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Transizione 5.0, fondi e misure per le imprese: cosa ci riserva il futuro



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Il governo intende destinare all’asse strategico di Industria 5.0 fondi per 12 miliardi di euro per i prossimi due anni: ecco cosa prevede il pacchetto di misure Transizione 5.0

Pubblicato il 5 gen 2024

Nicola Testa

Presidente U.NA.P.P.A. Unione Nazionale Professionisti Pratiche Amministrative



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L’ottimistica retorica del cosiddetto “nuovo inizio” è sempre in agguato e, molto spesso, le previsioni azzardate sotto questo segno si rivelano nel corso del tempo inadeguate. Ma pensando a cosa ci aspetta nel 2024, rispetto alla transizione digitale e ai pacchetti di riforme che vanno sotto il nome di Transizione 5.0 (considerando che il Piano Transizione 4.0, in vigore fino al 2025, vede già appostati 6,5 miliardi di euro) un’affermazione dotata di certezza si può in ogni caso fare: poiché l’orizzonte temporale del PNRR è ormai giunto al giro di boa, l’anno che si apre sarà decisivo.

Il tempo corre rapidamente e nel 2026 componenti e missioni del Piano dovranno trovare la loro compiuta realizzazione. Non vi è più spazio per indugiare, come la stessa rimodulazione del Recovery Plan approvata da Bruxelles sta a testimoniare. Adesso è tempo di dare concretezza alla strategia che il governo italiano intende mettere in pratica per fare decollare definitivamente la transizione digitale, così come gli altri importanti progetti di investimento contemplati dal PNRR e siamo certi che tutta la macchina amministrativa lavorerà per non perdere questa opportunità.

Transizione digitale della PA

Per quel che concerne la digitalizzazione, distinguendo gli interventi previsti per la Pubblica amministrazione da quelli per le imprese, possiamo anzitutto osservare che qualche significativo passo in avanti nel 2024 dovrebbe potersi fare. Per la digitalizzazione dell’amministrazione statale, la Legge di bilancio 2024 prevede l’allocazione di 10 milioni di euro per la copertura delle spese inerenti le procedure di gara per il Polo Strategico Nazionale, che verranno assegnati a Difesa Servizi in quanto centrale di committenza. E questa sarà senza dubbio una cornice importante per ogni ulteriore e successiva iniziativa sul fronte della transizione digitale dell’intero sistema paese.

Industria 5.0: l’importanza di onorare gli impegni

Per le imprese, la situazione appare invece meno chiaramente delineata. L’ammontare delle risorse che il governo intende complessivamente destinare all’asse strategico di Industria 5.0, stando alle più recenti dichiarazioni del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso, è di circa 12 miliardi di euro per i prossimi due anni. Prendiamo le mosse da questa dichiarazione per due ragioni. In primo luogo, perché la consideriamo un impegno che, come tale, vogliamo credere ci si sforzerà di onorare: troppo importante è infatti la partita per l’Italia su questo terreno.

Anche se al momento si tratta più di un obiettivo che di un risultato. In secondo luogo, perché ci offre una prospettiva di valutazione chiara rispetto alle proporzioni esistenti nell’investimento a favore della crescita e della digitalizzazione del sistema produttivo italiano fra la spesa pubblica nazionale e i finanziamenti europei.

Siamo nell’anno delle elezioni europee e perciò nei prossimi mesi si discuterà molto di Unione Europea e speriamo che tutte le azioni non si concentrino più sulla promozione che sulla concretezza delle cose. Speriamo tra l’altro di non iniziare a rileggere dell’argomento, ormai superato, del paese “contributore netto” (dimenticandosi che con i suoi 195 miliardi il Recovery Plan italiano è il più consistente fra quelli dei diversi Stati membri). E può quindi risultare utile fare chiarezza sul ruolo che l’Europa, con tutti i suoi limiti, comunque riveste nello sviluppo del nostro paese.

