l'analisi

Transizione 4.0, la politica sulla strada giusta: ora tocca alle imprese

La politica ha messo sul tavolo misure concrete, accogliendo le richieste delle imprese. Adesso tocca a tutti gli altri attori fare sistema intorno a questi nuovi indirizzi di politica industriale, favorendo gli investimenti e individuando progetti in grado di intercettare le risorse a disposizione a livello nazionale e Ue

Pubblicato il 24 Giu 2020

Gianpiero Ruggiero

Esperto in valutazione e processi di innovazione del CNR

digitaL transformation

Terminati gli Stati generali dell’economia, emergono con più chiarezza i primi segnali concreti della strategia del Governo, almeno per quanto riguarda la nuova politica industriale.

La svolta tanto invocata da Confindustria è arrivata.

I pilastri sono stati definiti, si va dalla modernizzazione del Paese e semplificazione delle regole, allo snellimento dei centri di coordinamento pubblici, alla transizione energetica e digitale. Tutti temi che stanno molto a cuore agli imprenditori, presenti ai tavoli di confronto e desiderosi di ricevere dalla politica non più slogan ma fatti concreti. La piena operatività del “voucher 3I”, la nascita del Polo di ricerca sull’automotive a Torino, la firma del decreto del Piano Industria 4.0 e del decreto sulla Trasformazione digitale, insieme alle altre misure in cantiere, compongono il quadro di sostegno in grado di invogliare gli investimenti industriali. Tocca adesso alle parti imprenditoriali, chiamate adesso ad avere più coraggio e fiducia nelle prospettive di ripresa, favorire gli investimenti e individuare quei progetti in grado di intercettare le risorse messe a disposizione a livello nazionale e comunitario.

Industria 4.0: il sentiment è positivo, nonostante l’incertezza

Secondo l’Osservatorio Industria 4.0 il mercato dell’Industria 4.0 in Italia nel 2019 ha raggiunto un valore di 3,9 miliardi di euro, in crescita del 22% rispetto all’anno precedente e quasi triplicato in 4 anni, in gran parte (2,3 miliardi di euro, il 60%) dedicato a progetti di connettività e acquisizione dati (Industrial IoT) e poi suddiviso tra Analytics (630 milioni), Cloud Manufacturing (325 milioni), Advanced Automation (190 milioni), Additive Manufacturing (85 milioni) e tecnologie di interfaccia uomo-macchina avanzate (55 milioni). A cui si aggiungono le attività di consulenza e formazione per progetti Industria 4.0: circa 255 milioni di euro, +17% rispetto al 2018.

Nei prossimi mesi gli investimenti si preannunciano ridotti: il 26,5% delle aziende posporrà almeno metà di quelli originariamente pianificati, circa un quarto si concentrerà su Industrial-IoT, Analytics e Advanced HMI. Nell’incertezza, le imprese auspicano incentivi per non fermare la “scalata digitale”, in particolare una riduzione delle imposte sui prossimi esercizi contabili (33%) e una diminuzione del costo del lavoro per operatori di fabbrica (per il 30%). Ma un terzo (31%) chiede anche di rilanciare il super e iper ammortamento per beni strumentali, di gran lunga più desiderato rispetto al credito d’imposta per ricerca e sviluppo (17%), agli incentivi per beni immateriali (18%) o a quelli per assunzione e formazione (8% e 11%).

Sebbene le previsioni per il 2020 prospettino uno scenario di grande incertezza, legato all’effettivo superamento dell’emergenza e alla ripartenza della domanda, con uno scenario ottimistico di chiusura dell’anno quasi in linea con il budget iniziale a uno pessimistico di contrazione del fatturato 4.0 nell’ordine del 5-10%, il dato positivo che emerge è che nel medio-lungo termine, in ogni caso, il sentiment verso l’industria 4.0 rimane positivo, rafforzato dalla considerazione che l’emergenza abbia accelerato la trasformazione digitale.

Questo sentiment va rafforzato, insieme al progetto di istituzione dei distretti di economia circolare, ispirati dai lavori di Walter Stahel, uno dei padri della performance economy e autore del libro “Economia circolare per tutti” (Edizioni Ambienti), lanciati dal premier Conte al termine degli Stati generali. Il futuro della politica industriale del nostro Paese, quindi, sembra essere stato tracciato.

