Nell’ultimo anno abbiamo assistito alla diminuzione dell’interesse, da parte dei mezzi di comunicazione mainstream, verso i mondi virtuali, argomento che era stato identificato con il fantasioso “Metaverso”, illustrato da Mark Zuckerberg al momento della presentazione della sua nuova strategia, con notevoli investimenti, e cambiando la denominazione della sua creatura in “Meta”.
Indice degli argomenti
Dal boom all’attuale stato del metaverso: evoluzione dei mondi virtuali
Annunci che avevano creato aspettative di una crescita impetuosa, di fantastiche evoluzioni del business in un futuro molto prossimo, in cui ci saremmo tutti trasferiti nel “Metaverso”, lavorandoci e passando così gran parte del nostro tempo online. Si è parlato del futuro della “Nuova Internet”, in cui la rete sarebbe migrata verso il cosiddetto “Web 3.0”, con Metaversi, Cryptovalute, Avatar fluttuanti nello spazio, e mondi fantastici pronti ad aspettarci.
Molte aziende ed organizzazioni si erano quindi precipitate sull’innovazione, e non si parlava d’altro, su tutti i mezzi di comunicazione. Fino a un paio d’anni fa. Poi l’interesse è andato molto rapidamente scemando, attirato dal nuovo astro nascente dell’Intelligenza Artificiale, ed oggi, giustamente visto il tema, non si parla d’altro.
L’ingresso delle aziende in pompa magna nel “Metaverso” ha lasciato oggi sporadiche tracce di presenza. Perché di questo si è trattato, e poco più, di una semplice testimonianza, per dimostrare che c’erano anche loro nel nuovo eden in fase nascente. Tuttavia, molti progetti sono stati avviati, nei vari settori di mercato e nei servizi, nella moda, nella formazione, nella comunicazione, ma l’esplosione delle realizzazioni, in ambito business, non si è ancora verificata. Vogliamo qui esaminare lo stato dell’arte di queste applicazioni, e i motivi di questa perdita di interesse da parte del grande pubblico, e anche di gran parte delle aziende.
Aspettative irrealistiche e speculazione: i freni allo sviluppo dei mondi virtuali
Il primo motivo da considerare è quello delle attese esagerate seguite all’annuncio di Mark Zuckerberg, molto efficace e scenografico, ma che aveva dato l’impressione che il “Metaverso” fosse dietro l’angolo, nella forma e nelle modalità di utilizzo descritte nel romanzo di Neil Stephenson, “Snow Crash”. Un “Metaverso” unico, interoperabile, in cui tutti avremmo avuto la possibilità di fare cose fantastiche, spostandoci da una parte all’altra, in un nuovo universo onnicomprensivo.
Del resto, la stessa Meta (così neobattezzata, proprio in riferimento alla terra promessa), stava investendo miliardi di dollari, creando un suo nuovo mondo virtuale, Meta Horizon, per le imprese e le famiglie. Quindi lo storytelling era stato molto convincente, e molti infatti si erano precipitati sulla novità per la paura di restarne tagliati fuori.
Il secondo motivo di mancata espansione è stato, a mio parere, che la novità tecnologica aveva attratto una moltitudine di venditori di fumo e di crypto-speculatori, sull’onda della Blockchain e delle Cryptovalute, alla ricerca di una nuova verginità che sembrava promettente nel “Metaverso”, dopo le delusioni per il crollo delle valutazioni e per il fallimento di uno dei più grandi Exchange di Cryptovalute, FTX, con sede alle Bahamas. Si era infatti assistito ad una corsa alla creazione di NFT, relativi agli asset digitali, con folli valutazioni di milioni di dollari, persino per quelli relativi alle terre (land) su cui costruire le proprie sedi nel “Metaverso”. Una bolla speculativa di grandi dimensioni che, una volta scoppiata, ha lasciato uno strascico di diffidenza, e molti dubbi nei confronti del cosiddetto “Metaverso”.