Il supporto del REPower UE

Occorre fin da subito sottolineare come ai 12 miliardi di euro di cui parla il Ministro Urso concorreranno principalmente risorse derivanti dalla riformulazione in sede europea del REPower UE, direttamente legato al PNRR. E proprio questo è il motivo per cui si è anche tardato nel delineare con chiarezza quali fossero le risorse destinate dalla Legge di bilancio 2024 all’innovazione e alla transizione digitale per il sistema imprese. Nella bozza licenziata da Palazzo Chigi a novembre, infatti, non vi era nulla. Bruxelles non si era ancora espressa sulla rimodulazione del nostro Piano. E il governo era stato costretto a scontare questa incertezza alimentando le preoccupazioni del mondo imprenditoriale, giustamente allarmato per la disattenzione su questo tema nella Legge di bilancio.

Un peccato veniale, si dirà, ma com’è noto il mondo economico considera l’incertezza come un costo e forse sarebbe dovremmo evitare che sul piano istituzionale si operasse in maniera più trasparente, a carte scoperte, dichiarando che si era in attesa delle valutazioni europee. In fondo, quando si tratta del bene del nostro paese (della nostra nazione), anche aspettare l’Europa può essere una cosa utile.

Le risorse per Transizione 5.0

Ma come si arriva alla quota di 12 miliardi di euro in due anni prevista dal Ministro? Occorre anzitutto considerare i 3,4 miliardi già stanziati nell’ambito della Legge di bilancio 2022 per il Piano Transizione 4.0. Con ciò le risorse ancora da definire ammonterebbero a circa 4,3 miliardi l’anno. E nella manovra 2024 appena approvata in Parlamento, per parlare di risorse al momento certe, si trovano, in particolare, nei primi quattro comma dell’articolo 54 (anche se non mancano altri riferimenti minori) le seguenti misure:

  • ai comma 1 e 2, 400 milioni di euro per i contratti di sviluppo
  • al comma 4, 330 milioni di euro per il Fondo per la Crescita sostenibile
  • al comma 3, 100 milioni di euro per la Nuova Sabatini.

I primi due complessivamente previsti a valere sul 2024 e il 2025 e l’ultimo programmato soltanto per l’anno corrente.

Contratti di sviluppo

Nello specifico, per quel che concerne i contratti di sviluppo, la Legge licenziata dal Parlamento a seguito degli emendamenti approvati con il benestare del governo dalla V Commissione del Senato, autorizza una spesa complessiva di 190 milioni per il 2024, 310 milioni per il 2025 e ulteriori 100 milioni per gli anni dal 2026 al 2030.

Fondo per la Crescita sostenibile

Per quel che invece riguarda il Fondo per la Crescita sostenibile, vi è un incremento di spesa pari a 110 milioni per il 2024 e 220 milioni per il 2025. Un investimento di per sé molto significativo, poiché volto a promuovere progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, che nel contesto di una struttura industriale come quella italiana, caratterizzata dall’assenza di grandi multinazionali autoctone, può risultare essenziale nel favorire una transizione digitale diffusa.

Nuova Sabatini

Infine, nel campo, ormai consolidato da anni, della Nuova Sabatini, che già con la Legge di bilancio dello scorso anno vedeva un ulteriore stanziamento di 40 milioni fra il 2024 e il 2026, si aggiungono altri 100 milioni, al fine di facilitare l’accesso al credito per investimenti su beni strumentali e attrezzature, oltre che per software e nuove tecnologie digitali. Senza dimenticare che, sempre collegati alla Nuova Sabatini, dovrebbero arrivare risorse aggiuntive, per l’ammontare di circa 50 milioni, con il decreto Anticipazioni collegato alla manovra finanziaria, che avrebbe dovuto essere approvato prima della fine dell’anno ma è stato rinviato a gennaio. E qui dovremmo auspicare che si semplifichi di molto il sistema di assegnazione dei bandi, facilitando alle imprese le richieste.