“In questa nuova fase – ha dichiarato Marco Taisch, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Industria 4.0 -, all’industria italiana spetta il compito di essere il motore della ripartenza, in un contesto in cui la trasformazione digitale diventa ancora più rilevante non solo per garantire i processi operativi, ma anche per dare nuova efficacia alle decisioni, accelerare la riconversione dei prodotti, monitorare e gestire i rischi. Le imprese che avevano investito in precedenza ne hanno tratto grande beneficio, ma questa è una occasione per tutte per compiere un passo avanti nel digitale”. Va letto in questo senso il lancio del Piano Transizione 4.0.

Piano Transizione 4.0, cosa prevede il nuovo decreto

È stato registrato dalla Corte dei conti ed è in corso di pubblicazione in Gazzetta ufficiale il decreto attuativo del Piano Transizione 4.0, capace di mobilitare 7 miliardi di euro di risorse per le imprese che maggiormente punteranno sull’innovazione, gli investimenti green, in ricerca e sviluppo, in attività di design e innovazione estetica, sulla formazione. Toccherà aspettare prossima legge di bilancio per avere contezza dell’esatto ammontare delle risorse a disposizione, anche perché non è da escludere, al momento, che Industria 4.0 possa contare su risorse aggiuntive europee (Fondo di garanzia InvestEU[1] e il Solvency Support Instrument[2] per la ricapitalizzazione delle imprese).

Il MiSE ha anticipato il contenuto del decreto, consentendo alle imprese di condurre gli investimenti in corso e di programmare quelli successivi con maggiori certezze sul piano operativo e interpretativo (il decreto definisce le modalità attuative del nuovo credito d’imposta per il periodo successivo al 31 dicembre 2019). Si definiscono in particolare i criteri tecnici per la classificazione delle attività di ricerca e sviluppo, di innovazione tecnologica e di design e innovazione estetica ammissibili al credito d’imposta, nonché l’individuazione, nell’ambito delle attività di innovazione tecnologica, degli obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica rilevanti per la maggiorazione dell’aliquota del credito d’imposta. La maggiorazione del credito di imposta, che passa dal 6 al 10% (fino a un limite massimo di spesa di 1,5 milioni di euro), scatterà per “i lavori svolti nell’ambito di progetti relativi alla trasformazione dei processi aziendali attraverso l’integrazione e l’interconnessione dei fattori, interni ed esterni all’azienda, rilevanti per la creazione di valore”. Il decreto fornisce alcuni esempi per comprendere cosa significhino obiettivi di innovazione digitale 4.0 e di transizione ecologica, con la spiegazione dei casi in cui scatterebbe la maggiorazione del credito di imposta.

Piano Transizione 4.0 – Casi in cui scatta la maggiorazione del credito di imposta
Obiettivi di

innovazione digitale

Soluzioni che consentano l’integrazione dei diversi componenti, moduli e sistemi di un’architettura aziendale (dorsale di rete o backbone) in grado di garantire, tramite l’implementazione di un modello di dati comune e il supporto di diversi protocolli e interfacce,

l’interconnessione trasparente, sicura ed affidabile dei diversi dispositivi hardware (celle robotizzate e Controllori Logici Programmabili) e delle applicazioni software.

Soluzioni in grado di ottimizzare l’assegnazione dei lavori alle macchine, il sequenziamento delle attività, la gestione della forza lavoro, l’abbinamento e la predisposizione tempificata di utensili e attrezzature, allo scopo di migliorare l’utilizzo delle macchine, ridurre i lead time di produzione, minimizzare i costi, migliorare le prestazioni di consegna.
Soluzioni che consentano l’integrazione, attraverso l’applicazione di tecnologie digitali, tra il sistema informatico (IT) e le fasi del processo di produzione di beni o servizi (Operations).
Soluzioni che consentano la pianificazione e la simulazione dei processi produttivi, aiutando a definire le traiettorie di processo e i parametri ottimali di lavorazione
Soluzioni per la definizione e generazione sistematica di

indicatori chiave degli obiettivi aziendali, attraverso la produzione e raccolta automatica dei dati di processo

