Reddito di cittadinanza. Flat tax. Riforma delle pensioni. Eliminazione delle accise sulla benzina.
Tutte le misure su cui si è concentrato il dibattito politico-istituzionale degli ultimi mesi hanno un fattore comune: hanno bisogno di risorse per essere attuate e, come ha sottolineato il nuovo Presidente del Consiglio italiano, presuppongono una forte crescita economica del nostro Paese.
Ma se vogliamo parlare di crescita non possiamo che partire dal fattore che più di ogni altro ha trainato la crescita del nostro Paese negli ultimi due anni: le misure a sostegno della digitalizzazione del sistema produttivo del Paese note come Piano “Industria 4.0” del 2017 e il più recente “Impresa 4.0” del 2018.
I risultati tangibili della digitalizzazione delle imprese
Lo conferma il recente studio realizzato dall’American Chamber of Commerce (AmCham), in collaborazione con la Scuola S.Anna di Pisa, che analizza i primi risultati concreti per le aziende che hanno digitalizzato i propri impianti: riduzione dei costi di manutenzione fino al 40%, miglioramento della produttività del 5%, dimezzamento dei tempi di fermo-macchina, abbattimento dei costi di magazzino.
Anche i dati ISTAT contenuti nell’Edizione 2018 del “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi” confermano un impatto positivo dell’innovazione sia di prodotto sia di processo sulla produttività delle imprese manifatturiere italiane.
A fronte di questi risultati tangibili e oggettivi risulta quanto mai necessario che l’innovazione torni ad avere un ruolo centrale nell’agenda politica italiana.
L’associazione Copernicani – community formata da innovatori dei più svariati settori, interessi e professionalità – aveva addirittura proposto di dare un segnale forte in questa direzione con l’istituzione di un Ministro per il Digitale come già, in parte, avvenuto in Francia, Germania e Regno Unito.
Pur in assenza di questo risultato, si deve però immaginare un attore che si faccia interprete di questa esigenza e un agenda da cui ripartire.
L’attore non può che essere il Ministro dello Sviluppo Economico (che oggi è anche Ministro del Lavoro).
L’agenda può ripartire da una strategia condivisa da tutto l’arco parlamentare, riproponendo quella unità di intenti che caratterizzò la relazione conclusiva dell’indagine conoscitiva sugli strumenti per favorire la digitalizzazione delle filiere industriali nazionali, uno dei pochi atti che nella scorsa legislatura ha visto un voto unanime.
Un’unanimità che si era realizzata non per caso ma per la consapevolezza da parte dei legislatori, di tutte le forze politiche, che l’accompagnamento del nostro Paese nella quarta rivoluzione industriale fosse strategico per il nostro futuro e avesse la necessità di tempi medio-lunghi per offrire ritorni visibili e concreti.
I 5 pilastri della strategia per Industria 4.0
Un strategia pensata per sviluppare un modello di industria 4.0 in Italia e strutturata su 5 pilastri: governance e incentivi agli investimenti, infrastrutture abilitanti, digital skills, ricerca e open innovation.
- Il primo pilastro è stato pienamente realizzato con la costituzione della cabina di regia guidata dal MISE e le misure incentivanti quali l’iper e il super ammortamento. Misure però che non possono essere interrotte se si vuole che svolgano appieno il loro obiettivo, soprattutto per le piccole e medie imprese che hanno bisogno di tempi più lunghi per decidere investimenti così impattanti sulla propria organizzazione prima ancora che sui propri bilanci.
- Il secondo pilastro, le infrastrutture abilitanti, ha visto un’accelerazione forte per l’implementazione della banda ultra larga e il 5G ma è ancora lungi da aver raggiunto l’obiettivo di dotare il nostro Paese delle migliori autostrade digitali in grado di rendere competitive le condizioni dell’ecosistema digitale a servizio dell’impresa. In questo pilastro c’è poi il grande tema della PA digitale, affrontata con un innovativo approccio dal Team per la trasformazione digitale. Una struttura commissariale costituita per avviare la costruzione del “sistema operativo” del Paese, una serie di componenti fondamentali sui quali costruire servizi più semplici ed efficaci per i cittadini, la Pubblica amministrazione e le imprese, attraverso prodotti digitali innovativi. Davvero qualcuno può pensare di fermare quanto fatto finora, pensando a quanto ancora ci sia da fare per avere finalmente una PA che non sia di ostacolo ma diventi di aiuto all’impresa?
- Vogliamo parlare del tema delle “Competenze digitali”, terzo pilastro della strategia, iniziato ad affrontare con il Piano “Impresa 4.0” (Credito di imposta alla Formazione, misure per incentivare gli ITS, competenze Stem, etc…) e quello della Ricerca, quarto pilastro, su cui scontiamo ritardi che vanno ben oltre la fase storica in cui viviamo?
- Infine il tema essenziale dell’Open Innovation su cui molto si è discusso ma su cui non è ancora stato realizzato un vero Piano con misure finanziate per sostenere quello che può essere il vero ecosistema di innovazione per un Paese fatto di poche grandi aziende, moltissime piccole e micro realtà e un buon numero di medie aziende internazionalizzate che possono realmente rappresentare la chiave di svolta della via italiana alla Quarta rivoluzione industriale.
La trasformazione digitale al centro dell’Agenda politica
Di fronte a questo scenario spero sia chiaro quali opportunità e quali rischi abbiamo davanti nel non rimettere subito al centro il tema di come accompagnare il sistema produttivo del nostro Paese nella rivoluzione digitale.
Ci sono luoghi, temi e motivi di scontro che potranno soddisfare tutti gli amanti dello scontro partitico più acceso.
Ci sono temi che non possono che richiamare la responsabilità di governo di chi può fare la differenza, per i mezzi di cui dispone e ancor più per l’impatto culturale che rappresenta mettere al centro dell’agenda politica del Paese il più importante driver di trasformazione della società della nostra epoca: la trasformazione digitale.