Naturalmente, il “Metaverso” descritto da Stephenson, e da Meta in quella fase, non esiste, e molto probabilmente mai esisterà nei termini in cui è stato propagandato, lo abbiamo più volte spiegato chiarendone i motivi, ma intanto il danno di immagine era stato fatto, con una perdita di credibilità verso potenziali utenti e investitori.
Se poi si aggiungono i rapidi disinvestimenti, e persino i licenziamenti successivi della stessa Meta, nel settore dell’azienda che aveva creato per dare seguito all’annuncio, si capisce chiaramente il motivo per cui si parla da alcuni mesi della morte del “Metaverso”, di qualcosa, cioè, mai esistita e che mai esisterà in quei termini.
Questo per descrivere il contesto che abbiamo vissuto negli ultimi tempi, quello della nascita dell’Hype, e del successivo crollo dell’attenzione da parte del grande pubblico.
La realtà è un’altra, ed è nella evoluzione continua dei Mondi Virtuali, con le loro grandi potenzialità e le tantissime applicazioni e progetti, che pure sono stati realizzati, e che vedono molte aziende e organizzazioni proseguire con gli investimenti e le sperimentazioni, lontano dai riflettori, ma con un costante percorso di evoluzione e di crescita.
Piattaforme virtuali esistenti: gaming, formazione e l’assenza del business
Sappiamo che oggi esistono sul mercato diverse piattaforme, le abbiamo esaminate in altri articoli, alcune basate anche su architetture decentralizzate, come The Sandbox e Decentraland, piattaforme che usano o meno la Blockchain come tecnologia, con l’utilizzo di Wallets di Cryptovalute. La maggior parte delle piattaforme attuali però si basa su architetture centralizzate, gestite dalle rispettive aziende, con una gestione della sicurezza efficace, con modelli propri di realizzazioni e di sviluppo, con le rispettive valute interne, e con tool proprietari per la creazione di ambienti virtuali e di asset. Diverse sono anche le piattaforme “private” sviluppate da aziende per gruppi specifici di utenti o per singole organizzazioni.
L’impiego maggiore di piattaforme virtuali è stato fatto, principalmente, per due scopi: lo svago, con il Gaming e i Role Play, e la Formazione, con il primo scopo largamente prevalente su molte piattaforme, come Fortnite, Minecraft e Roblox, che vedono la presenza di centinaia di milioni di utenti di ogni età. Il settore della Formazione, d’altro canto, vede l’impegno di molti insegnanti innovativi, che sperimentano applicazioni virtuali per l’erogazione di corsi, e per sviluppare la capacità creative degli studenti nella costruzione di oggetti e di forme artistiche. Spesso sono dei pionieri, non abbastanza supportati da enti governativi e di ricerca.
Ambienti virtuali: grande business e aziende non pervenute
Il grande assente, attualmente, è quindi il mondo del grande business e delle aziende, che era stato tuttavia presente durante il periodo dell’Hype, con la discesa in campo di corporation, marchi di moda famosi, aziende dell’ automotive importanti, istituzioni pubbliche, e così via. Si sono lasciate alle spalle una presenza sporadica, e ambienti poco frequentati, dove il processo della Digital Transformation Virtuale è tornato gradualmente sui propri passi, con disinvestimenti e disimpegno progressivi. L’esigenza di avere delle piattaforme di lavoro da remoto, ampiamente sperimentata per necessità durante la pandemia e i vari lockdown, è tuttavia diventato un punto fermo verso l’efficientamento e la gestione dello “Smart Working”, con notevoli risparmi nella logistica, e nelle spese di trasferimento delle persone. Un fenomeno che ha persino portato allo spopolamento di diverse zone uffici delle grandi città, e ad un decongestionamento del traffico.