Soluzioni idonee a generare report di analisi relative al funzionamento delle risorse tecnologiche, materiali e personali coinvolte nei processi di produzione di beni o servizi (quali, ad esempio, analisi di tipo descrittivo, diagnostico, predittivo, prescrittivo)
Soluzioni che consentano di ottenere suggerimenti da parte

di sistemi/piattaforme e applicazioni IT sulle azioni correttive in base al funzionamento delle risorse coinvolte nel processo (invio di feedback/alert su un’eventuale deriva del funzionamento del processo)

Digitalizzazione di processi e prodotti nelle diverse aree e ambiti di creazione del valore (manutenzione predittiva macchine utensili, tracciabilità di processo/prodotto, logistica/magazzino/movimentazione, controllo qualità, tracciatura automatica delle specifiche di qualità di un

prodotto, di materie prime, ecc.)

Digitalizzazione delle interazioni tra i diversi operatori delle filiere produttive, la messa a punto di modelli di condivisione delle informazioni, la messa a punto di protocolli e metodi per il tracciamento dei prodotti all’interno della filiera allo scopo di migliorare la cooperazione e la resilienza delle filiere estese
Soluzioni che implichino possibilità di funzioni real time

remote di telediagnosi, teleassistenza, telemanutenzione, installazione a distanza, monitoraggio, con funzioni accessibili on demand (in qualsiasi momento) e da qualsiasi luogo interconnettibile nonché soluzioni atte a favorire lo svolgimento di prestazioni lavorative da remoto (smart working)

Riprogettazione delle funzioni, dell’architettura, dei moduli e della connettività dei beni strumentali in ottica di digitalizzazione per consentire l’introduzione di soluzioni pay per use di macchine e sistemi di produzione
Soluzioni specifiche di blockchain, cybersecurity, edge e cloud computing, a potenziamento e arricchimento e per garantire la sicurezza delle soluzioni descritte nei punti precedenti
Obiettivi di

transizione ecologica

Progettazione di prodotti sostenibili che durino più a lungo e siano concepiti per essere riutilizzati, riparati o aggiornati per il recupero delle proprie funzioni o sottoposti a procedimenti di riciclo ad elevata qualità lungo il loro ciclo di vita (c.d. ecodesign);
Catene del valore a ciclo chiuso nella produzione ed utilizzo di componenti e materiali, anche sfruttando opportunità di riuso e riciclo cross-settoriali
Modelli di sinergia tra sistemi industriali presenti all’interno di uno specifico ambito economico territoriale (c.d. simbiosi industriale), caratterizzati da rapporti di interdipendenza funzionale in relazione alle risorse materiali ed energetiche (ad es. sottoprodotti, rifiuti, energia termica di

scarto, ciclo integrato delle acque)

Soluzioni tecnologiche per il recupero atte ad ottenere materie prime seconde di alta qualità da prodotti post-uso, in conformità con le specifiche di impiego nella stessa applicazione o in differenti settori
Tecnologie e processi di disassemblaggio e/o remanufacturing intelligenti per rigenerare e aggiornare le funzioni da componenti post-uso, in modo da prolungare il ciclo di utilizzo del componente
Soluzioni e tecnologie per monitorare il ciclo di vita del prodotto e consentire la valutazione dello stato del prodotto post-uso al fine di facilitarne il collezionamento per il recupero di materiali e funzioni
Modelli di business “prodotto come servizio” (product-as-aservice) per favorire catene del valore circolari di beni di consumo e strumentali

Avevamo già avuto modo di commentare i primi dati emersi dall’applicazione del Piano Industria 4.0 di qualche anno fa e di come questo fosse considerato dalle imprese un fenomeno recente, purtroppo scarsamente implementato dalle stesse imprese. I dati del passato ci hanno detto che erano ancora poche le imprese che gravitavano nel mondo dell’innovazione 4.0. I dati più recenti messi a disposizione dal Politecnico di Milano confermano questa tendenza, secondo cui “la gestione dei progetti di innovazione 4.0 è ancora una lacuna per molte aziende italiane. Un quarto delle imprese porta avanti progetti sparsi, senza una roadmap, un programma strategico o un coordinamento; il 42% persegue diversi progetti in modo coordinato, ma senza una roadmap o un programma strategico complessivo; il 24% segue una roadmap generale. Solo una percentuale limitata (circa il 10%) ha invece un programma globale che guida in modo strutturato l’identificazione e la gestione dei diversi progetti”.

