Si legge nella nota dell’azienda guidata da Federica Minozzi.

IA generativa: ancora ampi margini di miglioramento

L’intelligenza artificiale anche se è un settore in continua evoluzione e assai affascinante è uno strumento che – tralasciando gli aspetti etici – deve ancora migliorare.

Air Canada, la principale compagnia aerea canadese, è stata costretta a concedere un rimborso (parziale) ad un passeggero che era stato ingannato da un chatbot della compagnia aerea.

Così come i primi utenti di Word ed Excel dotati di Copilot, il chat bot basato su un modello linguistico di grandi dimensioni sviluppato da Microsoft, hanno trovato la novità goffa e assai macchinosa.

Prabhakar Raghavan, il vicepresidente di Google ha recentemente scritto che “l’allucinazione” è un problema comune a tutti i grandi modelli linguistici, ma che “questo è qualcosa su cui lavoriamo costantemente per migliorare”. La presidente di Anthropic Daniela Amodei ha affermato che è “molto difficile” portare a zero il tasso di allucinazioni in tali modelli.

Ben vengano quindi le sperimentazioni, ma – analizzati gli strumenti a disposizione – sono molti i manager restii ad utilizzare l’intelligenza artificiale generativa per le operazioni più delicate. Per Elvio Sonnino, CFO di BPER Banca, l’intelligenza artificiale è utile nell’analisi di grandi quantità di dati, ma è (ancora) l’essere umano a prendere le decisioni finali.

Conclusioni

La velocità di sviluppo dell’IA è impressionante (una cosa che non si vedeva dall’avvento della prima versione di Internet) e la sfida per gli sviluppatori sarà quella di offrire la risposta più rapida (e precisa) al prezzo più basso.I beneficiari di questa sfida tecnologica saranno le aziende grandi e piccole, che potrebbero vedere aumenti significativi nella produttività dei propri dipendenti e registrare risparmi in termini di costi. Un orizzonte, però, che appare ancora lontano e che non può farci affermare che l’IA sta incidendo, adesso, in maniera significativa su due fattori come la produttività e la riduzione dei costi nelle aziende.

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