Piattaforme di collaboration e ambienti virtuali: non sono la stessa cosa
Messa per un attimo da parte la disillusione sulle false aspettative, ed il danno di immagine seguito allo sgonfiarsi della “bolla” dell’Hype, dobbiamo chiederci se le potenzialità degli ambienti virtuali per il business siano state effettivamente comprese dalle varie organizzazioni. Perché, ancora oggi, vediamo un largo uso di piattaforme di collaboration classiche, del tipo Zoom, Teams, Meet e altre, mentre quasi nessuno utilizza più stabilmente degli uffici virtuali.
La differenza tra le due modalità, per lavorare e svolgere le più diverse attività, è nell’immersività dell’esperienza, nella possibilità di avere a disposizione dei veri e propri “uffici” virtuali, in cui riunire diverse persone, e in cui è possibile dialogare, in presenza e tramite il proprio Avatar, svolgendo il proprio lavoro, lavorando a progetti comuni, sentendosi parte di un gruppo. Le modalità di interazione sono del tutto diverse rispetto ad un collegamento classico che utilizza una piattaforma di collaboration tradizionale. L’ambiente virtuale può contenere anche schermi, lavagne interattive, strumenti di produttività comune, ecc. Si tratta in sostanza di uffici veri e propri, per quanto virtuali, in cui la presenza è effettiva, e non legata ad un collegamento video, come in teleconferenza.
Esaminiamo le diverse difficoltà che si sono incontrate nello sviluppo di questi progetti, e vediamo come sia possibile superarle.
Interfacce per mondi virtuali: oltre i visori VR per applicazioni business
C’è innanzitutto una perplessità nell’uso estensivo dell’interfaccia VR per l’ambiente virtuale. È stata largamente diffusa l’idea che l’unica interfaccia possibile, per utilizzare un Mondo Virtuale, fosse il Visore di VR, del tipo “Meta Quest” prodotto da Meta. Il tutto rientrava nell’operazione di marketing “Metaverso”, ma anche nell’effettivo fascino della completa immersività nell’ambiente, che rappresentava una vera novità per molti. Ma se una completa immersività può essere coinvolgente al massimo livello, e rendere molto realistica l’esperienza di utilizzo dei giochi e dell’esplorazione di ambienti fantastici, non è affatto così per le applicazioni lavorative di business, in cui le attività vanno avanti per ore, e la necessità di utilizzare gli strumenti di lavoro, in maniera efficace e produttiva, non può essere legata solo a dei joystick o al gesto di presa tra pollice e indice, come per il Vision-Pro della Apple.
Inoltre, molte persone soffrono di un certo “Motion Sickness” nell’uso prolungato dei Visori VR, un certo disagio e nausea che alcuni non superano, e non trovano affatto agevole indossare un tale ingombrante attrezzo per lavorare per diverse ore di seguito.
Meta e altri produttori stanno infatti prontamente lavorando a degli occhiali leggeri e comodi da utilizzare, che allevieranno di molto il disagio dell’uso (sono già in vendita i Meta AI Glasses, sviluppati con la collaborazione della Ray-Ban), ma resta il problema dell’uso produttivo, a scopo lavorativo, di questi ambienti, e degli strumenti di lavoro necessari per i diversi task.
Utilizzare un ambiente virtuale sfruttando i classici strumenti di interfaccia, come schermo, tastiera e mouse, è non solo possibile, ma è la modalità classica usata dai Mondi Virtuali con la maggiore esperienza alle spalle. È anche il modo più comodo, che non prevede una completa immersività, spesso non indispensabile per il lavoro, e che consente di rimanere saldamente nel proprio ambiente, di lavoro, domestico o di studio, senza estraniarsi del tutto dalla realtà circostante, e senza affrontare possibili disagi.

L’effetto di immersività è ottenuto dal software di renderizzazione degli ambienti, con il Client della piattaforma, sul proprio computer, mantenendo gran parte dei vantaggi della VR ma evitando i visori e il disagio della motion sickness, anche per le lunghe ore di lavoro necessarie per varie attività.