L’indagine compiuta dall’Osservatorio di Milano sulle aziende più “virtuose” rivela che, una visione strategica dell’innovazione 4.0 e un approccio sistemico alla gestione dei progetti, possono portare numerosi benefici per l’azienda che decide di implementare tecnologie 4.0, perché permettono di creare sinergie, evitare la duplicazione delle risorse messe in campo e di massimizzare le probabilità di successo nel raggiungere gli obiettivi. “Per un approccio sistemico ai progetti 4.0 serve inquadrarli in ampi programmi di digitalizzazione, con una visione strategica dei vantaggi e del ruolo delle persone nei processi operativi – sostiene Raffaella Cagliano, docente Ordinario di People Management e Organization al Politecnico di Milano – coinvolgendo più funzioni, dipartimenti e livelli gerarchici, insieme agli utenti per raccogliere proposte di miglioramento. Inoltre, serve un approccio basato su metodologie agile e di design thinking, con un’attenzione particolare al Change Management, dedicando se possibile figure specifiche a supporto del progetto e facendo leva su culture aziendali orientata al miglioramento continuo”.

Gli aiuti alle imprese per investire in innovazione (Voucher 3I al via)

Da lunedì 15 giugno 2020 – come previsto dal Decreto del MiSE del 14 maggio 2020 – è divenuta completamente operativa la misura agevolativa dei “Voucher 3I – Investire In Innovazione”, con l’apertura dello sportello introdotto con il decreto Crescita. Tale misura prevede a favore delle startup innovative[3] il finanziamento di servizi di consulenza in materia brevettuale. Inoltre, nella stessa data, il MiSE ha stanziato ulteriori 43 milioni di euro ai fini della valorizzazione della proprietà industriale italiana anche da parte delle piccole e medie imprese, anticipando le previsioni del decreto di programmazione del 2020 dei bandi Brevetti +; Disegni +, Marchi +. Entro un mese dovrebbe essere fissato un ulteriore termine ai fini della presentazione delle nuove domande di contributo.

Più nel dettaglio, tramite la domanda di “Voucher 3I”, da presentarsi prima dell’erogazione del servizio di consulenza, i richiedenti possono acquisire i servizi indicati di seguito:

  • effettuazione delle ricerche di anteriorità preventive e verifica della brevettabilità dell’invenzione;
  • stesura della domanda di brevetto e di deposito presso l’Ufficio italiano brevetti e marchi;
  • deposito all’estero di una domanda di brevetto che rivendica la priorità di una precedente domanda nazionale.

Al fine di poter accedere al Voucher, i servizi predetti dovranno essere forniti da avvocati e consulenti in materia di proprietà industriale iscritti in appositi elenchi predisposti dal Consiglio Nazionale Forense e dall’Ordine dei consulenti in proprietà industriale. La gestione delle domande – affidata ad Invitalia – avverrà in ordine cronologico fino ad esaurimento fondi. Nelle prime giornate di apertura dei termini per la presentazione delle domande, sono state già tramesse circa 900 richieste. Il percorso per ottenere l’incentivo è molto semplificato; si possono avere informazioni di dettaglio sull’incentivo (a chi si rivolge; cosa finanzia; come funziona) e conoscere i singoli passi da compiere per accedere all’incentivo.