Non arrivando nemmeno a un miliardo, per la precisione circa 900 milioni, è evidente che i quasi 3 miliardi e mezzo l’anno ancora mancanti fra il 2024 e il 2025 dovranno derivare da fondi europei: in particolare, la rimodulazione del REPower EU passata al vaglio di Bruxelles dovrebbe prevedere circa 4 miliardi per gli investimenti del Piano Transizione 5.0, anche se si tratta dei fondi più in generale destinati alla transizione ecologica, nell’ambito della quale dovrebbero comunque essere previsti anche investimenti più specifici in termini di supporto alle imprese per l’innovazione digitale.

Credito di imposta per l’energia prodotta da fonti rinnovabili, sostenibilità e Sabatini Green

Ci sono poi le risorse, sempre europee, per il credito di imposta per l’energia prodotta da fonti rinnovabili, che a loro volta si inquadrano nell’ambito degli incentivi per la transizione 5.0, per un ammontare di 1,5 miliardi. E ancora i 320 milioni stanziati per la cosiddetta Sabatini Green e i 400 milioni per gli investimenti in sostenibilità nei settori dell’agroalimentare.

Obiettivo dare continuità alle iniziative

Con ciò, l’obiettivo dichiarato dal governo di 12 miliardi di euro in due può risultare realizzabile. Fondamentale è che si rispettino gli impegni presi in sede europea, a cominciare da quanto previsto dalla rimodulazione del REPower EU, e che si realizzi la massima continuità e coerenza fra le misure ormai consolidate, come il finanziamento della Nuova Sabatini, il Fondo per la Crescita sostenibile e i contratti di sviluppo, e nuove forme di intervento, finalizzate a dare ulteriore concretezza agli obiettivi della transizione digitale per gli anni a venire, a cominciare da quelli destinati alla transizione ecologica. Ed è proprio su questo terreno che avanzare previsioni risulta più complicato.

Perché serve una visione strategica

Dare continuità agli investimenti per la crescita del nostro sistema impresa implica il pieno riconoscimento del ruolo che, per proporzione di mezzi, rivestono i fondi europei. E ciò riguarda essenzialmente la condivisione di una visione strategica sull’Europa di domani e sulle scelte che essa intende fare per realizzare le condizioni più favorevoli al proprio sviluppo. In questo orizzonte, la transizione digitale non può che procedere di pari passo con la transizione ecologica, al fine di favorire un modello di sviluppo sostenibile in grado di collocare l’Europa su una posizione di frontiera nella competizione globale che, fra Stati Uniti, Cina (e India) si farà sempre più agguerrita.

In questa competizione, l’Italia può svolgere la sua funzione, sempre che consapevole delle proprie caratteristiche strutturali (un sistema economico di piccola-media impresa, da potenziare sotto il profilo dell’elevato contenuto tecnologico, un sistema professionale già oggi contraddistinto da competenze altamente qualificate[1], sappia collocarsi a sua volta nel contesto europeo, sfruttando le opportunità che questo può mettere a disposizione. Tra l’altro le professioni sono un acceleratore dello sviluppo e anche a questo segmento devono essere date le possibilità di inserirsi, ad esempio, nei piani di sviluppo supportati da fondi, in particolare per la formazione. Le professioni sono “competenza” allo stato puro e sono nelle aziende a dare supporto, per questo devono essere considerate esse stesse imprese a cui dare gli stessi spazi di ogni soggetto economico.

In ogni caso il mix di risorse fra spesa pubblica nazionale e finanziamenti europei che contraddistingue il versante strategico della transizione digitale per un’Industria 5.0 ne costituisce un importante esempio. Ciò che conta è esserne consapevoli.

Note


[1] Il settore di Unappa afferisce alla ex Legge 4/2013 e a tutela del mercato rilascia Attestazione di Competenza

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