Costi reali degli ambienti virtuali: sfatare il mito degli investimenti ingenti
Una seconda difficoltà nello sviluppo dei progetti nei Mondi Virtuali è data dalla convinzione, nata e propagandata sempre nel periodo degli eccessi dell’Hype, che per comprare un pezzo di territorio in un Mondo Virtuale, su cui installare le proprie sedi e svolgere il proprio lavoro, servano ingenti investimenti.
Questa idea, del tutto errata, è purtroppo frutto della speculazione che c’è stata in quel periodo, con la creazione e la commercializzazione di NFT relativi alle “terre virtuali”. Fu una vera e propria “corsa all’oro”, all’acquisto di pezzi di “land” situati in posizioni strategiche in vicinanza di sedi prestigiose, o di spazi acquistati da personaggi famosi. Rimangono nella storia di quel periodo le folli quotazioni raggiunte per gli asset digitali sui diversi Marketplace, che, francamente, sarebbero state degne di miglior causa. Una speculazione con cui parecchi si arricchirono, ed per cui molte organizzazioni sperperarono inutilmente dei capitali, salvo poi ritrovarsi con una sede simbolica, costruita su un territorio virtuale che nessuno frequentava, e di scarso valore aggiunto. Chi non ricorda la land acquistata da un famoso calciatore della nazionale, per una cifra record mai resa pubblica, ma il cui prezzo di riferimento, fissato dal Marketplace Exclusible, era di 25 Ether, pari a circa 65.000 € ? E quell’isola faceva parte di un lotto di 25 isole di un comprensorio, tutte acquistate tramite NFT, sulla piattaforma virtuale “The Sandbox”.
I danni della speculazione alla reputazione dei Mondi Virtuali
Le folli attività di speculazione, sbandierate da quotidiani e da molti servizi giornalistici approssimativi, hanno così creato un danno enorme alla reputazione dei Mondi Virtuali, associandone l’esperienza a quelle di speculatori senza scrupoli. Occorre superare del tutto queste diffidenze, anche perché oggi ci sono delle piattaforme virtuali, come Spatial ad esempio, che offrono delle strutture standard in maniera del tutto gratuita, e tutti possono approfittarne per iniziare a sperimentare i propri progetti.
I prezzi di Second Life e The Sandbox
Naturalmente, per costruire un ambiente personalizzato e rispondente a ogni esigenza di lavoro, occorre spendere qualcosa, ma i costi sono davvero molto contenuti. Per affittare, ad esempio, un’intera land di 65.536 metri quadrati, su Second Life, si spendono cifre del tipo 350$ iniziali e poi circa 210$/mese, ma possono anche essere prese in affitto parti di land a costi davvero minimi. Su The Sandbox, attualmente, il prezzo base di una Land è di 280 $/mese. Poi, come in tutti i mercati liberi, i prezzi dipendono dalle quotazioni in quel momento, e dai venditori, ma si tratta di cifre di questo genere, alla portata di ogni organizzazione. Insomma, per avere la piena disponibilità di una Land, il prezzo da investire è del tutto irrisorio per un’azienda, e anche per molti privati.
Una volta superato il problema del terreno su cui costruire, e nel caso non si tratti di un ambiente standard gratuito, occorre sviluppare le strutture, gli ambienti, l’arredamento degli uffici ecc. La costruzione degli edifici può essere fatta imparando velocemente a costruire, utilizzando dei semplici Tool interni alle piattaforme, e anche importando oggetti costruiti esternamente, con i software di modellazione 3D. Ma ci sono molti professionisti ed aziende, con ampia esperienza nel settore, che possono essere coinvolti per questi compiti.