Il decreto per favorire la “trasformazione tecnologica e digitale” delle PMI

Una ulteriore misura agevolativa per aiutare le imprese a ripensare le modalità di lavoro e di business è ai nastri di partenza. Ammontano a 100 milioni le risorse stanziate dal decreto direttoriale del MiSE che stabilisce i criteri, le condizioni e le modalità per la concessione ed erogazione delle agevolazioni a favore della trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese attraverso l’implementazione delle tecnologie abilitanti individuate nel Piano nazionale Impresa 4.0 e delle tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera. Di cosa si tratta? Nel decreto è specificato che la “Digital Transformation” riguarda tutte le tecnologie più avanzate quali advanced manufacturing solutions, additive manufacturing, realtà aumentata, simulation, integrazione orizzontale e verticale, industrial internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics, software, piattaforme e applicazioni digitali per la gestione e il coordinamento della logistica, e-commerce, sistemi di pagamento mobile e via internet, fintech, sistemi elettronici per lo scambio di dati geolocalizzazione, tecnologie per l’in-store customer experience, system integration applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things. Trasformare tecnologicamente e digitalmente i processi produttivi, mai come in questo frangente storico, può diventare il fattore decisivo per il rilancio della produttività delle singole imprese.

Il Decreto – in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale – disciplina l’intervento agevolativo che era stato istituito all’articolo 29, commi da 5 a 8, del decreto “Crescita”. È rivolto a quelle PMI che, in possesso di determinati requisiti, presentino, anche congiuntamente tra loro, purché in numero comunque non superiore a dieci imprese, progetti realizzati mediante il ricorso allo strumento del contratto di rete o ad altre forme contrattuali di collaborazione, compresi il consorzio e l’accordo di partenariato in cui figuri, come soggetto promotore capofila, un DIH-digital innovation hub o un EDI-ecosistema digitale per l’innovazione, di cui al Piano nazionale Impresa 4.0. Le PMI, ai fini dell’accesso alle agevolazioni, devono operare in via prevalente/primaria nel settore manifatturiero e/o in quello dei servizi diretti alle imprese manifatturiere, nonché nel settore turistico per le imprese impegnate nella digitalizzazione della fruizione dei beni culturali, anche in un’ottica di maggiore accessibilità e in favore di soggetti disabili. In particolare sono agevolati i progetti per un importo non inferiore a 50 mila euro e non superiore a 500 mila euro; devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda di accesso alle agevolazioni e prevedere una durata non superiore a 18 mesi dalla data del provvedimento di concessione delle agevolazioni. Per i progetti ammissibili a beneficio, le agevolazioni sono concesse sulla base di una percentuale nominale dei costi e delle spese ammissibili pari al 50%, articolata per il 10% sotto forma di contributo e per il 40% come finanziamento agevolato. Con successivo decreto direttoriale saranno indicati i termini per la presentazione delle domande.

Polo di ricerca nel settore automotive

Ammontano a 20 milioni di euro le risorse stanziate per la nascita di un polo specializzato di ricerca e sviluppo nel settore automotive da realizzare nell’area di crisi industriale complessa di Torino. Come stabilito dall’accordo firmato lo scorso anno da Politecnico di Torino, Università di Torino, Regione Piemonte, Città di Torino e Camera di commercio, il polo “Manufacturing Technology & Competence Center” nascerà negli spazi industriali di Torino Nuova Economia, l’area che ospitava gli stabilimenti della Mirafiori. Compito del Manufacturing Center sarà quello di collaborare con istituti di ricerca nazionali ed europei, diffondendo i risultati delle ricerche e offrendo attività di insegnamento e formazione per il trasferimento delle conoscenze. Con l’aiuto e il supporto del Polo, imprese private, centri di ricerca e dimostratori tecnologici collaboreranno in diverse attività, e saranno messe a disposizione “linee pilota sperimentali” attraverso le quali potranno essere mostrate le tecniche di produzione su nuove forme di mobilità, da quella elettrica alla guida autonoma, lavorando sull’applicazione dell’Intelligenza Artificiale al settore della mobilità.

Si dichiara soddisfatto il Presidente dell’Unione Industriale di Torino Dario Gallina. “Questa prima rata di 20 milioni costituisce un importante passo per l’avvio e la realizzazione di un polo internazionale specializzato nell’Automotive e un riconoscimento rilevante per il nostro territorio, di cui viene compreso il fondamentale ruolo di trasformazione tecnologica in un settore di storica vocazione della nostra città. Le risorse stanziate dal Governo, messe a sistema con quelle regionali, possono avere un effetto moltiplicatore per la nostra crescita, basato sulle nuove tecnologie e sulla formazione, che sono i due pilastri su cui costruire un percorso virtuoso coinvolgendo grandi e piccole imprese”.