A chi devono rivolgersi le aziende che vogliono investire nei mondi virtuali
Nel mio precedente articolo ho parlato diffusamente dei diversi “mestieri” e delle attività professionali sviluppatesi nei Mondi Virtuali. Il problema della costruzione delle strutture virtuali, quindi, non richiede particolari investimenti, e le cifre da spendere per le collaborazioni esterne sono del tipo delle classiche attività di consulenza del settore ICT. Sempre in dipendenza dal tipo di progetto, naturalmente.
Se si decide di far ricorso alla collaborazione di consulenti esterni all’azienda, occorre procedere alla loro scelta in maniera molto attenta, poiché nel periodo del boom del “Metaverso” c’è stato un proliferare di offerte di ogni genere, con poca o nessuna esperienza nel settore. Come sempre, i criteri devono essere l’esperienza, le referenze, e la “reputazione” professionale, non quella rappresentata dal numero di followers su Instagram o tiktok.
È consigliabile poi non affidarsi mai completamente alle consulenze esterne, ma individuare sempre un responsabile aziendale, che segua il progetto e acquisisca gradualmente delle competenze professionali nel settore, diventando così il punto di riferimento in azienda.

Blockchain e cryptovalute nei mondi virtuali: separare i concetti
E veniamo alla terza perplessità, creatasi nell’utilizzo estensivo dei Mondi Virtuali: quello dell’utilizzo di Cryptovalute. Su questo tema, come già detto, bisogna chiarire che si tratta di una tecnologia diversa, che poco ha a che fare con i Mondi Virtuali. Certo, è possibile utilizzare le Cryptovalute come forma di pagamento, per le transazioni nei Mondi Virtuali e per le attività economiche interne, alla stregua di tante altre forme di pagamento, come PayPal, le carte prepagate, o le carte di credito personali, si tratta di moneta elettronica, ma non è affatto indispensabile usarle, se ne può fare tranquillamente a meno, usando altri metodi di pagamento. C’è anche chi non crede affatto in questo tipo di valuta, in maniera legittima e con proprie idee al riguardo, ma sono questioni che con i Mondi Virtuali hanno poco a che fare.
L’equivoco di fondo è nato identificando l’innovazione tecnologica della Blockchain con le Cryptovalute, la sua prima applicazione. Un equivoco giustificato, ma che va superato separando i due concetti. La blockchain nacque nel 2009, ad opera di un innovatore anonimo e mai identificato, Satoshi Nakamoto, che la creò per introdurre la prima Cryptovaluta, i Bitcoin. Successivamente, la tecnologia della Blockchain è stata sempre associata a questa Cryptovaluta, e poi anche a quelle successive, nate nel tempo. La svolta si ebbe nel 2013, ad opera di Vitalik Buterin, che introdusse una nuova Blockchain, Ethereum, con la sua Cryptovaluta Ether. Ethereum presentava diverse innovazioni rispetto alla blockchain dei Bitcoin, prima tra tutte quella che consentiva la creazione di Applicazioni Decentralizzate, grazie alla disponibilità di una macchina virtuale (EVM – Ethereum Virtual Machine) sui vari nodi di mining, con la possibilità di elaborare degli script, anche complessi.

Ethereum diede la possibilità di creare gli “Smart Contract”, realizzati con degli script sulla EVM, che potevano eseguire delle transazioni al verificarsi di determinate condizioni, come le compravendite e le certificazioni di proprietà. Questa innovazione ha consentito la creazione dei “Token non Fungibili” (NFT), token digitali unici e non alterabili, ed è qui che la strada della Blockchain si incrocia con quella dei Mondi Virtuali, poiché gli NFT sono la tecnologia ideale per proteggere la proprietà intellettuale e la “tokenizzazione” di creazioni artistiche e di asset digitali, sviluppati all’interno delle piattaforme virtuali.
Non è questa la sede per approfondire oltre il tema Blockchain (è possibile trovare una trattazione dettagliata nel mio libro “La cybersecurity nel “Metaverso”), ma c’è da dire che questa tecnologia, indipendentemente dall’utilizzo delle Cryptovalute, è una innovazione molto importante, utilizzabile per tante applicazioni. Non a caso ci sono studi e progetti in tutto il mondo per estenderne l’applicazione nei più diversi settori, a partire da quello finanziario. Le stesse Cryptovalute, andando oltre le speculazioni passate, sono oggi in ampia ripresa di fiducia, specie dopo l’elezione in USA del nuovo presidente.
L’utilizzo dei Mondi Virtuali da parte di artisti e produttori digitali ha a disposizione, con la Blockchain, uno strumento importante, anche se non indispensabile, per proteggere e commercializzare le proprie creazioni, gestendo sulla Blockchain i vari passaggi di proprietà.
È però anche possibile sviluppare progetti nei Mondi Virtuali senza porsi il problema dell’utilizzo delle Cryptovalute o degli NFT, utilizzando i tradizionali e affidabili sistemi di pagamento, e quelli per la registrazione dei marchi, per la protezione della proprietà intellettuale degli asset digitali. Problematiche, queste ultime, ben note agli artisti e alle case produttrici di musica, libri, software e altre opere d’ingegno digitali. Su questa frontiera l’evoluzione della legislazione è impegnata da tempo, in un costante lavoro di evoluzione.
Realtà virtuale vs realtà aumentata: tecnologie diverse con potenzialità distinte
Un elemento di confusione ulteriore, creatosi nel settore, è dovuto al fatto che sotto il cappello di “Metaverso” si è cercato di mettere di tutto, nel barcamenarsi tra la disaffezione del grande pubblico e la volontà di mantenere l’Hype, e con il tentativo di identificare con il termine “Metaverso” la più ampia concezione di Web 3.0. In questo modo anche la Realtà Aumentata è stata fatta rientrare in questo calderone indistinto. La Realtà Aumentata rappresenta invece una diversa modalità di fruizione degli spazi virtuali.
Si tratta di una tecnologia diversa dalla Realtà Virtuale, ma anch’essa molto significativa, e con enormi potenzialità e previsioni di sviluppo. Consiste, semplificando, nell’aggiungere informazioni ed immagini virtuali alla realtà circostante, utilizzando la fotocamera degli smartphone o anche degli appositi “Occhiali Intelligenti”, che proiettano informazioni aggiuntive, associate alle immagini reali, direttamente verso i nostri occhi o sullo schermo dello smartphone.
Ricorderete la grande popolarità del gioco Pokemon-Go nel 2016, una delle prime applicazioni di Realtà Aumentata, o anche alcune applicazioni di marchi di arredamento (Ikea, ad esempio), che consentono di collocare immagini virtuali dei loro prodotti nel nostro ambiente domestico tramite le fotocamere degli smartphone, per osservarne la collocazione e valutarne l’acquisto.

Le grandi potenzialità, ancora non del tutto espresse, della Realtà Aumentata sono state pienamente colte da Apple con lo sviluppo del suo Vision-Pro, e con la presentazione di un nuovo paradigma di lavoro, che Tim Cook ha definito “Spatial Computing”. Per inciso, nell’evento di presentazione del Vision-Pro, non è mai stata usata la parola “Metaverso”, termine che invece continua ad essere utilizzato da Meta. Occorre decidere, a seconda delle necessità e del tipo di utilizzo, se usare o meno una interfaccia di questo tipo, che presenta, per le attività di lavoro le stesse problematiche d’uso della Realtà Virtuale. Si aggiunge poi, in questo caso, il problema del costo notevole del visore (3.499 $), che ne limita in partenza l’utilizzo ad una fetta di utenti professionale e di Apple developers.