Le altre misure: ricapitalizzazione, startup, economia circolare

Nel decreto “Rilancio”, il MiSE ha introdotto un pacchetto di misure che rappresenta uno dei pilastri del provvedimento con l’obiettivo di continuare, dopo il decreto “Cura Italia” e il decreto “Liquidità”, a supportare e rafforzare le attività produttive che hanno subito forti perdite di fatturato. Tra queste misure si segnalano quelle relative a incentivi per favorire la ricapitalizzazione di imprese, con fatturato compreso tra i 5 e i 50 milioni di euro, attraverso lo schema ‘Pari Passu[4]’ con fondi gestiti da Invitalia e Cdp; il rafforzamento dell’ecosistema delle start up innovative attraverso la liquidità garantita mediante il programma Smart&Start, partito di recente con la prima consultazione di mercato su “Smart mobility”, e risorse aggiuntive al Fondo per il Venture Capital; i finanziamenti del Fondo Innovazione dedicato al trasferimento tecnologico tra il mondo della ricerca e quello produttivo, nonché al Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali, finalizzato a contrastare la delocalizzazione di aziende e tutelare i lavoratori; 100 milioni di euro per il rifinanziamento del fondo dedicati all’acquisto di veicoli a ridotte emissioni. È stato istituito presso il MiSE il “First Playable Fund“, un fondo diretto al sostegno della produzione italiana di prodotti di intrattenimento digitale. Tramite questo fondo le imprese del settore dell’intrattenimento digitale potranno presentare i loro progetti di sviluppo a editori o investitori per ottenere finanziamenti necessari per la successiva produzione del prodotto finale e della sua distribuzione sul mercato internazionale. È stato infine firmato il decreto – in corso di registrazione presso la Corte dei Conti – che stabilisce i criteri, le condizioni e le procedure per la concessione e l’erogazione delle agevolazioni per investimenti in economia circolare. Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale verrà invece pubblicato il provvedimento di apertura dei termini per la presentazione delle domande[5]. In particolare, vengono supportati i progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale delle imprese, anche in partenariato tra loro o con organismi di ricerca, di importo non inferiore a 500mila euro e non superiore a 2 milioni di euro, nei diversi settori dell’economia circolare individuati dal bando. Con questa misura, il MiSE intende sostenere la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di soluzioni innovative e sostenibili, al fine di promuovere la riconversione delle attività produttive verso un modello di economia circolare in cui il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse abbia una maggiore durata e la produzione di rifiuti sia ridotta al minimo. Si tratta di dare vita a quei distretti di economica circolare evocati dal premier Conte a conclusione dei lavori degli Stati generali.

Conclusioni

Il sistema industriale del nostro Paese ha uno straordinario bisogno di innovazione e competenze. Il Governo sta mettendo in atto iniziative per assecondare queste esigenze e venire incontro alle richieste del mondo imprenditoriale. Il Piano Transizione 4.0+, con le maggiorazioni di credito di imposta concesse per la creazione di distretti di economia circolare e l’accompagnamento alla crescita digitale, insieme a tutte le altre misure in arrivo forniscono un quadro sistemico di interventi, il cui esito però non è scontato o semplice da realizzare. Il sistema Paese potrebbe avere enormi benefici dalla digitalizzazione delle piccole e medie imprese, soprattutto da quelle che si possono definire digitalmente “immature”, che rappresentano circa il 55% del totale, che hanno fatto qualcosa sui processi ma sono meno pronte culturalmente al cambio del modello di business. Secondo studi del Politecnico di Milano[6], che ha preso a riferimento le imprese tedesche, intervenendo sulla digitalizzazione delle PMI italiane che risultano più indietro, l’impatto sulla produttività delle imprese salirebbe del 15%, accompagnato da una crescita del Pil che va dal 3 al 7%. Ecco allora che andrebbe accolto l’appello a imparare a integrare[7], secondo modelli operativi e gestionali efficaci, le iniziative migliori a livello nazionale affinché gli ecosistemi digitali territoriali, in connessione con i Competence center, le Academy aziendali e i centri di trasferimento tecnologico, abbiano la possibilità di far partecipare all’innovazione le centinaia di migliaia di micro e piccole e medie imprese. La politica sembra aver colto le esigenze e messo sul tavolo misure concrete. Adesso tocca a tutti gli altri attori fare sistema intorno a questi nuovi indirizzi di politica industriale.