La Realtà Aumentata vedrà sicuramente moltissime applicazioni nella vita di tutti i giorni, e non unicamente per attività lavorative: come le visite ai musei, il turismo, la formazione, gli acquisti nei supermercati, e via dicendo. Sarà una tecnologia che avrà un utilizzo ancora più esteso rispetto alla Realtà Virtuale, ma occorrerà sviluppare prodotti di interfaccia molto più economici dell’attuale Vision-Pro, per renderla alla portata di tutti.
Project management per progetti virtuali: valutazione preliminare e concretezza
Sviluppare un progetto, di qualsiasi genere, richiede professionalità da parte di chi lo gestisce e fiducia da parte degli Stakeholders. I progetti vanno attentamente definiti nei loro obiettivi e accuratamente pianificati, stimandone budget, rischi, e tempi di realizzazione. Ci sono professionisti affidabili in ogni azienda, che fanno di mestiere questo tipo di lavoro, ed è una categoria professionale molto apprezzata, in tutti i settori. Abbiamo parlato diffusamente degli ambienti di lavoro, e della collaborazione efficace tra gli appartenenti ai gruppi, in precedenti articoli, e abbiamo visto quanto sia vasto il campo di applicazione per questi progetti, non ci ritorneremo in questa sede.
In via preliminare, per ogni progetto di questo tipo, occorre valutare la convenienza ed i ritorni, per lo sviluppo in ambiente virtuale, poiché non per tutti i progetti può essere utile usare un ambiente di questo genere. Occorre, cioè, valutare se l’ambiente virtuale possa dare un effettivo valore aggiunto, per facilitare il lavoro e nell’interazione con la clientela, migliorando i servizi e la comunicazione, e dando all’organizzazione un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza.

La valutazione preliminare è quindi indispensabile per il successo di qualunque progetto di questo tipo, per non dare false aspettative e per definire degli obiettivi concreti, fin dalla fase preliminare di pianificazione e di stima. Si passa poi a definire i Requisiti da soddisfare, i diversi task, le milestones e i deliverables da produrre, procedendo sempre in sinergia con gli stakeholders, in ogni fase. È fondamentale adottare un processo di sviluppo iterativo e collaborativo, che sviluppi e sperimenti l’ambiente virtuale in modo graduale, consolidando i risultati per ogni fase del progetto.
È importante definire le Risorse necessarie in termini di competenza, sia per la fase di sviluppo che per la successiva fase di gestione a regime negli ambienti virtuali. La parola d’ordine deve essere “concretezza”: occorre dare fiducia nei risultati, e validarli ad ogni step di avanzamento, assicurandone la rispondenza alle aspettative e alle necessità degli stakeholders. Dovrà essere anche definita una Strategia complessiva per l’utilizzo di questa tecnologia: per le modalità di comportamento, gli standard, le denominazioni da adottare, la costruzione degli Avatar, la rappresentazione grafica dei marchi, e così via. Sono dettagli, ma vanno tutti messi in conto, per assicurare il successo del progetto.
È anche opportuno per l’organizzazione dotarsi di un apposito “codice etico”, per il comportamento dei rappresentanti aziendali, o delle istituzioni, nei Mondi Virtuali, perché la frequentazione delle piattaforme è libera, e le interazioni che si potranno avere dovranno seguire dei codici di condotta appropriati, se si è chiamati a rappresentare l’organizzazione di appartenenza in questi ambienti.
Il risultato dei progetti sarà, in definitiva, non più una semplice presenza simbolica in un Mondo Virtuale, creata ai fini di marketing, ma un ambiente di lavoro e di interazione effettivo con i clienti, in grado di produrre valore per le organizzazioni, con risultati aggiuntivi rispetto agli ambienti e alle piattaforme tradizionali. Grande attenzione dovrà essere posta ai temi della privacy e della sicurezza, nei suoi molteplici aspetti in un Mondo Virtuale, in particolar modo se si prevede di utilizzare, gradualmente, Avatar-Bot di AI nel supporto agli utenti.
Metodologie agili e progetti pilota: l’approccio graduale ai mondi virtuali
Oltre a definire gli aspetti relativi alle scelte e all’organizzazione, occorre chiarire che va adottata una metodologia di sviluppo adeguata a questo tipo di progetti, che assicuri concretezza, gradualità di approccio, e anche trasparenza di risultati. Il modello iterativo, secondo l’approccio “Agile”, con run brevi di qualche giorno, consente di avere un consolidamento progressivo dei risultati, man mano che si procede nell’acquisizione di dimestichezza con gli strumenti ed una frequentazione più agevole degli ambienti. Così come nella personalizzazione degli spazi di lavoro e di erogazione dei servizi. L’approccio iterativo dovrà essere mantenuto anche nella fase successiva di utilizzo, raccogliendo feedback e suggerimenti, anche con questionari e Survey agli utenti appositamente progettati.
La strada più semplice, in generale, è partire da piccoli progetti che costituiscano delle realizzazioni pilota, e che servano a superare le iniziali difficoltà di utilizzo degli ambienti, ottenendo così un’alta probabilità di riuscita, e creando un effetto traino per l’estensione del progetto ad altri settori e processi aziendali. Questo approccio consentirà anche l’addestramento graduale delle risorse, che utilizzeranno l’ambiente virtuale, ai nuovi modi di interazione con la clientela e con i partner.
Contemporaneamente, può essere avviata una campagna di comunicazione esterna, per rendere noti i nuovi modelli di lavoro, e dare una visione pubblica degli approcci innovativi che si stanno adottando in azienda o nell’organizzazione. Sarebbe anche opportuno, nel Piano di Comunicazione, mettere da parte il termine “Metaverso”, lasciandolo alla fantasia degli scrittori e dei registi, e utilizzare quello più specifico di “Realtà Virtuale” e di “Mondi Virtuali”, distinguendosi così da quella pubblicistica fantasiosa, e poco aderente alla realtà, che ha penalizzato a lungo lo sviluppo di queste applicazioni.
Dovranno anche essere messe in evidenza, nel piano, le diverse modalità di fruizione di questi servizi, a seconda delle preferenze e delle necessità, per superare le possibili diffidenze, ed anche per rassicurare sui dubbi legati ai costi e all’uso dei Visori di VR.
Superare i preconcetti: verso un utilizzo concreto della realtà virtuale aziendale
L’obiettivo delle considerazioni che abbiamo fatto è quello di contribuire, per quanto ci è possibile, a diradare la nebbia delle perplessità, dovute alle interpretazioni passate delle applicazioni di Realtà Virtuale. Se ci sono perplessità specifiche nell’introdurre in azienda questi progetti si possono poi andare a verificare direttamente le piattaforme più affidabili, esaminando le possibilità offerte, i costi, e gli strumenti.
Tanti operatori ed aziende sono al lavoro per concretizzare le opportunità offerte dalla Realtà Virtuale, e in questa fase storica occorre puntare soprattutto sulla concretezza, e sui risultati, per rendere evidente il valore aggiunto per le diverse organizzazioni di queste tecnologie, orientandosi anche ad un approccio collaborativo, come la raccolta di suggerimenti da parte degli utenti, delle comunità e degli esperti del settore.
Non si tratta solo di suggerire alle aziende e alle organizzazioni pubbliche di “avere più coraggio”, ma di rendere loro evidenti i vantaggi che si possono ottenere nell’utilizzo di questa tecnologia, incoraggiandole a procedere per piccoli passi. Le scelte e le modalità di impiego dovranno essere attentamente pianificate e messe in pratica, arrivando gradualmente a comprendere e a sfruttare appieno tutte le potenzialità di queste nuove applicazioni.
Ma per far questo, occorre liberare l’informazione dai vari preconcetti, come quelli che abbiamo descritto, tornando con i piedi per terra, e sfruttando la tecnologia della Realtà Virtuale per quello che è realmente, e per tutto quello che può offrirci.