Ecco allora che andrebbe accolto l’appello a imparare a integrare[8], secondo modelli operativi e gestionali efficaci, le iniziative migliori a livello nazionale affinchè gli ecosistemi digitali territoriali, in connessione con i competence center, le Accademy aziendali e i centri di trasferimento tecnologico, abbiano la possibilità di far partecipare all’innovazione le centinaia di migliaia di micro e piccole e medie imprese. La politica sembra aver colto le esigenze e aver fatto la sua parte, avviando una stagione degli atti concreti. Adesso tocca a tutti gli altri attori fare sistema intorno a questo prodromo di nuova politica industriale.

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  1. La Commissione europea ha proposto di raddoppiare le risorse del fondo di garanzia InvestEU portandole da 34 a 75 miliardi di euro. Tale aumento non prevede però cambiamenti per il settore della ricerca e innovazione, al quale resterebbero dedicati 10 miliardi di euro come proposto dal Consiglio europeo a febbraio. Questa decisione deriva dalla necessità di soccorrere alcuni settori economici colpiti dalla crisi legata al Covid. Pertanto, la maggior parte dei fondi aggiuntivi andrà a favore di investimenti strategici europei per progetti che sostengano infrastrutture fondamentali, sviluppino tecnologie per la transizione a un’economia sostenibile e digitale e che aiutino la produzione e lo stoccaggio di scorte farmaceutiche.
  2. Il Solvency Support Instrument si inquadra nell’ambito del Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) e disporrà di una dotazione di 31 miliardi di euro. L’obiettivo finale è mobilitare risorse private – fino a 300 miliardi di euro in base alle previsioni della Commissione – tramite una garanzia dell’UE fornita al gruppo Banca europea per gli investimenti. Il Gruppo BEI utilizzerà questa garanzia per fornire finanziamenti in via diretta o investendo, finanziando o garantendo fondi in equity, special purpose vehicles, piattaforme di investimento o banche nazionali di promozione. Nelle intenzioni della Commissione è essenziale che tale strumento sia messo in atto il prima possibile nel 2020 e che possa essere utilizzato rapidamente a pieno regime nel corso del 2021. Il periodo di investimento dura fino alla fine del 2024 in termini di approvazioni e fino alla fine del 2026 in termini di firma delle operazioni. Tuttavia, il 60% delle operazioni di finanziamento e investimento deve essere già stato approvato entro la fine del 2022.
  3. La definizione di startup innovativa è contenuta nell’articolo 25, comma 2, del D.L. n. 179/2012 (convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 22)
  4. Con l’espressione “Pari passu” si intende la pratica che garantisce a tutti gli obbligazionisti condizioni omogenee. Vanno quindi tutti trattati nello stesso modo. Questo vuol dire che i possessori della stessa obbligazione hanno lo stesso grado di prelazione: non è possibile che alcuni vengano privilegiati in caso di insolvenza. Il principio va interpretato come parità di condizioni.
  5. Il decreto interviene con 150 milioni di euro per la concessione dei finanziamenti agevolati a valere sulle risorse del fondo FRI e con 60 milioni di euro per la concessione dei contributi alla spesa a valere sul Fondo sviluppo e coesione e sul Fondo per la crescita sostenibile. Sono previste due riserve, ognuna pari a circa la metà degli stanziamenti: una per i progetti delle imprese di piccole e medie dimensioni e delle reti di imprese nell’intero territorio nazionale ed una destinata esclusivamente ai progetti da realizzare nel Mezzogiorno.
  6. Cfr. Massimo Sideri, “Piccole imprese, chi è digitale cresce del 15%”, Corriere Economia del 22/06/2020.
  7. Cfr. Bentivogli M., Fuggetta A., “Formazione e competenze in rete per le PMI aperte all’innovazione”, Il Sole 24 Ore del 20/06/2020.

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